Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9108 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9108 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20573 R.G. anno 2022 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME;
ricorrenti
contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA , rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME e dall’avvocato COGNOME NOME, presso il quale è domiciliata, in ROMA, INDIRIZZO;
contro
ricorrente avverso la SENTENZA n. 236/2022 emessa da CORTE D’APPELLO MILANO.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. In riforma della sentenza di primo grado, la Corte di appello ha respinto, con sentenza del 25 gennaio 2022, le domande proposte da NOME COGNOME, cui erano succeduti gli eredi NOME COGNOME e NOME COGNOME, nei confronti di Banca Nazionale del Lavoro.
Ha affermato, per quanto ancora rileva, che i due rapporti di conto corrente intercorsi tra COGNOME e la banca non erano unitari, posto che, da un lato, tale circostanza non era provata e, dall’altro, i rapporti in questione, oltre ad essere coesistiti per un dato periodo, risultavano indentificati con numeri e riferimenti distinti. Secondo il Giudice distrettuale, inoltre, il correntista che agisce per la ripetizione di indebito ed il ricalcolo dei saldi può assolvere all’onere di documentare le movimentazioni del conto non solo a mezzo degli estratti conto, ma anche attraverso altri mezzi, ivi compresa la consulenza tecnica: nella specie, tuttavia, la mancanza di documentazione contabile aveva impedito un ‘ attendibile ricostruzione del saldo, come chiarito dallo stesso consulente d’ufficio . Ha evidenziato, ancora, la detta Corte, che non vi era stata illegittima segnalazione del nominativo di COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE e non era stato infine allegato alcunché circa la mancanza di diligenza al riguardo da parte della banca.
2. ─ E’ stato spiegato, da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME, un ricorso per cassazione basato su quattro motivi. Banca Monte dei Paschi di Siena ha notificato controricorso.
E’ stata formulata, da parte del Consigliere delegato, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c.. A fronte di essa, il difensore della parte ricorrente ha domandato la decisione della causa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. ─ La proposta ha il tenore che segue:
« motivi ─ tutti formulati ai sensi dell’ art. 360, n. 5, c.p.c. ─ rispettivamente lamentano l’avere la Corte territoriale ritenuto, in punto
di fatto: 1) non unitario il rapporto di conto corrente bancario tra le parti; 2) incompleti gli estratti conto, negando che sia stata proposta adeguata istanza di produzione ed esibizione alla banca, che al contrario fu dal ricorrente formulata, con riguardo ai contratti nonché a tre estratti conto per tre trimestri del 1999, 2005 e 2009, dalla stessa forniti e dall’attore prodotti in giudizio; 3) non ricostruiti nel merito aliunde i rapporti contabili tra le parti; 4) non raggiunta la prova del danno per la segnalazione alla RAGIONE_SOCIALE rischi;
«tutti i motivi sono inammissibili, in quanto la parte ricorrente, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, pretende dalla Corte di legittimità una rivisitazione della vicenda concreta, già scrutinata dai giudici del merito, tramite la lettura degli atti istruttori: ma è estranea al vizio invocato qualsiasi censura volta a criticare il ‘ convincimento ‘ che il giudice si è formato, in esito all’esame del materiale probatorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, posto che la valutazione degli elementi istruttori costituisce, infatti, un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (Cass. n. 11176/2017; Cass. n. 20802/2011; Cass. n. 42/2009);
«invero, il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla sua formazione, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospe ttazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, dovendo altresì reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto (Cass. n. 29730/2020; Cass. n. 3104/2021);
«a ciò si aggiunga che il terzo motivo menziona quale oggetto
della richiesta ex art. 119 c.p.c. solo tre estratti conto, onde neppure l’allegazione si pone in contrasto con quanto positivamente accertato dalla sentenza impugnata, e che il quarto motivo neppure coglie la ratio decidendi , avendo ritenuto la Corte assorbito il profilo circa la prova di un danno nella esclusione del primo elemento oggettivo della fattispecie risarcitoria, la condotta illecita».
─ La tesi dell’inammissibilità del ricorso, di cui alla proposta, è da condividere.
A fronte di quanto specificamente osservato nell’i stanza per la decisione del ricorso, osserva il Collegio che chi intenda proporre la censura di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività», fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415); a tale onere gli odierni istanti non hanno assolto, facendo essi questione dell’erroneo apprezzamento delle risultanze probatorie , come del resto reso palese fin da ll’ epigrafe dei motivi di censura, in cui è parola di errori di valutazione e di interpretazione delle emergenze processuali. Va qui rammentato che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U. 27 dicembre 2019, n. 34776; in senso conforme: Cass. 4 marzo 2021, n. 5987).
─ Le spese processuali seguono la soccombenza.
─ Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va
disposta condanna della parte istante a norma dell’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c.. Le dette disposizioni, cui fa rinvio l’art. 380bis c.p.c., sono difatti immediatamente applicabili giusta il comma 1 dell’art. 35 del d,lgs. n. 149/2022 ai giudizi ─ come quello in esame ─ introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio (Cass. Sez. U. 27 settembre 2023, n. 27433, in motivazione).
Vale, poi, rammentare quanto segue: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) ─ che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. ─ codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, la parte ricorrente va condannata, nei confronti di quella controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 6.000,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di € 6.000,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della
Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione