Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26263 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 26263 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19269/2019 R.G. proposto
da
NOME COGNOME , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato – –
Personale
sanitario
–
Dirigente – Svolgimento
mansioni di responsabile
struttura
semplice
–
Differenze retributive –
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 13/09/2024 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 2306/2018 depositata il 14/06/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 13/09/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2306/2018, depositata in data 14 giugno 2018, la Corte d’appello di Roma, nella regolare costituzione dell’appellata NOME COGNOME, ha solo parzialmente accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE depositata in data 12 aprile 2013, la quale aveva condannato l’appella n te al pagamento in favore dell’appellata dell’importo complessivo di € 40.555,49, e, per l’effetto, ha riconosciuto il diritto di NOME COGNOME alla corresponsione del minor importo di € 11.288,00.
NOME COGNOME aveva adito il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, deducendo di aver svolto, a far tempo dal marzo 1995, l’incarico di responsabile del RAGIONE_SOCIALE, ricevendo tuttavia il formale conferimento dell’incarico di responsabile di struttura sol tanto con atto deliberativo 76/2008.
Aveva quindi chiesto la condanna della RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione delle differenze dovute a titolo di indennità di posizione contrattuale e variabile, per il periodo successivo al luglio 1998.
Accolta la domanda in primo grado, seppur in misura ridotta, e proposto appello da parte della RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello di Roma ha, a propria volta, solo parzialmente accolto il gravame, ritenendo che sino al febbraio 2004 il RAGIONE_SOCIALE non
presentasse le caratteristiche di struttura semplice, essendo intervenuta detta qualificazione solo con atto aziendale del febbraio 2004.
In relazione al periodo successivo e sino al febbraio 2008 -momento in cui a NOME COGNOME era stato formalmente conferito l’incarico di responsabile di struttura semplice la Corte territoriale ha invece ritenuto, condividendo le conclusioni del giudice di prime cure, che sussistesse adeguata prova dello svolgimento di fatto, da parte dell’appellata, dell’incarico di responsabile della istituita struttura semplice ‘con attribuzioni e competenze eccedenti quelle proprie della figura professionale dello p sicologo collaboratore’ , negando rilevanza alla mancata adozione di un formale atto di nomina.
Affermato il diritto dell’appellata a conseguire l’indennità di posizione sia per la parte fissa sia per la parte variabile, la Corte territoriale ha, tuttavia, limitato l’arco temporale del riconoscimento di tali differenze sino alla data del 23 aprile 2007 -e cioè alla data di deposito dell’originario ricorso – accogliendo il motivo di gravame con cui la RAGIONE_SOCIALE deduceva un vizio di ultrapetizione della decisione di prime cure, per aver quest’ultima accolto la domanda anche in relazione al periodo successivo a tale data e sino al momento del formale conferimento dell’incarico.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre ora NOME COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c.
La ricorrente deduce di avere agito in giudizio al fine di ottenere il risarcimento del danno causato dal ritardo con cui la controricorrente aveva attivato le procedure di nomina di dirigente di struttura semplice, e quindi al fine di conseguire non solo le indennità di posizione richieste per aver svolto un ruolo privo del dovuto riconoscimento formale ma anche il danno da perdita di chance derivante dal comportamento ingiustificatamente omissivo della RAGIONE_SOCIALE.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’artt. 112 c.p.c.
La ricorrente impugna ulteriormente la decisione della Corte capitolina per avere quest’ultima ritenuto che l’originaria domanda si fondasse sul profilo della individuazione formale come struttura semplice della struttura presso la quale la ricorrente prestava servizio, ribadendo di avere agito in giudizio al fine di ottenere il risarcimento del danno causato dal ritardo con cui la RAGIONE_SOCIALE aveva attivato le procedure di nomina di dirigente di struttura semplice, e quindi di un danno di perdita di chance .
Deduce, pertanto la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale non correttamente inquadrato i fatti a fondamento della domanda, con conseguente adozione di un provvedimento diverso da quello richiesto.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
La ricorrente impugna, infine, la decisione della Corte capitolina per avere quest’ultima affermato l’assenza di adeguate allegazioni
volte a provare che il RAGIONE_SOCIALE già in epoca anteriore al 2004 costituiva di fatto una struttura semplice.
Richiama sul punto la documentazione prodotta già nel giudizio di primo grado, nonché le deposizioni testimoniali rese nel corso del giudizio.
I motivo di ricorso sono, nel complesso, inammissibili.
2.1. Quanto al primo motivo -al di là del carattere non pertinente del richiamo agli artt. 115 e 116 c.p.c., il quale comunque si traduce nell ‘indiretta sollecitazione ad un inammissibile sindacato sulla valutazione delle prove, riservata invece al giudice del merito (Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 13918 del 03/05/2022; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021) -lo stesso, nel dolersi sostanzialmente di u na violazione dell’art. 112 c.p.c. o di una non corretta interpretazione della domanda da parte del giudice di merito, incorre nella inosservanza del canone, enunciato dall’art. 366 c.p.c. , di specificità dei motivi di ricorso in sede di legittimità, omettendo sia di riprodurre tali conclusioni sia di localizzare, tra gli atti del giudizio, il ricorso che tali conclusioni formulava.
Risulta in tal modo preclusa anche la possibilità di procedere al diretto esame degli atti, atteso che quest’ultimo presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, pur avendo riguardo alla modulazione del principio di specificità derivante dalla sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), dovendosi qui ribadire che è necessariamente dall’ammissibilità del motivo di ricorso che discende l’esercizio del potere -dovere del giudice di legittimità di accertare la sussistenza del denunciato vizio attraverso l’esame diretto degli atti (Cass. Sez. U – Sentenza n. 20181 del 25/07/2019; Cass.
Sez. 5 – Sentenza n. 27368 del 01/12/2020; Cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15071 del 10/09/2012).
2.2. Identiche sono le conclusioni per quanto riguarda anche il secondo motivo di ricorso, anch’esso formulato in radicale trasgressione dell’art. 366 c.p.c., privo com’è di qualsiasi individuazione o localizzazione degli atti contenenti l’individuazione delle domande e la ricostruzione dei fatti allegati.
2.3. Quanto al terzo motivo, lo stesso – al di là di una sovrapposizione tra il profilo delle allegazioni e quello delle prove -mira, ancora una volta, a sollecitare un inammissibile sindacato sulla valutazione delle prove operata dal giudice di merito e a ad esso riservata, dovendosi qui ribadire il principio per cui nel procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (cfr. i precedenti di questa Corte già richiamati sub 2.1.), non essendo il medesimo giudice tenuto a dare conto in motivazione del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanze processuali ed essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi per giungere alle proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. Sez. 2 Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14972 del 28/06/2006; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16034 del 14/11/2002).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 3.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 13 settembre 2024.
La Presidente NOME COGNOME