Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15607 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 15607 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23720/2019 R.G. proposto da
NOME COGNOME , domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Commissario Straordinario pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO la
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Accertamento rapporto di lavoro subordinato
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 21/05/2024 CC
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello Salerno n. 22/2019 depositata il 30/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 21/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 22/2019, pubblicata in data 30 gennaio 2019, la Corte d’appello di Salerno, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE , ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Salerno n. 2646/2015, pubblicata in data 17 settembre 2015, la quale aveva a propria volta respinto la domanda del medesimo NOME COGNOME volta ad ottenere il rico noscimento dell’esistenza di un rapporto di lavoro su bordinato con l’RAGIONE_SOCIALE e la condanna di quest’ultima al pagamento delle differenze retributive.
NOME COGNOME aveva dedotto di avere svolto attività lavorativa di tecnico di impiantistica elettrica presso l’RAGIONE_SOCIALE per dieci anni, con mansioni di natura subordinata e senza caratteri di prestazione occasionale e straordinaria.
La domanda era stata respinta dal giudice di prime cure, in quanto il Tribunale aveva ritenuto , in primo luogo, la invalidità dell’accordo intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE presso la quale lo stesso NOME COGNOME aveva prestato servizio e l’RAGIONE_SOCIALE -accordo in virtù del quale
tutto il personale della RAGIONE_SOCIALE, ad eccezione dello stesso ricorrente e di un altro collega, era passato delle dirette dipendenze dell’RAGIONE_SOCIALE – in quanto tale accordo aveva previsto una mobilità tra la stessa RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE in contrasto con il disposto di cui all’art. 1, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001.
In secondo luogo, il Tribunale aveva escluso che una transazione conclusa tra l’RAGIONE_SOCIALE ed altro lavoratore valesse a costituire riconoscimento dell’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente.
La Corte d’appello , rilevato che nel gravame non si censurava l’affermazione del giudice di prime cure in ordine alla invalidità dell’accordo intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, ha valutato ed escluso l’applicabilità dell’art. 2126 c.c. osservando che, anche alla luce dell’istruttoria svolta, non erano rilevabili nel caso di specie gli elementi sintomatici del rapporto di lavoro subordinato.
La Corte territoriale, parimenti, ha escluso che la transazione conclusa tra l’RAGIONE_SOCIALE ed altro lavoratore potesse assumere rilevanza, atteso che neppure in tale transazione veniva riconosciuta la natura subordinata delle prestazioni rese dal lavoratore terzo.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Salerno ricorre ora NOME COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE DI DIO E RAGIONE_SOCIALE D’ RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, testualmente, che ‘La sentenza è viziata per violazione di legge ex art 360 c.p.c. 1° comma, n.5, in relazione all’art. 115 C.p.c. (principio di non contestazione), 2697 C .c. 1° e 2° comma, art. 112 C.p.c., Art. 111 Cost.’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare un fatto decisivo ai fini del giudizio, fondando la propria decisione esclusivamente sulla deposizione dell’unico teste escusso ed ‘ignorando il motivo di appello circa la mancata contestazione da parte resistente delle articolate circostanze di fatto, trasformate in capi di prova (in numero di 18), da ritenersi, di conseguenza, per pacificamente acquisite dalle parti’ .
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., la ‘violazione di legge ex art. artt. 115, 116 (…) per omessa ed errata valutazione della prova e travisamento dei fatti su circostanza decisiva. Illogicità.’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che:
-la Corte d’appello avrebbe evidenziato la mancata contestazione in sede di gravame dell’affermazione del giudice di prime cure in ordine alla invalidità dell’accordo intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE -avente ad oggetto il trasferimento del personale dalla. RAGIONE_SOCIALE di cui dipendevano alla stessa RAGIONE_SOCIALE -sebbene tale profilo sia da considerarsi irrilevante, non sussistendo un nesso logico-giuridico tra l’ipotetica invalidità dell’accordo, e la deduzione dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato di fatto;
-avrebbe travisato il contenuto della deposizione testimoniale resa nello stesso giudizio d’appello, in tal modo pervenendo ad una ‘conclusione opposta a quella logica ed ovvia’ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la ‘violazione di legge (…) in relazione all’art. 244 C.p.c., 421 C.P.C. e art. 111 Cost. Nullità o irrilevanza della prova testimoniale sulla quale è fondata la sentenza’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale, pur ammettendo la prova testimoniale, la avrebbe tuttavia ”ridotto’, in via di fatto, ad una sintetica escussione di un solo teste, non interrogato sui capitoli di prova: tant’è che, a fronte di 18) capi, contemplanti le variegate e complesse attività del ricorrente, agli atti è risultata una deposizione di una pagina e mezza (compresi gli adempimenti di rito), alla quale si sono riportati gli altri due testi, ammessi e regolarmente citati’ .
Ciò avrebbe determinato ‘una palese violazione delle norme di legge sopra enunciate e del principio costituzionale del giusto processo’ .
2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Inammissibile, in primo luogo, come censura ex art. 360, n. 5), c.p.c., operando nella specie il disposto di cui all’art. 348 -ter c.p.c., essendo stato instaurato il giudizio di appello nel 2016.
Inammissibile, a voler ipotizzare una sua riqualificazione, nel momento in cui sembra dedurre la violazione del canone di non contestazione ex art. 115 c.p.c., risultando detta deduzione del tutto sprovvista di riscontro tramite la riproduzione o la localizzazione degli atti del giudizio e quindi, in definitiva, radicalmente inosservante della regola di specificità di cui all’art . 366 c.p.c.
Inammissibile, infine, nel momento in cui, sotto l’apparente deduzione del vizio di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476
del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017), atteso che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
Parimenti inammissibile risulta il secondo motivo di ricorso, atteso che anche in tal caso, oltre ad operare nuovamente la preclusione di cui all’art. 348 -ter c.p.c., il ricorso torna a riproporre un inammissibile sindacato sulla valutazione delle prove operata dalla Corte territoriale.
Inammissibile, infine, è l’ultimo motivo di ricorso, in ordine al quale si deve, anzi, evidenziare che lo stesso appare del tutto carente nella stessa concreta individuazione delle regole processuali che sarebbero state violate dalla Corte d’appello nell’esercitare i poteri di cui agli artt. 130 e 245 c.p.c.
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile, conclusione che esime il Collegio dalla necessità di esaminare la questione di inammissibilità del ricorso -sollevata dalla controricorrente, la quale deduce che né la copia del ricorso notificato mediante EMAIL né la copia della procura parimenti notificata sarebbero muniti di sottoscrizione digitale -dando applicazione al principio della ‘ragione più liquida’, in virtù di un approccio interpretativo inteso alla verifica delle soluzioni sul piano de ll’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, così da sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità
del giudizio, costituzionalizzata dall’art. 111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre (così, in particolare, Cass. Sez. L, Ordinanza n. 9975 del 2024; Cass. Sez. 6-L, 28/05/2014, n. 12002).
Dalla declaratoria di inammissibilità discende la condanna del ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 4.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 21 maggio