Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15970 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15970 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12024/2019 R.G.
proposto da
NOME COGNOME, in proprio ex art. 86 cod. proc. civ. e rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – RISCOSSIONE, rappresentata e difesa ex lege dall’RAGIONE_SOCIALE Generale dello RAGIONE_SOCIALE, con domicilio digitale EMAIL – controricorrente – avverso la sentenza n. 9721 del 19/8/2016 del Tribunale di Milano; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/5/2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
-l’AVV_NOTAIO proponeva opposizione avverso tredici atti di pignoramento presso terzi notificatigli dall’agente della riscossione
RAGIONE_SOCIALE-Esatri e fondati su dieci intimazioni di pagamento relative ad altrettante cartelle di pagamento; l’opponente asseriva che dette cartelle non erano state validamente notificate e che i crediti erano prescritti e avanzava altresì domanda di risarcimento dei danni subiti;
-costituitosi l’agente della riscossione, l’odierno ricorrente contestava la validità della procura rilasciata al difensore avversario;
-il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 9721 del 19/8/2016, accoglieva parzialmente l’opposizione;
–NOME COGNOME proponeva impugnazione e la Corte d’appello di Milano, con la sentenza n. 4381 dell’8/10/2018, respingeva il gravame, condannando l’appellante alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese del grado;
-avverso tale decisione, NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, basato su due motivi; resisteva con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE, subentrata ex lege alle società del gruppo RAGIONE_SOCIALE;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 29/5/2024, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
-è superfluo illustrare i motivi dell’impugnazione, perché il ricorso è inammissibile per plurime ragioni;
-in patente violazione dell’art. 366 cod. proc. civ., l’atto introduttivo è gravemente lacunoso, tanto da rendere impossibile la comprensione dello svolgimento del processo e il thema che è oggetto dei motivi d’impugnazione: l’esposizione del fatto processuale manca di una chiara indicazione RAGIONE_SOCIALE censure svolte in primo grado e in appello (mezzo che non può riguardare le contestazioni ex art. 617 cod. proc. civ.); sono solo genericamente richiamati gli atti della riscossione da cui scaturisce la controversia, senza consentire alla Corte la verifica (officiosa) della tempestività RAGIONE_SOCIALE opposizioni spiegate; le decisioni assunte dai giudici di merito non sono riportate (è, dunque, impossibile, valutare le rationes
decidendi ), ma solo genericamente criticate con addebito di presunti errori; le cartelle impugnate non sono ricopiate o trascritte nel ricorso e ciò impedisce di comprendere a quali atti si riferiscano le contestazioni; parimenti, la doglianza relativa all’invalidi tà della procura avversaria avrebbe imposto al ricorrente la preliminare indicazione e illustrazione dei documenti sui quali la censura si basa;
-inoltre, dall’atto introduttivo emerge che la causa ha tratto origine da pignoramenti presso terzi, ma il ricorrente, onerato di riportare l’indicazione dei terzi pignorati, nel caso de quo ha totalmente omesso tale elemento, che nemmeno si evince dalla sentenza impugnata; in proposito Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 26562 del 14/09/2023, Rv. 668669-01, ha condivisibilmente statuito che «In materia di opposizioni esecutive, il ricorso per cassazione carente dell’esa tta indicazione dei litisconsorti necessari è inammissibile, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.: non è possibile, nonostante la violazione dell’art. 102 c.p.c., rimettere l’intera causa al giudice di primo grado al fine di procedere a contraddittorio integro a causa dell’assoluta incertezza dell’identità dei litisconsorti stessi, trattandosi di requisito di contenuto-forma che deve essere assolto necessariamente con il ricorso e non può essere ricavato aliunde . (In applicazione del principio la RAGIONE_SOCIALEC. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal creditore procedente avverso la sentenza di accoglimento dell’opposizione proposta dal debitore esecutato in un’esecuzione mobiliare presso terzi, in ragione della totale omissione di identificazione dei terzi pignorati, litisconsorti necessari)» e, analogamente, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11268 del 12/06/2020, Rv. 658143-01, ha deciso che «In materia di opposizioni esecutive e controversie distributive, il ricorso per cassazione deve essere proposto nei confronti di tutti i creditori procedenti o intervenuti al momento della proposizione dell’opposizione, fra i quali sussiste litisconsorzio processuale necessario, sicché il ricorso medesimo deve contenere, a pena di inammissibilità ex art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., l’esatta indicazione dei
litisconsorti necessari, al fine di consentire la verifica dell’integrità del contraddittorio ed eventualmente ordinarne l’integrazione ai sensi dell’art. 331 c.p.c.»;
-inoltre, in riferimento ai singoli motivi, la prima censura, come già anticipato, non offre le coordinate indispensabili per la decisione, posto che si rinvia a plurimi atti il cui contenuto è completamente pretermesso; la seconda non è specifica ed è, anzi, talmente generica che non indica nemmeno le norme asseritamente violate dal giudice d’appello, né individua precisamente un fatto storico omesso illustrandone la decisività;
-in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile; ne consegue la condanna del ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, le quali sono liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo;
-l ‘evidente inammissibilità del ricorso e dei motivi costituisce elemento idoneo e sufficiente a considerare temeraria, ai fini dell’art. 96, comma 3, proc. civ., l’impugnazione di NOME COGNOME;
-come già ritenuto da numerosi precedenti di questa Corte, «la proposizione di un ricorso per cassazione fondato su motivi palesemente inammissibili, rende l’impugnazione incompatibile con un quadro ordinamentale che, da una parte, deve universalmente garan tire l’accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti (art. 6 CEDU) e dall’altra, deve tenere conto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo e della conseguente necessità di strumenti dissuasivi rispetto ad azioni meramente dilatorie e defatigatorie; essa, pertanto, costituisce condotta oggettivamente valutabile come ‘abuso del processo’, poiché determina un ingiustificato sviamento del sistema processuale dai suoi fini istituzionali e si presta, dunque, ad essere sanzionata con la condanna del soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., la quale configura una sanzione di carattere pubblicistico che non richiede l’accertamento
dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa dell’agente ma unicamente quello della sua condotta processualmente abusiva, consistente nell’avere agito o resistito pretestuosamente.» (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 22208 del 04/08/2021, Rv. 662202-01; analogamente, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19285 del 29/09/2016, Rv. 642115-01 e Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 5725 del 27/02/2019, Rv. 652838-02; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 23335 del 26/07/2022);
-in applicazione della menzionata disposizione, dunque, si condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, dell’ulteriore importo, equitativamente determinato, di Euro 5.100,00;
-va dato atto, poi, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 5.100,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge, nonché a pagare alla medesima controricorrente la somma di Euro 5.100,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ.;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,