Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13277 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13277 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 13868-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1012/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/03/2022 R.G.N. 3595/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
NOME COGNOME.
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 23/01/2024
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Roma rigettava l’appello proposto da COGNOME NOME contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 8129/2018, che pure aveva rigettato il suo ricorso diretto ad ottenere l’accertam ento del rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della convenuta RAGIONE_SOCIALE e il pagamento di differenze retributive, pari ad € 38.858,83.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, nel trattare congiuntamente i motivi di censura dell’appellante, riteneva che l’originaria domanda, introdotta come di riconoscimento della natura subordinata del rapporto e delle conseguenti differenze retributive parametrate al IV livello professionale, non conteneva le deduzioni e le allegazioni utili a superare l’inquadramento formale del rapporto di lavoro come cameriere inquadrato nel VI livello professionale con cod. 073 Turismo-pubblici esercizi, e che soltanto nel secondo grado la parte lamentava un’illegittima modifica della qualifica, di cameriere fino al novembre 2016, e, successivamente, di apprendista cameriere.
2.1. Fermo restando il divieto di domande (e quindi di deduzioni) nuove in appello stabilito ex art. 345 c.p.c., a pena d’inammissibilità, secondo la stessa Corte, si evinceva dalle buste paga in atti che l’appellante era sempre stato inquadrato nel VI livello professionale sopra indicato, con il medesimo codice di inquadramento 073. L’indicazione di cameriere o apprendista cameriere non corrispondeva evidentemente a un mutamento di qualifica, peraltro non precedentemente dedotto dalla parte, atteso che il riconoscimento della retribuzione
corrispondente alla qualifica e alla categoria era rimasto immutato.
2.2. Quanto alla prova di uno svolgimento di fatto di mansioni superiori, la cui domanda era desumibile dalla lettura dell’atto introduttivo di primo grado nel suo complesso, condivideva la Corte le conclusioni del giudice di prime cure. Non era stata infatti offerta alcuna deduzione utile allo svolgimento del procedimento logico-giuridico di accertamento delle mansioni per ascriverle al livello superiore rivendicato.
2.3. Circa, infine, la domanda di differenze retributive, la Corte, alla luce delle due testimonianze considerate, riteneva non provato lo svolgimento dell’attività di lavoro straordinario da parte dell’appellante, in modo continuativo e sistematico, così come desumibile dalle deduzioni contenute nell’atto introduttivo. Quanto all’attività di lavoro svolto nel corso dei festivi, riscontrava che le buste paga allegate al documento NUMERO_DOCUMENTO del fascicolo di primo grado recano l’indicazione del pagamento degli importi corrispondenti, e ciò, a fronte della dichiarazione, pur generica, del teste di parte convenuta di avere lavorato sempre durante le festività (al pari dell’appellante), era sufficiente a ritenere che anche laddove svolte le stesse erano state pagate. Concludeva, pertanto, che il lavoratore non aveva assolto al proprio onere probatorio riguardo allo svolgimento di attività lavorativa ulteriore rispetto a quella che risulta retribuita.
Avverso tale decisione, COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
L’intimata ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un primo motivo, rubricato nell’ ‘Esposizione sintetica’ come ‘Insussistenza dell’ipotesi di inammissibilità dei motivi’, il ricorrente rileva che il rigetto della domanda relativa allo straordinario veniva motivato nella sentenza di primo grado nel passo riportato in ricorso; mentre, nella motivazione della sentenza di rigetto dell’appello, venivano trascritte le deposizioni testimoniali con l’indicazione dei turni di lavoro del ricorrente specificati dai predetti testimoni, ma il calcolo matematico delle ore lavorate veniva erroneamente ritenuto entro il limite dell’orario ordinario. Inoltre, il rigetto della domanda di inquadramento nel 4° livello del CCNL in relazione alle mansioni di cameriere di ristorante veniva motivato nella sentenza di primo grado nel passo che pure riporta il ricorrente. Invece, nella sentenza di appello la motivazione del rigetto si basava sull’inammissibilità della domanda nuova avente ad oggetto ‘l’illegittimità modifica della qualifica, di cameriere fino al novembre 2016 e successivamente di apprendista cameriere’ con codice di inquadramento 073′.
Un secondo motivo è rubricato, nell’ ‘Esposizione sintetica’, ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e 2697 cod. civ., nonché dell’art. 111 del C.C.N.L. 8.2.2018 per i dipendenti da azienda del settore Pubblici Esercizi’. Premette il ricorrente come l’impugnata sentenza aveva riportato le deposizioni testimoniali ‘trascritte nel verbale di udienza di primo grado’, e che la stessa sentenza aveva concluso che: ‘alla luce delle superiori testimonianze non può ritenersi provato lo svolgime nto dell’attività di lavoro straordinario’. Secondo il ricorrente, tale ‘conclusione appare illogica ed incongrua con riferimento alle dichiarazioni
testimoniali richiamate in premessa’, per le ragioni poi svolte dal ricorrente
Un terzo motivo è rubricato nell’ ‘Esposizione sintetica’, ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e 2697 cod. civ. nonché dell’art. 54 del C.C.N.L. 8.2.2018 Pubblici Esercizi’. Riportati altri passi della motivazione dell’impugnata sentenza, il ricorrente assume che essa motivazione contiene taluni ‘vizi logici e giuridici’. Deduce, allora che la Corte di merito avrebbe dovuto, esaminando la norma del C.C.N.L., relativa alla classificazione del personale, riconoscere ‘ tout court ‘ il li vello 4°, essendo peraltro risultato provato che il ricorrente svolgeva mansioni di cameriere, come risultava dalle deposizioni testimoniali rese all’udienza del 24.5.2018.
4. I riassunti motivi sono inammissibili.
Il primo, infatti, non integra un motivo di ricorso per cassazione riconducibile, anche in via interpretativa, ad una delle tassative ipotesi di cui all’art. 360, comma primo, c.p.c.
5.1. Invero, il ricorrente in tale censura premette l’orientamento secondo il quale ‘nell’ipotesi di ‘doppia conforme’ prevista dal 5° comma dell’art. 348 ter c.p.c., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell ‘art. 360 c.p.c., deve indicare le ragioni poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse’ (cfr. tra la pag., 2 e la pag. 3 del ricorso).
Inoltre, vi evidenzia talune asserite difformità tra la motivazione resa dal primo giudice e quella della sentenza di secondo grado.
In definitiva, come peraltro già si arguiva dalla rubrica del primo motivo: ‘Insussistenza dell’ipotesi di inammissibilità dei motivi’, le deduzioni in questione (tra la pag. 2 e la pag. 4 del ricorso), paiono svolte al solo scopo appunto di far emergere che le rispettive motivazioni della sentenza del giudice di primo grado e della sentenza dei giudici d’appello sarebbero diverse, sicché non potrebbe sussistere l’ipotesi d’inammissibilità del motivo di ricorso ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c. di cui ai commi quarto e cinque del precedente art. 348 ter c.p.c.
5.2. Resta il fatto che queste deduzioni, come tali, non contengono l’esposizione di alcuna censura rivolta all’unica sentenza qui impugnata, vale a dire, quella di secondo grado.
Mette conto aggiungere che i due successivi motivi di ricorso, come del resto il primo, non fanno riferimento all’ipotesi di ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’ ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c.
Difatti, e passando appunto ad esaminare tali ulteriori motivi, in entrambi vi si denuncia piuttosto la violazione e/o falsa applicazione di talune norme di diritto (sostanziale e processuale) e di un contratto collettivo nazionale di lavoro.
7.1. Pertanto, pur in difetto di indicazioni espresse del ricorrente ad uno dei mezzi di cui al primo comma dell’art. 360 c.p.c., tali due motivi dovrebbero essere ricondotti all’ipotesi di cui al n. 3) del comma ora cit.
In realtà, come ben risulta dallo svolgimento del secondo motivo (cfr. in particolare pag. 5 del ricorso), il ricorrente, nel dedurre che ‘la conclusione appare illogica ed incongrua con riferimento alle dichiarazioni testimoniali
richiamate nella premessa’, fa valere genericamente un’anomalia motivazionale dell’impugnata sentenza, al di fuori degli stretti limiti in cui vizi di motivazione possono ora essere fatti valere in sede di legittimità ex art. 360, comma primo, n. 4) e n. 5), c.p.c.
8.1. Nello stesso secondo motivo, inoltre, il ricorrente critica l’apprezzamento probatorio compiuto dalla Corte territoriale circa lo svolgimento di lavoro straordinario, il che non può trovare ingresso in questa sede di legittimità.
8.2. Infine, la censura non tiene conto dell’effettiva motivazione a riguardo resa dalla Corte d’appello, la quale non ha seccamente ritenuto non provato lo svolgimento di lavoro straordinario, secondo quanto assume il ricorrente; ma, come premesso in narrativa, in base alle testimonianze considerate, ha ritenuto non dimostrato lo svolgimento di lavoro straordinario nei termini allegati dall’attore, vale a dire, ‘in modo continuativo e sistematico’.
Analoghe considerazioni valgono per il terzo motivo.
9.1. Come premesso, anche in questo caso il ricorrente, nel dedurre che ‘La motivazione contiene vizi logici e giuridici’, da un lato, sembra denunciare genericamente un’anomalia motivazionale, e, dall’altro, critica la valutazione probatoria del giudice d i secondo grado, dove, per es., si deduce che ‘Il Cod. 073, cui si fa riferimento in motivazione si rivela evidentemente un codice ‘interno’ dell’azienda del tutto irrilevante ai fini del corretto inquadramento contrattuale del lavoratore’ (cfr. pagg. 6-7 del ricorso).
9.2. Pure il terzo motivo, infine, si fonda su una parziale considerazione della completa motivazione effettivamente resa
dalla Corte di merito circa lo svolgimento di fatto di mansioni superiori.
La Corte d’appello, infatti, aveva premesso a riguardo che: ‘La gravata sentenza, quanto alla domanda di riconoscimento del superiore livello retributivo definito ‘ chef de rang ‘, ha affermato che il ricorrente non aveva svolto nessuna deduzione sulle declaratorie del profilo di appartenenza e di quello rivendicato, necessaria per lo svolgimento del procedimento logico-giuridico prodromico cui la giurisprudenza fa pacifico riferi mento per l’accertamento delle mansioni superiori, che si articola in tre fasi consequenziali tra loro, quella dell’individuazione della qualifica; dell’accertamento in fatto delle mansioni svolte; della comparazione tra loro (cfr. tra le tante Cass. 28.4.2015, n. 8589) e che pertanto tale carenza rendeva di per sé inaccoglibile la domanda’. Inoltre, la Corte aveva ancora considerato che: ‘L’indicazione di cameriere o apprendista cameriere, non corrisponde evidentemente a un mutamento di qualifica, peraltro non precedentemente dedotto dalla parte, atteso che il riconoscimento della retribuzione corrispondente alla qualifica e alla categoria, sono rimaste immutate. Quanto alla prova di uno svolgimento di fatto di mansioni superiori, la cui domanda è desumibile dalla lettura dell’atto introduttivo di primo grado nel suo complesso, si condividono le conclusioni del giudice di prime cure. Non è stata infatti offerta alcuna deduzione utile allo svolgimento del procedimento logico-giuridico di accertamento delle mansioni per ascriverle al livello superiore rivendicato’.
Il ricorrente, pertanto, di nuovo soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore del difensore della controricorrente, dichiaratosi anticipatario, delle spese di
questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge, e distrae in favore del difensore della controricorrente.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 23.1.2024.