Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25124 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25124 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25029/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del socio accomandatario e legale rappresentante, NOME COGNOME, rappresentata e difesa, in forza di procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, p.e.c. , elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
DI TELLA NOME E VIGGIANO NOME
-intimati – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Milano n. 1214/2022,
pubblicata in data 11 aprile 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 luglio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE, debitrice esecutata, proponeva opposizione all’esecuzione nell’ambito d i procedura esecutiva presso terzi, convenendo in giudizio il creditore procedente, NOME COGNOME, che agiva, per il recupero di compensi professionali, in forza di decreto ingiuntivo n. 5180/2014 emesso dal Tribunale di Milano e di sentenza n. 6384/2014 resa dal Giudice di p ace di Milano, nonché l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Esponeva che: a) la notifica del decreto ingiuntivo era stata effettata ad un indirizzo p.e.c. della società ‹‹ temporaneamente sospeso ›› ; b) il decreto ingiuntivo si riferiva ad incarichi mai conferiti, tanto che i documenti prodotti nel giudizio monitorio attenevano ad altri incarichi; c) erano stati liquidati compensi anche in favore dell’AVV_NOTAIO, mera domiciliataria; d) non erano dovuti compensi all’AVV_NOTAIO, poiché non le era mai tato affidato un incarico; e) il credito azionato era insussistente, perché i compensi realmente spettanti agli avvocati COGNOME e COGNOME erano stati integralmente corrisposti.
All’esito della costituzione del COGNOME e nella contumacia dell’altra opposta, il Tribunale di Milano dichiarava inammissibili le domande avanzate nei confronti del COGNOME e rigettava quelle spiegate nei confronti della COGNOME.
L’ appello avverso la suddetta sentenza, proposto dalla soccombente, è stato rigettato dalla Corte d’appello di Milano , che ha, tra l’altro, osservato, avallando le conclusioni cui era pervenuto il giudice di primo grado, che i motivi di opposizione relativi ai vizi di
notifica del decreto ingiuntivo ed al merito della pretesa di crediti professionali azionati erano ormai coperti dal giudicato esterno sulla precedente opposizione a precetto, definita con sentenza n. 219/16 del Tribunale di Milano, confermata in appello ed ormai passata in giudicato a seguito di pronuncia di questa Corte n. 3980/19; ed ha respinto anche le doglianze svolte nei confronti dell’AVV_NOTAIO.
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per la cassazione della decisione d’appello, con dodici motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ. e la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce ‹‹ errata applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione alla formazione del giudicato inopponibilità del giudicato sulle questioni relative ai titoli esecutivi rappresentati dal decreto ingiuntivo del Tribunale di Milano n. 5180/14 e sentenza del Giudice di pace di Milano n. 6384/14 ›› , lamentando che la Corte d’appello avrebbe erroneamente esteso al giudizio de quo l’efficacia del giudicato esterno derivante dalla sentenza n. 219/2016 che aveva definito il precedente giudizio di opposizione a precetto, senza tenere conto che tra il giudizio di opposizione a precetto ed il presente giudizio non vi era identità né oggettiva, né soggettiva.
Con il secondo motivo -rubricato: ‹‹ errata e falsa applicazione di legge inesistenza del giudicato art. 2909 c.c. ›› -la ricorrente
ribadisce che la domanda formulata nel presente giudizio ha presupposti del tutto diversi da quelli del giudizio culminato nella sentenza n. 219/2016, dal momento che aveva introdotto una contestazione del tutto nuova, basata sulla contraffazione dei certificati di firma digitale attestanti l’inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo, come risultanti dalle produzioni di parte avversa.
Con il terzo motivo, censurando la sentenza impugnata per ‹‹ errata applicazione degli artt. 177 c.p.c. e 72, 73, 74 disp. att. c.p.c. -errata mancata ammissione della documentazione acquisita ed errata declaratoria di irritualità della stessa ›› , la ricorrente si duole che la Corte d’appello abbia ritenuto irrituale, perché introdotto al di fuori del termine di cui all’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ. , il documento 38 ( rectius 28), pur in mancanza di una contestazione della controparte e sebbene il documento fosse stato acquisito a seguito di istanza di ricostruzione del fascicolo d’ufficio e fosse rilevante, perché volto a dimostrare la inesistenza e contraffazione delle prove delle notifiche via p.e.c. del decreto ingiuntivo.
Con il quarto motivo, la ricorrente denunzia ‹‹ errata, mancata e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame di motivo di appello riguardante l’acquisizione della documentazione nell’ambito della ricostruzione del fascicolo di parte ›› , per avere la Corte d’appello trascurato di esaminare la doglianza con cui si affermava che l’attività di acquisizione dei documenti era avvenuta nell’ambito della ricostruzione del fascicolo di parte, nel contraddittorio delle parti.
Con il quinto motivo, deducendo ‹‹ violazione degli artt. 345, 183, sesto comma, cod. proc. civ. ed erronea, mancata ammissione della documentazione e segnatamente della perizia acquisita ed errata declaratoria di irritualità della stessa ›› , la ricorrente contesta ai giudici di appello di non avere considerato che la perizia tecnica (doc.
non costituiva documento nuovo, sicché la sua produzione era ammissibile anche in appello.
Con il sesto motivo, denunziando ‹‹ omesso esame di un fatto decisivo (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) ed errata applicazione dell’art. 2909 c.c. omesso esame del merito dell’opposizione›› , la ricorrente rimarca che la Corte territoriale aveva erroneamente trascurato di prendere in esame la documentazione offerta a dimostrazione della inesistenza dei titoli esecutivi formatisi a seguito di contraffazione.
Con il settimo motivo, deducendo la violazione dell’art. 100 c.p.c., dell’art. 615 c.p.c. e ‹‹omessa rilevazione dell’interesse ad agire sulle domande svolte nei confronti della convenuta NOME COGNOME ›› , censura la decisione nella parte in cui si afferma che sono inammissibili le domande svolte nei confronti di quest’ultima, che non rivestiva la qualità di creditore procedente.
Con l’ottavo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., omesso esame del motivo di appello relativo alle domande svolte nei confronti della convenuta NOME COGNOME, la ricorrente lamenta che il giudice d’appello abbia omesso di pronunciarsi sul merito dell’opposizione , con la quale era stato evidenziato che il decreto ingiuntivo azionato si fondava su un incarico professionale mai conferito.
Con il nono motivo -rubricato: art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. -carenza totale di motivazione art. 132 n. 4 cod. proc. civ. -violazione ed errata applicazione degli artt. 295 cod. proc. civ. -omesso esame della istanza di sospensione del giudizio -la ricorrente contesta alla Corte territoriale di non avere adeguatamente motivato in punto di rigetto dell’istanza di sospensione, nonostante la pendenza di due giudizi aventi carattere pregiudiziale (ossia una causa di revocazione avverso la sentenza emessa dal Giudice di Pace
ed un giudizio di querela di falso avente ad oggetto le procure alle liti e le notifiche via p.e.c.).
Con il decimo motivo -rubricato: art. 360 n. 3 cod. proc. civ. -violazione falsa applicazione di legge -art. 183 sesto comma, cod. proc. civ. sulla reiterazione della istanza di remissione in termini per la concessione dei termini di cui all’art. 183, sesto comma, c.p.c. la ricorrente contesta alla Corte territoriale di avere affermato che la mancata comparizione del difensore all’udienza in cui avrebbero dovuto essere richiesti i termini ex art. 183 cod. proc. civ. non costituisse causa di rimessione in termini.
Con l’undicesimo motivo, denunziando, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., errata applicazione dell’art. 183 c.p.c., la ricorrente censura la decisione gravata là dove i giudici d’appello hanno affermato che non sono concedibili i termini di cui all’art. 183 cod. proc. civ. in un momento diverso e successivo rispetto allo schema delineato dalla stessa disposizione normativa.
Con il dodicesimo motivo la ricorrente impugna il capo della sentenza con cui la Corte d’appello l’ha condannata per responsabilità aggravata ex art. 96 cod. proc. civ.
Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
13.1. Non risulta, invero, rispettata la prescrizione che esige che nel ricorso si dia conto di tutte le vicende processuali, con l’indicazione sufficientemente chiara delle rispettive posizioni processuali delle parti e del contenuto degli atti con cui le parti hanno formulato causa petendi e petitum .
La prescrizione normativa risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al
provvedimento impugnato (Cass., sez. U, 20/02/2003, n. 2602).
La legittimità di tale requisito di accesso al giudizio di legittimità non può essere messa in dubbio in relazione al diritto di difesa delle parti, o a quello al giusto processo, tutelati dagli artt. 24 e 111 Cost., ovvero dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Sotto questo profilo, in particolare, giova ribadire che il requisito di contenuto-forma in questione è imposto in modo chiaro e prevedibile, non è eccessivo per il ricorrente e risulta funzionale al ruolo nomofilattico della Suprema Corte e segnatamente all’esigenza di «consentire alla Corte di cassazione di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde , gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti (Cass., sez. U, 10/09/2019, n. 22575; Cass., 16/05/2013, n. 11826).
13.2. Anche la Corte EDU, con la pronuncia del 28/10/2021, Succi c. Italia, in un caso in cui veniva in considerazione proprio il requisito dell’art. 366 , primo comma, n. 3, cod. proc. civ. (ritenuto in quel caso non rispettato dalla RAGIONE_SOCIALE. per l’utilizzo della tecnica redazionale del c.d. assemblaggio), ha osservato in particolare che: l’interpretazione data all’esposizione sommaria dei fatti è compatibile con l’applicazione del principio dell’autosufficienza del ricorso che esige che la Corte di cassazione, ad una lettura globale del ricorso, sia in grado di comprendere l’oggetto della controversia nonché il contenuto delle censure che dovrebbero giustificare l’annullamento della decisione impugnata e sia in grado di pronunciarsi; la giurisprudenza della Corte di cassazione prevede procedure chiare e definite (si vedano i paragrafi 17 e 30) per la redazione dell’esposizione dei fatti rilevanti; la procedura davanti alla Corte di cassazione prevede l’assistenza obbligatoria di un AVV_NOTAIO che deve essere iscritto in un albo
speciale, sulla base di determinate qualifiche, per garantire la qualità del ricorso e il rispetto di tutte le condizioni formali e sostanziali richieste.
13.3. Tanto porta a ritenere la piena legittimità del requisito in esame che può ritenersi soddisfatto solo quando il ricorso contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, ma anzi chiaro e sintetico, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata (Cass., sez. U, 20/02/2003, n. 2602; tra le tante, Cass., sez. 3, 12/01/2024, n. 1352; Cass., sez. 3, 08/08/2023, n. 24149; Cass., sez. 3, 03/11/2021, n. 31318; Cass., sez. 3, 19/10/2021, n. 28929).
13.4. Nella vicenda che ci occupa la ricorrente omette del tutto di indicare elementi indispensabili ai fini della decisione, tanto che nel ricorso, nella parte dedicata all’esposizione dei ‹‹ fatti di causa ›› , si fa generico riferimento ad un pignoramento presso terzi notificato dall’AVV_NOTAIO COGNOME, senza tuttavia neppure specificare l’identità del terzo.
Come è noto, questa Corte, con la sentenza n. 13533/2021, a seguito di un ripensamento della propria giurisprudenza sul punto, ha affermato che ‹‹ In tema di espropriazione presso terzi, nei giudizi di opposizione esecutiva si configura sempre litisconsorzio necessario fra il creditore, il debitore diretto ed il terzo pignorato ›› (Cass. n. 13533/2021). Come emerge dalla motivazione di detto arresto, sussiste sempre un interesse del terzo, dal punto di vista sistematico
ed almeno in astratto, ad interloquire sulle sorti del giudizio oppositivo; tale opzione ermeneutica, inoltre, è del tutto coerente con il dovere dell’interprete di preferire – a fronte di plurime soluzioni possibili -l’interpretazione che garantisca la maggiore sintesi, chiarezza e semplicità del dettato normativo, anche in conformità con la previsione di cui all’art. 6 CEDU; infine, tale scelta è anche coerente con il precedente indirizzo, di segno apparentemente contrario, giacché ‹‹ la giurisprudenza di questa Corte, pur affermando in teoria che non sempre il terzo pignorato debba ritenersi litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione, ha definito in modo così ampio le ipotesi di processi oppositivi litisconsortili, da pervenire di fatto a negare nella sostanza il principio affermato in teoria ›› .
Allo stesso tempo occorre rammentare che ‹‹ In materia di opposizioni esecutive e controversie distributive, il ricorso per cassazione … deve contenere, a pena di inammissibilità ex art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., l’esatta indicazione dei litisconsorti necessari, al fine di consentire la verifica dell’integrità del contraddittorio ed eventualmente ordinarne l’integrazione ai sensi dell’art. 331 c.p.c.›› (Cass., sez. 3, 12/06/2020, n. 11268; Cass., sez. 3, 14/09/2023, n. 26562).
Ebbene, nella specie, non soltanto la ricorrente non ha evocato in giudizio alcun terzo, ma nel ricorso per cassazione la società ha omesso totalmente di fornire i dati per la sua identificazione, in tal modo non consentendo, pur a fronte di una sentenza resa in evidente violazione dell’art. 102 cod. proc. civ., di rimettere la causa al primo giudice al fine di procedere a contraddittorio integro.
13.5. A tanto deve poi aggiungersi che la sintetica esposizione dei fatti del processo di primo grado neanche consente di comprendere quale fosse il ruolo dell’AVV_NOTAIO, che viene indicata nel ricorso
quale ‘mera domiciliataria’ dell’AVV_NOTAIO, né di individuare negli esatti termini il contenuto dell’originario atto di opposizione introduttivo del giudizio al fine di circoscrivere la materia del contendere, non potendo questa ricavarsi dalla esposizione dei singoli motivi, perché ciò equivarrebbe a d evolvere a questa Corte un’attività di estrapolazione che è, invece, riservata al ricorrente.
13.6. Neppure quanto prospettato in memoria può giovare alla ricorrente, dal momento che le lacune del ricorso non possono essere colmate o superate con alcun atto successivo e, tanto meno, con la memoria.
14. In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Nulla deve disporsi in merito alle spese di lite, in difetto di attività difensiva delle parti intimate.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione