Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 969 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 969 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
Oggetto
RETRIBUZIONE
RAPPORTO PRIVATO
R.G.N. 27608/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 09/11/2023
ORDINANZA
CC
sul ricorso 27608-2019 proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
PRESTA NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– resistente con mandato-
avverso la sentenza n. 1623/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 22/03/2019 R.G.N. 1020/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Catanzaro, confermando la pronuncia del Tribunale di Cosenza, ha accolto la domanda di NOME COGNOME proposta nei confronti della RRAGIONE_SOCIALE Villa Bianca per l’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro da ottobre 2001 a settembre 2006 per lo svolgimento delle mansioni di educatrice professionale e la condanna al pagamento di differenze retributive dovute, nei limiti della prescrizione, da maggio 2003.
La Corte territoriale ha, per quel che interessa, aderito alla ricognizione delle prove, di fonte documentale e testimoniale, effettuata dal Tribunale, confermando l’instaurazione, sin da novembre 2002, di un rapporto di lavoro subordinato (considerata la stipulazione, tra le parti per il periodo 2001 -ottobre 2002, di un piano di inserimento professionale, c.d. P.I.P., e la sottoscrizione del contratto di lavoro subordinato solamente nel giugno 2004), con mansione di educatrice professionale (livello D del c.c.n.l. di settore) ed orario di lavoro pari a 6 ore giornaliere per 6 giorni a settimana. In particolare, la Corte territoriale ha sottolineato che ‘seppure con qualche lievissima differenza’ le circostanze dedotte nel ricorso introduttivo del giudizio erano state confermate dai testimoni e le incongruenze lamentate dall’appellante non incidevano sulla attendibilità dei testi nØ era influente la diversa
interpretazione delle deposizioni offerta dall’appellante stesso in quanto le censure attenevano al periodo 2001-2002 (periodo non determinante ai fini dell’accoglimento della domanda a fronte dell’accoglimento dell’eccezione di prescrizione che escludeva ogni periodo antecedente il 2.5.2003).
Avverso tale sentenza ricorre la RAGIONE_SOCIALE con tre motivi, e la lavoratrice ha depositato procura ad litem. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 111, comma 6, Cost., 112, 132 c.p.c., ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., avendo, la Corte distrettuale fornito una motivazione meramente apparente e confermativa della sentenza di primo grado.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2769 c.c., 116, 414, 421 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., avendo, la Corte distrettuale, recepito le motivazioni del Tribunale senza rispondere ai motivi di appello che evidenziavano la genericità della causa petendi della domanda giudiziale; il giudice di appello ha trascurato non solo che dai documenti prodotti risultava l’assunzione della Presta da gennaio 2004 con inquadramento nel livello B3 ma anche che dal contratto di settore gli
educatori possono essere inquadrati o nel livello C o nel livello D a seconda del tipo di specializzazione in possesso dell’educatore e la Presta era sfornita del titolo necessario per essere inquadrata nel livello D, come evidenziato con i motivi di appello.
3. Con il terzo motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., avendo, la Corte territoriale, ignorato le doglianze svolte in sede di appello e le censure svolte con riguardo alla deposizione del teste COGNOME con conseguenze trascuratezza del possesso, da parte della Presta, del titolo di studio necessario per accedere al livello D-Educatori professionali.
4. Preliminarmente, va rilevato che la lavoratrice -a fronte di un ricorso per cassazione notificato il 19.9.2019 e depositato nella Cancelleria di questa Corte l’1.10.2019 – si Ł limitata a depositare procura ad litem (senza depositare alcun controricorso) che deve ritenersi invalida: invero, tenendo in considerazione il criterio della ‘collocazione topografica’ (come espresso, anche da ultimo, da Cass. S.U. n. 36057 del 2022) e pur considerando l’apposizione (manuale) di una data successiva a quella di pubblicazione della sentenza impugnata, va rilevato che detta procura non Ł congiunta a nessun atto, non contiene alcun espresso (o anche indiretto) richiamo alla sentenza impugnata o al giudizio di legittimità, adotta una formula che richiama poteri e facoltà rapportabili al procedimento di merito, e, in sintesi, non fa emergere in alcun modo il consapevole conferimento,
da parte del cliente, dell’incarico al difensore per la proposizione del giudizio di legittimità, risultando, in tal modo, incompatibile con il carattere di specialità di questo giudizio. Conseguentemente, l’istanza di ‘trattazione in presenza e di discuss ione orale’, presentata due settimane prima dell’udienza (in specie, in data 23.10.2023), Ł inammissibile, come anche Ł inammissibile la ‘memoria difensiva’ (che configura, in realtà, un vero e proprio controricorso tardivo) depositata il 23.10.2023. Inaccoglibile, in quanto incompatibile con la specialità del giudizio di cassazione, risulta, inoltre, l’istanza congiunta inoltrata la sera prima dell’udienza, l’8.11.2023 di rinvio della trattazione per ‘tentativo di bonario componimento’.
I motivi del ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono inammissibili per plurimi motivi.
Come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, Ł denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sØ, purchØ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione); per’ l’altro verso, Ł stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
6.1. PoichØ la sentenza oggetto del giudizio di legittimità Ł stata depositata nel 2019, nella fattispecie si applica, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 360, primo comma, n. 5), come sostituito dall’art. 54, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione per motivazione apparente o per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che Ł stato oggetto di discussione tra le parti: ma nel caso in esame, i motivi di ricorso che denunciano il vizio motivazionale non indicano il fatto storico (Cass. n. 21152 del 2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di appello avrebbe omesso di esaminare; nØ, tanto meno, fanno riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza «così radicale da comportare» in linea con «quanto previsto dall’art. 132, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per mancanza di motivazione». E, dunque,
non potendosi piø censurare, dopo la riforma del 2012, la motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale dei giudici di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 25229 del 2015), che, nella specie, Ł stato condotto dalla Corte territoriale con argomentazioni logico-giuridiche del tutto congrue poste a fondamento della decisione impugnata.
7. Le censure, inoltre, sono prospettate con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto dei motivi di appello, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod.pro.civ.; invero, la sentenza impugnata espone che ‘il datore di lavoro soccombente addebita al giudicante di aver semplicemente ‘dedotto’ che la Presta aveva svolto fin dal mese di novembre 2002 mansioni di educatore professionale riconducibili alla categoria D, poichØ tale categoria le era stata attribuita solo da giugno 2004; che i testimoni non avevano confermato quanto allegato in ricorso e che soltanto in virtù di ‘mere valutazioni’ il Giudice aveva operato quella ricostruzione del rapporto di lavoro del quale, in realtà, la ricorrente non aveva fornito adeguate allegazioni e prove’ (motivi che
sono riassunti anche alle pagg. 3 e 4 del ricorso per cassazione) e non emerge, dunque, che le specifiche doglianze dedotte al secondo e terzo motivo di ricorso per cassazione siano state dedotte quali motivi di appello.
8. Il terzo motivo Ł inammissibile in quanto trascura di considerare che il n. 5 dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., che viene invocato a sostegno della doglianza, per i giudizi di appello instaurati dopo il trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della legge 7 agosto 2012 n. 134, di conversione del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, non può essere invocato, rispetto ad un appello promosso nella specie dopo la data sopra indicata (art. 54, comma 2, del richiamato d.l. n. 83/2012), con ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello che conferma la decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito nei medesimi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter, ultimo comma, cod.proc.civ., in base al quale il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., non Ł deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme; v. Cass. n. 23021 del 2014; la medesima previsione Ł inserita, dall’art. 3, comma 27, lett. a), n. 2), d.lgs 10 ottobre 202 2, n. 149, nell’art. 360, quarto comma, cod.proc.civ.).
8.1. In questi casi il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr.
Cass. n. 26774 del 2016, conf. Cass. n. 20944 del 2019), mentre nulla di ciò viene specificato nella censura.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla sulle spese in assenza di valida costituzione del controricorrente.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della