Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28951 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 28951 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22375-2024 proposto da:
COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME;
– intimato – avverso la sentenza n. 306/2024 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 09/04/2024 R.G.N. 682/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/09/2025 dal AVV_NOTAIO Dott. COGNOME.
Fatti di causa
La Corte di Appello di Catania, in riforma parziale della pronuncia di primo grado, ha condannato NOME COGNOME al pagamento, in favore di NOME COGNOME suo dipendente dall’aprile 2004 al marzo 2011 con mansioni di meccanico,
Oggetto
Retribuzione rapporto privato
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/09/2025
CC
delle somme in dispositivo indicate a titolo di differenze retributive e trattamento di fine rapporto.
I giudici di seconde cure, disattesa l’eccezione di prescrizione ed espletata attività istruttoria, ritenevano fondate le pretese dell’COGNOME per euro 55.437,52, oltre accessori.
Per la cassazione di tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso sulla base di due motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.
La Consigliera delegata ha, con atto del 10 marzo 2025, formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380- bis c.p.c.
Il ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, si eccepisce la nullità della sentenza per motivazione apparente in punto di natura subordinata del rapporto di lavoro, non avendo la Corte territoriale verificato la sussistenza degli elementi propri di tale tipo di rapporto e non essendosi pronunciata sulla eccezione di inesistenza dello stesso.
Con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 e n. 5 cpc, si denuncia il travisamento della prova e l’omessa pronuncia su fatti decisivi nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cpc in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 5 cpc.
Come condivisibilmente rilevato nella proposta di definizione accelerata del giudizio, i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro interferenza, sono infondati.
Invero, le censure non si sostanziano in violazioni o falsa applicazione delle disposizioni denunciate, ma tendono alla sollecitazione di una rivisitazione del merito della vicenda (Cass. n. 27197/2011; Cass. n. 6288/2011, Cass. n. 16038/2013), non consentita in sede di legittimità; inoltre, a seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. n. 7090/2022).
Deve poi precisarsi che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio
di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, come sopra detto, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 27415/2018; Cass. 19881/2014).
Ancora, in tema di ricorso per cassazione, la questione della violazione o falsa applicazione degli art. 115 e 116 cpc non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (Cass. n. 20867/2020; Cass. n. 27000 del 2016; Cass. n. 13960 del 2014): anche in questo caso le suddette ipotesi non sono ravvisabili nel caso in esame.
Infine, la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi (art. 244 cpc), come la scelta, tra le varie emergenze probatorie di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467 del 2017).
Nella fattispecie, la Corte distrettuale, con una motivazione esente dai vizi di cui alla nuova formulazione dell’art. 360 n. 5 cpc e attraverso una adeguata analisi delle risultanze
processuali, ha ritenuto che la sussistenza di un rapporto di lavoro di natura subordinata emergeva con chiarezza dalle risultanze istruttorie in atti, atteso che era emerso che l’COGNOME aveva lavorato alle dipendenze del COGNOME, presso l’officina meccanica di quest’ultimo, senza soluzione di continuità (nonostante vi fossero stati periodi in cui il lavoratore non era stato regolarizzato), dal mese di aprile 2004 al marzo 2011, e senza che potessero essere rilevanti, in senso contrario, le dichiarazioni dei testi di parte avversa; ha poi specificato che le espletate mansioni di meccanico erano state dimostrate così come l’orario di lavoro osservato (otto ore giornaliere in cinque giorni settimanali, sabato escluso).
A fronte di tale accertamento di fatto, è agevole rilevare che le doglianze si limitano unicamente ad obiettare un presunto errore di valutazione delle prove da parte dei giudici di seconde cure e a censurare la ricostruzione nel merito della vicenda, come operata dalla Corte territoriale, per la qual ragione non sono meritevoli di accoglimento.
Da ultimo, va solo precisato che il travisamento del contenuto oggettivo della prova ricorre unicamente in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé (Cass. Sez. Un. n. 5792/2024), e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, come invece è avvenuto nell’accertamento svolto dalla Corte distrettuale.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta la condanna del COGNOME a norma dell’art. 96, comma 4 c.p.c.
Vale, infatti, rammentare quanto segue: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) ─ che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. ─ codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, il ricorrente va condannato al pagamento della sola somma di € 1.500,00, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende (cfr. Cass. n. 27947/2023).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ult eriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
È opportuno precisare che, in ordine alle suddette statuizioni sulle spese ed ex art. 96 cpc, non rileva la circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio
a spese dello Stato in quanto tale patrocinio, nel processo civile, ex art. 74, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, non vale ad addossare allo Stato anche le spese che la parte ammessa sia condannata a pagare (cfr. Cass. n. 8388/2017 per le spese dovute alla controparte, con argomentazioni che possono essere condivise ed estese anche per quelle dovute all’Erario).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio. Condanna il ricorrente al pagamento della somma di €. 1.5 00,00 in favore della Cassa delle ammende. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10.9.2025
La Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME