Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16147 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16147 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6116 R.G. anno 2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, IN PROPRIO E IN NOME DI RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
contro
ricorrente
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE ;
intimati
avverso la SENTENZA n. 3470/2022 emessa da CORTE D’APPELLO NAPOLI.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 aprile 2024dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME NOME COGNOME, in proprio e in nome di RAGIONE_SOCIALE, ha proposto appello avverso la sentenza di rigetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.: con tale decreto era stato intimato il pagamento della somma di euro 116.800,55 oltre accessori, di cui euro 99.110,00 quanto al conto corrente 501.82 acceso presso la filiale n. 15 di Napoli dell’appellata , ed euro 17.689,35, quale rimborso del finanziamento n.9215/3096755 acceso presso la stessa filiale. A NOME COGNOME, in proprio, era stato altresì ingiunto il pagamento di ulteriori euro 32.765,35 quale saldo debitore del c/c 518.60, sempre acceso presso la filiale n. 15 di Napoli.
2 . ─ La sentenza è stata impugnata per cassazione da NOME COGNOME, anche nella qualità di legale rappresentante della indicata società; il ricorso è su due motivi ed è resistito da Banca Monte dei Paschi di Siena.
E’ stata formulata , da parte del Presidente della sezione, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c.. A fronte di essa parte ricorrente ha domandato la decisione della causa e ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione de gli artt. 102, 106 e 269, c.p.c., la mancata autorizzazione alla chiamata in causa del terzo e la lesione del litisconsorzio necessario.
Il secondo mezzo oppone la violazione o falsa applicazione dell’art.1218 c.c. dell’art. 1226 c.c., il vizio della motivazione e l’ omesso esame di documenti decisivi.
La proposta di definizione del giudizio ha il tenore che segue:
«l primo motivo è inammissibile, in quanto non coglie e non censura la ratio decidendi della sentenza impugnata e si pone, ai sensi dell’art. 360 -bis , n. 1, c.p.c., contro i principi affermati dalla RAGIONE_SOCIALE;
«invero, la Corte territoriale, così come già il Tribunale, ha ritenuto che l’istanza di chiamata del terzo (moglie), ad opera dell’opponente – il quale, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca contro la RAGIONE_SOCIALE ed il COGNOME in solido, per il pagamento delle somme relative a contratti di conto corrente e di finanziamento, intendeva proporre, in contraddittorio con la moglie, la domanda di accertamento della nullità del contratto ‘4you’, concluso dalla consor te con la banca mediante fondi dell’opponente – fosse inaccoglibile, per estraneità al thema decidendum di tale diverso contratto; ha ritenuto, infatti, che si tratti di negozio autonomi, non essendo provato, in punto di fatto, nessun collegamento funzionale, in quanto l’eventuale prelievo delle rate dal conto corrente non incide sull’autonomia dei rapporti e non comporta nessuna duplicazione degli interessi;
«inoltre, la Corte territoriale: a) ha ritenuto inammissibili le istanze di interrogatorio formale e prova per testi, in quanto generiche e valutative o irrilevanti, alla luce dei documenti in atti, mentre l’interrogatorio non è idoneo a condurre alla confessione di fat ti sfavorevoli al dichiarante; b) ha ritenuto infondata e sfornita di prova la domanda risarcitoria, addirittura carente di adeguata e specifica allegazione; c) posto che la espletata c.t.u. ha rideterminato il credito, espungendo tutte le poste non dovute (commissioni e spese non pattuite, senza capitalizzazione, eliminata la c.m.s., eliminati gli interessi ove usurari), e che è provata l’esistenza di un’apertura di
credito, il saldo negativo per il cliente si riduce ad € 31.660,43, oltre accessori, per la società, ad € 14.063,24 per le parti in solido, mentre il COGNOME in proprio è 3 risultato creditore per la somma di € 6.399,23, oltre accessori; e ha operato le dovute compensazioni;
«ciò posto, il primo motivo è inammissibile, perché, nel denunziare la violazione degli artt. 102, 106 e 269 c.p.c., insiste per la propria istanza di chiamata del terzo, ma vìola il disposto dell’art. 366 c.p.c. ed introduce elementi di fatto -l’essere i due contratti collegati e l’avere la banca preteso la conclusione del contratto ‘ 4you ‘ -che non sono stati menzionati né accertati innanzi al giudice del merito;
«il secondo motivo è inammissibile, perché, nel denunziare la violazione degli artt. 1218 e 1226 c.c., oltre al vizio di motivazione o omesso esame, si duole del mancato accoglimento della domanda risarcitoria anche con liquidazione equitativa: ma, in tal modo, esso pretende di riproporre in questa sede (come è palese dallo svolgimento del motivo) il giudizio sul fatto; esso, invero, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., sez. un., 27 dicembre 2019, n. 34476), mentre è inammissibile un motivo siffatto, perché il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla sua formazione, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto (Sez. 5, n. 29730 del 29.12.2020, Sez.
5, n. 3104 del 9.2.2021)»
2. Il Collegio reputa condivisibili tali argomentazioni. Può aggiungersi quanto segue.
Col primo motivo ci si duole della mancata estensione del contraddittorio a COGNOME NOME, moglie di NOME, intestataria del contratto finanziario «4you»: ma il rigetto dell ‘istanza dell’odierna parte ricorrente è stato motivato sulla scorta di un preciso accertamento di fatto, non sindacabile in questa sede: la Corte di appello ha infatti ritenuto che il collegamento funzionale tra il contratto di conto corrente e quello di finanziamento prospettato dall’appellante fosse insussistente.
Il secondo mezzo censura la sentenza impugnata per la mancata liquidazione del danno che sarebbe derivato dalle condotte illegittime poste in essere dalla banca. La Corte di appello ha reputato che la domanda risarcitoria si fondasse su allegazioni generiche e non fosse supportata da idonei riscontri probatori. Il ricorso per cassazione contrappone al primo rilievo un diverso convincimento, il quale è veicolato da deduzioni carenti di autosufficienza (visto che non sono riprodotti stralci di atti processuali che diano conto di allegazioni specifiche). Con riguardo al tema della prova, poi, deve osservarsi che l’esame e la valutazione dei documenti di causa, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito (per tutte: Cass. 31 luglio 2017, n. 19011; Cass. 2 agosto 2016, n. 16056) e che l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c., dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa: esso, pertanto, da un lato è subordinato alla condizione che per la parte interessata risulti obiettivamente impossibile, o
particolarmente difficile, provare il danno nel suo ammontare, e dall’altro non ricomprende l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l’onere della parte di dimostrare la sussistenza e l’entità materiale del danno Cass. 30 luglio 2020, n. 16344; Cass. 22 febbraio 2018, n. 4310; Cass. 12 ottobre 2011, n. 20990). Né può ritenersi ammissibile la denuncia di omesso esame di fatto decisivo: in linea di principio, il mancato esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415); ebbene, nel ricorso per cassazione viene dedotto il solo mancato esame di documenti, mentre non è isolato alcun fatto, oggetto di allegazione, corredato di riscontro e munito di decisività, di cui la Corte si sarebbe disinteressata.
– Il ricorso va dichiarato inammissibile.
– Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta condanna della parte istante a norma dell’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c..
Vale rammentare quanto segue: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) ─ che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. ─ codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass.
Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, la parte ricorrente va condannata, nei confronti di quella controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 6.000,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di € 6.000,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione