Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 35205 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 35205 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17025/2023 R.G. proposto da :
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME come da procura speciale in atti.
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, PREFETTURA DI COGNOME, QUESTURA DI COGNOME,
-intimati- avverso il DECRETO del GIUDICE COGNOME di ALESSANDRIA n. 1317/2023 depositata il 27/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. -Il Giudice di pace di Alessandria, con ordinanza del 27/07/2023, ha rigettato l’opposizione proposta da NOME COGNOME cittadino del Marocco avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Alessandria ex art.13, comma 8, del d.lgs. n. 286/1998 in data 7 giugno 2023;
Avverso tale ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione contenete due motivi di ricorso.
L’amministrazione è rimasta intimata.
A seguito della proposta di definizione del giudizio, formulata da questa Corte ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e ritualmente comunicata alle parti, la parte ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha depositato istanza chiedendo la decisione del ricorso.
È stata disposta la trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE:
2.1. -Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 13, comma 14, e 19, comma 2, lett. c) del d.lgs. 286/1998 e dell’art. 28, comma 1, lett. b) del d.p.r. 394/1999 per aver il Giudice di pace preso in considerazione esclusivamente la pericolosità sociale del ricorrente, omettendo qualsivoglia valutazione degli elementi evidenziati dalla difesa in relazione alla sussistenza di legami familiari, all’integrazione sociale e all’assenza di legami con il paese di origine.
2.2. -Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente ha dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ovvero la sussistenza di legami familiari in Italia.
-I due motivi di ricorso -che possono essere esaminati congiuntamente – sono inammissibili in quanto, oltre a connotarsi in termini di assoluta genericità e astrattezza, non soddisfano i
requisiti richiesti dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., poiché dal ricorso non si evince con chiarezza quali elementi sarebbero stati dedotti e documentalmente provati innanzi al giudice di merito nonché come e dove gli stessi erano stati dedotti.
Come più volte ribadito da questa Corte, infatti, ‘Qualora una questione giuridica -implicante un accertamento di fatto -non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa’ (Cass. n. 16240/2023).
Invero, il giudice di pace, nel provvedimento impugnato, ha valutato e verificato l’eventuale sussistenza di legami familiari, rilevando che il ricorrente non aveva mai dichiarato in precedenza di avere familiari di nazionalità italiana entro il secondo grado e che lo stesso non aveva fornito alcuna prova in giudizio della convivenza con i predetti (cfr. pag. 2 dell’ordinanza). Peraltro, il giudice di pace ha specificato che anche qualora fosse stata provata la convivenza con familiari, alla luce della riscontrata pericolosità sociale del ricorrente sarebbe comunque risultata prevalente l’esigenza di tutela dell’ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, sicché si rileva, altresì, che i dedotti motivi non colgono la ratio del provvedimento impugnato e sono, anche sotto tale profilo, inammissibili.
Va, pertanto, rimarcato che la specifica statuizione di merito, relativa alla mancata tempestiva deduzione e documentazione dinanzi al giudice di pace dei rapporti di parentela rilevanti, non risulta impugnata, e che nel presente ricorso non risulta nemmeno
indicato, quando e quali atti siano stati sottoposti al giudice di merito, in violazione del disposto di cui all’art.366, primo comma, n.6, cod.proc.civ., dovendosi rilevare che lo stato di famiglia risulta rilasciato dopo l’emissione del decreto di espulsione in data 9 giugno 2024 e che non contiene indicazioni di tipo storico.
4. -In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva dell’Amministrazione intimata.
Poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di manifesta infondatezza e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, stante la mancata costituzione della parte rimasta intimata, va fatto applicazione del solo quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma. Sulla scorta di quanto esposto, il ricorrente va condannato al pagamento di una somma pari ad euro 1.500,00, in favore della cassa delle ammende (Cass. Sez. Un. 32001/2022).
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
-Dichiara inammissibile il ricorso;
-Condanna la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c., al pagamento della somma di euro 1.500,00= in favore della cassa delle ammende;
-Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater , del d.P .R. 30 maggio 2002, nel testo introdotto dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima