Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27206 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27206 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6900/2025 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende, come da procura speciale in atti.
-ricorrente-
contro
MINISTERO
DELL’INTERNO,
QUESTURA
DI
MILANO
-intimati- avverso PROVVEDIMENTO di GIUDICE DI PACE MILANO nel proc. r.g.n. 13694/2025 depositato il 27/03/2025.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
1.- In data 26.3.2025, il Questore di Milano chiese al locale Giudice di pace l’autorizzazione al trattenimento presso il centro di permanenza temporanea e di assistenza di Milano dello straniero COGNOME NOME, ai sensi dell’art.13, comma 5 bis, d.lgs. n.286/1998 in quanto lo straniero si era trattenuto nel territorio dello Stato senza essere in possesso del permesso di soggiorno.
Il Giudice di pace, sentito l’interessato, accertò che la domanda di protezione internazionale, da questi precedentemente avanzata, era stata respinta e la decisione gli era stata regolarmente notificata ai sensi della legge 890/1982, come si evinceva dall’avviso di ricevimento in atti, al domicilio indicato ove egli era risultato irreperibile, di talché la notifica si era perfezionata per irreperibilità trascorsi venti giorni; rilevò che avverso la decisione della Commissione territoriale non risultava essere stato presentato ricorso e che lo straniero non aveva documentato una positiva integrazione nella società italiana, né con riferimento alla attività lavorativa, né con riferimento alla situazione abitativa; alla luce di ciò convalidò il provvedimento del Questore di Milano.
Il cittadino straniero ha proposto ricorso chiedendo la cassazione del decreto in epigrafe indicato con due mezzi. Il ricorso, inizialmente assegnato alla Sezione Prima Penale, è stato trasmesso e assegnato alla Sezione Prima Civile; disposta ed eseguita la notifica del ricorso all’Amministrazione, ne è stata fissata la trattazione in adunanza camerale.
CONSIDERATO CHE:
2.- Con il primo motivo, il ricorrente sollecita questa Corte a sollevare questione di legittimità costituzionalità, dopo avere preliminarmente rammentato che questa Corte, Prima Sezione Penale, con ordinanza n. 4308/2025, ha chiesto alla Consulta di pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art.14, comma 6, del
d.l.gs. n.286/1998, come modificato dall’art.18 bis, comma 1, lett. b) n.2 del d.l. n.145/2024, conv. con mod. dalla legge n.187/2024, richiamato dall’art.6, comma 5 bis, del d.lgs. 142/2015 per contrasto con gli artt. 3, 24, 111, commi primo e secondo, e 117 Cost.
Il motivo va disatteso.
Va rilevato che non è pertinente al caso in esame la questione di costituzionalità di cui sopra, che è stata decisa ed accolta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.39 del 2025.
Invero, la censura si rivela inammissibile poiché la norma applicata nel caso di specie è l’art.13, comma 5 bis, d.lgs. n.286/1998 che non è stato modificato dal d.l. n.145/2024, di guisa che il richiamo all’ordinanza n.4308/2025, riferita proprio alle innovazioni normative introdotte nel 2024, non coglie nel segno. Sotto altro profilo, si osserva che la parte non spiega in alcun modo le ragioni o i motivi per cui questa disposizione – che nemmeno esamina – violi a suo parere il diritto di difesa come garantito dalla Costituzione; infine, il mero rinvio ad argomenti spesi in relazione ad altra normativa non può ritenersi sufficientemente illustrativo.
3.- Con il secondo motivo si denuncia ai sensi dell’art. 606, comma terzo, c.p.p., la violazione o falsa applicazione dell’art. 11, co. 3-bis d.lgs. 25/2008, nonché degli artt. 3 e 12 della legge n.890/1982, nonché dell’articolo 5 del d.lgs. n.142/2015.
Il ricorrente deduce la nullità assoluta del provvedimento impugnato atteso che l’utilizzo di una formula prestampata rende di fatto impossibile percepire l’iter logico seguito, essendo le quattro affermazioni comprese nella medesima formula tutte disciplinate da norme giuridiche diverse tra loro e con conseguenze antitetiche e non omologabili.
Lamenta, poi, che erroneamente il Giudice di Pace ha affermato che il diniego della domanda di protezione internazionale, respinta in data 21.11.2024, era stata regolarmente notificata all’interessato ai sensi della legge n. 890/1982 perché il destinatario era risultato
irreperibile presso il domicilio indicato e la notifica si deve ritenere perfezionata per irreperibilità una volta trascorsi venti giorni. A parere del ricorrente, per provare la effettiva notifica si sarebbe dovuto produrre (oltre al CAD) anche l’integrale atto asseritamente notificato ossia l’originale dell’atto con la relazione di notifica e l’annotamento sull’originale del numero della raccomandata in uno al plico restituito al mittente non essendo affatto sufficiente la produzione del solo avviso di ricevimento non essendo possibile verificare da quest’ultimo la regolarità dell’intero iter notificatorio. A sostegno deduce che la Questura non avrebbe provato mediante l’esibizione della relativa dichiarazione sottoscritta dall’interessato, quale fosse il domicilio comunicato dal richiedente ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 e quindi se lo stesso coincidesse con quello al quale la CT almeno in apparenza aveva indirizzato la suddetta raccomandata.
Infine, il ricorrente eccepisce che l’affermazione secondo cui il cittadino straniero non avrebbe documentato una positiva integrazione nella società italiana, né con riferimento all’attività lavorativa, né con riferimento alla sistemazione abitativa doveva essere contemperata con il fulmineo iter procedurale seguito e l’impossibilità dell’interessato (benché non detenuto per violazioni della legge penale) di comunicare con l’esterno realizzatesi di fatto che, in tesi, avevano in concreto impedito di dimostrare l’elemento del quale il decreto denunzia la carenza.
Anche il secondo motivo è inammissibile.
Quanto al primo profilo, si osserva che, nel caso in esame, l’utilizzo del modulo parzialmente precompilato, mediante l’apposizione dello sbarramento della voce rilevante, è stato combinato con l’espressa e specifica motivazione illustrativa del provvedimento emesso in relazione al caso concreto, di guisa che non si ravvisa la carenza motivazionale lamentata e l’iter logico
giuridico risulta evincibile con sufficiente chiarezza nei limiti del c.d. minimo costituzionale.
Quanto al secondo profilo, la censura non risponde ai requisiti di cui all’art.366, primo comma, n. 6, c.p.c. difettando la specificità in ordine al contenuto specifico della notificazione, non trascritto. Inoltre, il ricorrente dà conto di non aver colto la ratio decidendi -atteso che il giudice di pace ha accertato in fatto l’esatto adempimento notificatorio mediante la procedura dell’irreperibilità assoluta ex art.143 c.p.c. – perché non svolge alcun argomento pertinente alla procedura notificatoria per irreperibilità assoluta, ma critica, inammissibilmente, la decisione come se avesse riguardato una procedura notificatoria conseguente alla temporanea assenza (art.140 c.p.c.), c.d. irreperibilità temporanea.
Va aggiunto che il ricorrente non ha provato, come era suo onere, di avere indicato un diverso indirizzo all’autorità amministrativa al momento della presentazione della domanda di protezione, tanto più che l’indirizzo al quale è stata eseguita la notificazione è proprio lo stesso che lui ha dichiarato in occasione della notifica del decreto di trattenimento in data 26 marzo 2025 e nel corso dell’audizione dinanzi al giudice di pace; va rimarcato che, sul punto, né in udienza dinanzi al giudice di pace, né in ricorso è illustrato alcun elemento chiarificatore, mentre sono svolte mere illazioni. Inoltre, sono prive di pregio le generiche deduzioni circa la mancanza di prova della omessa proposizione del ricorso giurisdizionale avverso il diniego di protezione da parte dell’amministrazione, atteso che sarebbe stato onere del ricorrente provare di aver presentato il ricorso.
Il terzo profilo di censura risulta anch’esso inammissibile in quanto la deduzione circa l’incompatibilità dei tempi del processo con lo svolgimento della difesa, riferito alla possibilità di documentare un positivo inserimento socio-lavorativo, è svolta in termini generici ed ipotetici.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’intimato.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso;
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 25 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME