Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 6 Num. 22784 Anno 2019
Civile Ord. Sez. 6 Num. 22784 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/09/2019
ORDINANZA
sul ricorso 746-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME
COGNOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 1391/2016 della CORTE DCOGNOME di CATANZARO, depositata il 10/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. NOME COGNOME
RILEVATO
che, con sentenza del 10 dicembre 2016, la Corte d’Appello di Catanzaro confermava la decisione resa dal Tribunale di Cosenza ed accoglieva la domanda proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, riconoscendo il diritto alle differenze retributive da ciascuno maturate a titolo di retribuzione ordinaria e TFR nell’esercizio in regime di subordinazione delle mansioni di operaio edile presso la predetta Società in distinti periodi;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata l’eccezione di nullità dei ricorsi non denunciando gli stessi carenze nell’indicazione della causa petendi e del petitum tali da rendere indeterminati o indeterminabili i beni della vita domandati e le relative ragioni, provati, sulla base di documenti contabili e dichiarazioni testimoniali da considerarsi attendibili, i periodi lavorativi, accertate le differenze dovute in sede di CTU contabile basata sul riferimento al CCNL edilizia, in quanto presumibilmente applicato e comunque rilevante quale parametro per la determinazione della retribuzione proporzionata e sufficiente ex art. 36 Cost. ;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a tre motivi, in relazione alla quale gli intimati non hanno svolto alcuna attività difensiva;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
che la Società ricorrente ha poi presentato memoria;
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare il vizio di omessa motivazione in ordine alla sollevata eccezione di nullità del ricorso introduttivo, lamenta il carattere meramente
apparente della motivazione di rigetto della richiamata eccezione resa dalla Corte territoriale, non dando in essa la Corte stessa adeguatamente conto delle ragioni in base alle quali è giunta a ritenere irrilevanti le incongruenze che connotavano la narrativa in fatto del predetto ricorso puntualmente segnalate dalla Società odierna ricorrente;
che, con il secondo motivo, la Società ricorrente formula la medesima censura, relativa al carattere apparente della motivazione dell’impugnata sentenza, avendo riguardo all’iter logico valutativo seguito nell’apprezzamento degli elementi probatori di cui in essa dà conto la Corte territoriale, iter che sostiene essere stato condotto con riferimento a risultanze processuali di fatto inesistenti;
che nel terzo motivo la medesima censura è prospettata dalla Società ricorrente con riguardo alla quantificazione delle differenze retributive spettanti ai lavoratori operata in sede di CTU contabile, quale conseguenza dei precedenti rilievi circa l’indeterminatezza della causa petendi e del petitum e le carenze dell’accertamento istruttorio, tali, a suo dire, da imporre l’inammissibilità stessa della disposta CTU;
che, in relazione ai primi due motivi di ricorso, le censure risultano erroneamente ricondotte all’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., riguardando, piuttosto, l’omesso esame di una questione (nullità dell’appello) integrante error in procedendo (art. 360, n. 4, c.p.c.);
che, pertanto, le stesse censure sono inammissibili in base al principio in forza del quale (vedi Cass. n. 7406/2014) non è configurabile vizio di omesso esame di una questione o eccezione che sia stata implicitamente decisa (nella specie a seguito della decisione nel merito dell’impuwinazione);
che, quanto ai residui profili di censura, gli stessi, attenendo all’erronea valutazione di elementi istruttori, si risolvono nella
prospettazione di un nuovo giudizio di merito non consentito in questa sede (vedi, ex multís, Cass. n. 25332/2014);
che, pertanto, conformandosi alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater d.P.R. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 23 gennaio 2019.