Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18916 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 18916 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 13815-2021 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
Licenziamento disciplinare per giusta causa Licenziamento ritorsivo Dirigente
R.G.N. 13815/2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 15/05/2024
CC
avverso la sentenza n. 77/2021 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata il 24/03/2021 R.G.N. 219/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/05/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Cagliari-Sezione distaccata di Sassari accoglieva parzialmente il reclamo proposto da COGNOME NOME contro la sentenza del Tribunale di Nuoro n. 125/2020, che, in sede di opposizione dell o stesso COGNOME all’ordinanza del Tribunale della medesima sede resa nella fase sommaria del procedimento ex lege n. 92/2012, aveva rigettato la domanda del lavoratore avente ad oggetto la declaratoria di invalidità del recesso della datrice di lavoro RAGIONE_SOCIALE per ritenuta natura ritorsiva del medesimo, ed aveva dichiarato improcedibili le domande proposte sub lett. a) e c) dal ricorrente; la Corte, in particolare, in parziale riforma della sentenza reclamata, che per il resto confermava, rigettava nel merito le domande del COGNOME proposte sub lett. a) e c) del ricorso in opposizione.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, dopo aver dato diffusamente conto dei tre motivi di reclamo del COGNOME, rilevava preliminarmente il passaggio in giudicato interno della sentenza di primo grado laddove aveva escluso la natura discriminatoria del licenziamento oggetto di giudizio, stante la mancanza di alcun motivo d’impugnazione a riguardo.
2.1. Riteneva, quindi, fondato il terzo motivo di reclamo, con il quale il lavoratore si doleva del fatto che il primo giudice aveva dichiarato improcedibili le domande sub lett. a) e c) delle conclusioni rassegnate dal lavoratore.
2.2. La stessa Corte, poi, dopo aver premesso il contenuto delle tre contestazioni mosse al COGNOME che avevano portato al licenziamento disciplinare per giusta causa intimatogli dalla RAGIONE_SOCIALE con racc.ta del 14.9.2017, nonché le giustificazioni proposte dal lavoratore, e riesaminate le relative risultanze processuali, confermava l’infondatezza della domanda del lavoratore basata sulla sostenuta natura ritorsiva di detto licenziamento.
2.3. Infine, la Corte di merito, all’esito di ulteriore riesame di quanto emerso in ordine alle tre contestazioni mosse al COGNOME, riteneva infondata nel merito la domanda di quest’ultimo a mezzo della quale egli sosteneva l’insussistenza della giusta causa posta a base del licenziamento. Concludeva, infatti, che, tenuto conto della posizione dirigenziale ricoperta dall’allora reclamante, nonché del settore certamente strategico nel quale egli aveva operato al fine del perseguimento degli obiettivi aziendali (sintetizzabili nei concetti di efficienza ed economicità), l’asserito ‘dissenso’ manifestato con l’inadempimento agli ordini di servizio, al raggiungimento degli obiettivi assegnati, alla finalità del risparmio dei costi attuato anche tramite la razionalizzazione delle risorse umane necessarie per il raggiungimento dei suddetti obiettivi, con la motivazione, tra le altre, di non volere essere individuato come il responsabile della riduzione del personale, risultavano integrare, in maniera inconfutabile, la giusta causa del licenziamento; e, secondo la Corte, tanto minava alla radice il
peculiare rapporto di fiducia che lega il datore di lavoro al suo dirigente, considerando che il riferito comportamento non consentiva al primo di avere certezza della piena collaborazione del dirigente nel perseguimento degli obiettivi aziendali, potendo non solo arrecare e ingenerare nei subordinati la convinzione che le scelte aziendali fossero dannose per essi e per gli utenti finali del servizio fornito dal datore di lavoro, ma anche rappresentando un ostacolo nell’attuazione del processo decisionale in ordine agli obiettivi strategici da perseguire, la cui individuazione e relativa responsabilità appartengono in via esclusiva al vertice aziendale.
Avverso tale decisione COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, illustrati da memoria.
Ha resistito l’intimata con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione ex articolo 360 cpc numero 3 in relazione agli articoli 1175, 1366, 1375 c.c., costituendo canone giuridico di interpretazione del contratto di lavoro e di valutazione del comportamento reciproco delle parti’. Deduce ‘Vizio afferente alla erronea applicazione delle norme sul rapporto di lavoro che ad avviso della Corte territoriale rendono legittimo il licenziamento per giusta causa sulla base di contestazione disciplinare in relazione alla asseritamente erronea redazione del cronoprogramma per la realizzazion e della nuova sede di Carbonia’.
Con un secondo motivo denuncia ‘Violazione ex articolo 360 n. 5 c.p.c. in connessione con l’art. 99. Principio della domanda, l’art. 112 c.p.c. Corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, art. 115. Disponibilità delle prove’. Deduce ‘Erronea interp retazione delle norme di diritto processuali per mancata ammissione delle prove circa un fatto decisivo ritenuto esistente invero non essendolo, ovvero la avvenuta realizzazione della nuova sede di Carbonia nella tempistica indicata da un consulente della società RAGIONE_SOCIALE ed essendo stato giudicato tale fatto sussistente sulla base di un atto relativo all’esistenza di altro e diverso edificio adibito a sede storica della società nella città di Carbonia’.
Con un terzo motivo denuncia ‘Violazione ex articolo 360 cpc numero 3 in relazione agli articoli 1175, 1366, 1375, c.c. costituendo canone giuridico di interpretazione del contratto di lavoro e di valutazione del comportamento reciproco delle parti’. Deduce ‘Vizio relativo alla infondatezza della contestazione sulle autorizzazioni, e quindi sulla sua insussistenza della giusta causa di licenziamento, in relazione delle extra prestazioni lavorative dei dipendenti del settore distribuzione della società RAGIONE_SOCIALE bbanoa da parte dell’ingegnare COGNOME assumendo come veritiero e legittimo, sotto il profilo contrattuale e della buona fede nel rapporto di lavoro, il comportamento del datore di lavoro che ben conosceva che tali extra prestazioni erano determinate dalla natura dei contratti di lavoro stabiliti dalla stessa dirigenza e dalla imprevedibile determinazione dei guasti nelle condotte idriche in tutti i paesi della Sardegna’.
Con un quarto motivo denuncia ‘Violazione ex articolo 360 cpc numero 3 in relazione agli articoli 1175, 1366, 1375
c.c., costituendo canone giuridico di interpretazione del contratto di lavoro e di valutazione del comportamento reciproco delle parti’. Deduce ‘Vizio consistente erronea interpretazione delle norme contrattuali relative alla buona fede nella esecuzione del rapporto di lavoro derivante, ovviamente dal contratto di lavoro, da parte della Corte territoriale in relazione alla assenza della giusta causa del licenziamento atteso che l’atto di predisposizione degli esuberi contrastava con il Piano industriale di RAGIONE_SOCIALE poiché i dirigenti dell’ente chiedevano, in assenza di buona fede, al dirigente licenziato, ingegner NOME COGNOME, un atto contrastante con gli atti di natura pubblicistica determinanti il rapporto della società con i propri dipendenti, ed in particolare con la previsione del mantenimento dei livelli occupazionali e la stabilizzazione dei lavoratori precari che escludeva la possibilità di compiere atti prodromici ai licenziamenti al fine di giungere alla esternalizzazione dei servizi svolti col personale interno fatto previsto dal Piano industriale predetto’.
5. Con un quinto motivo denuncia ‘Violazione ex articolo 360 n. 5, in connessione con l’art. 99. Principio della domanda, l’art. 112. Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, art. 115. Disponibilità delle prove’. Deduce ‘Vizio consistente nella erronea interpretazione delle norme di diritto processuali per mancata ammissione delle prove circa un fatto decisivo ovvero l’aver proceduto il datore di lavoro nelle persone dei suoi dirigenti apicali alla predisposizione occulta di un piano contrastante con il predetto piano industriale di RAGIONE_SOCIALE e le indicazioni degli enti di controllo e della stessa proprietà della società’.
6. Con un sesto motivo denuncia ‘Violazione L. n. 604 del 1966, art. 4, L. n. 300 del 1970, art. 18, L. n. 108 del 1990, art. 3’. Deduce ‘Vizio consistente nell’aver errato, la Corte territoriale, nella interpretazione delle norme predette in relazione alla sussistenza del licenziamento ritorsivo in danno dell’odierno ricorrente sussistendo precise risultanze circa l’esistenza di un contrasto illegittimamente portato dai dirigenti, e nello specifico dal dottor NOME COGNOME direttore generale all’ingegner B ullitta al fine di raggiungere lo scopo di eliminare dalla struttura personale dell’ente, il soggetto che si frapponeva all’illegittima previsione di una individuazione di esuberi nel personale, contrastante col Piano industriale dell’ente, in contrasto co n le sovraordinate norme sociali e amministrative’.
7. Con un settimo motivo denuncia ‘Violazione ex articolo 360 n. 5 c.p.c. In connessione con l’art. 99. Principio della domanda, l’art. 112. Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, art. 115. Disponibilità delle prove’. Deduce ‘Vizio consistente nella erronea interpretazione delle norme processuali in relazione alla raggiunta prova presuntiva circa l’esistenza di un licenziamento ritorsivo specificamente ed esclusivamente determinato da un motivo illecito per la mancata ammissione delle prove complessivamente indicate, ma anche di quelle specificamente indicate atte a provare l’aver proceduto il datore di lavoro nelle persone dei suoi dirigenti apicali alla predisposizione occulta di un piano contrastante con il predetto piano industriale di RAGIONE_SOCIALE e le indicazioni degli enti di controllo e della stessa proprietà della società e del rilevante fatto decisivo avendo la Corte territoriale ritenuto esistente invero non essendolo, ovvero la avvenuta realizzazione della nuova sede di Carbonia nella tempistica indicata da un consulente della società RAGIONE_SOCIALE ed essendo
stato giudicato tale fatto sussistente sulla base di un atto relativo all’esistenza di altro e diverso edificio adibito a sede storica della società nella sede di Carbonia’.
Contrariamente a quanto eccepito dalla controricorrente, il ricorso è procedibile rispetto alla previsione di cui all’art. 369, comma secondo, n. 4), c.p.c., perché, come peraltro riconosce la stessa eccipiente, nessuno dei sette motivi di ricorso si fonda su contratti o accordi collettivi di lavoro. Per conseguenza, resta ininfluente il dato che il ricorrente in questa sede di legittimità non abbia prodotto una copia integrale del CCNL in ipotesi applicabile al rapporto di lavoro.
Piuttosto, il ricorso è nel suo complesso inammissibile, essendo inammissibili i singoli motivi di ricorso per analoghe ragioni, sicché possono essere congiuntamente esaminati.
Secondo le Sezioni unite di questa Corte, infatti, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (così Cass., sez. un., 27.12.2019, n. 34476).
Ebbene, come già emerge dalle sintesi dei non chiari motivi in esame, essi o contengono una critica nel merito degli accertamenti fattuali operati dalla Corte territoriale oppure propongono una rivisitazione delle risultanze processuali.
Tanto risulta chiaramente dai rispettivi sviluppi di ogni singolo motivo (cfr. facciate 9-14 del ricorso per il primo motivo; facciate 14-16 per il secondo motivo; facciate 17-20 per il terzo motivo; facciate 21-35 per il quarto motivo; facciata
36 per il quinto motivo; facciate 37-46 per il sesto motivo; facciata 47 per il settimo motivo).
Il ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 7.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del