Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1164 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1164 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 22832 anno 2020 proposto da:
NOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso, domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME ;
ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME in forza di procura speciale in calce al controricorso, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 1418/2020 pubblicata in data 27/05/2020, notificata il 01/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/10/2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE quale debitore principale, ed i signori NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di garanti proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo col quale erano stati condannati in via solidale a pagare al Credito Emiliano S.p.a. la somma di € 374.576,24 pari allo scoperto di un conto corrente nonché € 82.555,20 derivante dal controvalore di anticipazioni di portafoglio commerciale.
– Il Tribunale respingeva l’opposizione e d i soli garanti impugnavano la sentenza con appello fondato su due motivi.
– La Corte di appello di Bologna rigettava l’impugnazione rilevando , in primo luogo, l’infondatezza dell’eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Reggio Emilia in favore di quello di Nola.
Ad avviso della corte territoriale, la clausola di deroga della competenza territoriale contenuta sub art. 26 del contratto bancario era operante, attesa la validità del c.d. contratto monofirma secondo l’indirizzo assunto dalle SSUU della Cassazione (Cass. Sez. Un. 898/18).
Inoltre, la corte d’appello respingeva la richiesta di CTU fondata sulla necessità di ricalcolo dei saldi in considerazione della nullità del contratto.
La sentenza veniva impugnata dai signori COGNOME e COGNOME con ricorso per Cassazione assistito da quattro motivi cui la Banca ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 2 c.p.c. de ll’art. 117 TUB, nonché degli artt. 18, 19, 20 e 38 c.p.c. in materia di competenza per territorio. La sentenza di appello sarebbe illegittima, laddove non ha ritenuto nullo il contratto bancario monofirma non consegnato in copia al cliente. Con la sentenza n. 898/2018, infatti, la Cassazione ha messo in evidenza quale ulteriore requisito formale previsto a pena di nullità l’obbligo della banca di consegnare al cliente una copia del contratto sottoscritto.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c..
In sintesi, i ricorrenti rappresentano la apparenza della motivazione del giudice distrettuale che non ha motivato in ordine alla richiesta di CTU al fine di ricalcolare l’effettivo saldo di conto corrente e di conto anticipi. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. l’illegittimità della sentenza per omesso esame di fatti la cui esistenza risulta dagli atti processuali e che hanno costituito oggetto di discussione fra le parti e che, se fossero stati esaminati, avrebbero determinato un esito diverso della controversia.
Con il quarto motivo si deduce l’illegittimità della sentenza per violazione degli artt. 1283 e 1284 c.c. alla luce della consolidata giurisprudenza della Cassazione in materia di divieto di capitalizzazione trimestrale degli interessi in relazione all’art . 360, comma 1, n. 2 c.p.c.. La corte distrettuale avrebbe liquidato come generica la questione prospettata dagli appellanti affermando che: « La carente enunciazione del mezzo non colmata dalla conclusionale dove gli appellanti si dilungano su questioni giuridiche astratte senza alcun riferimento alla fattispecie concreta ».
A tal proposito i ricorrenti contestano la non pertinenza della questione giuridica in relazione al caso di specie riportando cospicua giurisprudenza di legittimità in ordine alla questione della capitalizzazione trimestrale degli interessi nell’ambito dei rapporti tra banche e clienti.
– Il ricorso è inammissibile.
6.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Della questione della consegna del contratto la sentenza impugnata non parla.
Orbene, per giurisprudenza di legittimità assolutamente pacifica (cfr. nelle rispettive motivazioni, tra le più recenti, Cass. n. 5131 del 2023 e
Cass. n. 25909 del 2021), qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il (motivo di) ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. Infatti, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio a quo, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (cfr. Cass. n. 32804 del 2019; Cass. n. 2038 del 2019; Cass. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013; 7981/07; Cass. 16632/2010). In quest’ottica, la parte ricorrente ha l’onere – qui rimasto inadempiuto – di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (cfr. Cass. n. 9765 del 2005; Cass. n. 12025 del 2000).
6.2. – Anche il secondo mezzo è inammissibile.
È sufficiente rammentare che la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, è stata interpretata da questa Corte, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al « minimo costituzionale » del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella « mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico », nella « motivazione apparente », nel « contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili » e nella « motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile », esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di « sufficienza » della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).
Nel caso in esame, si osserva che la corte distrettuale ha offerto una sintetica motivazione della inammissibilità del motivo di impugnazione, laddove ha affermato che la censura era stata formulata in modo apodittico e generico senza alcun riferimento ai dati risultanti dagli estratti conto. Inoltre, ad avviso del giudice di appello il motivo era da ritenersi infondato non sussistendo alcun profilo di nullità del contratto bancario c.d. monofirma. In conclusione, il motivo è infondato avendo la corte offerto motivazione al proprio iter decisionale eccedente la soglia del minimo costituzionale.
6.3. – È inammissibile il terzo mezzo.
Si versa difatti in ipotesi di «doppia conforme» ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c.
Pertanto, attesa la piena conformità di valutazione delle due pronunce emesse nei due diversi gradi di giudizio che concordano pienamente sull’analisi e valutazione degli elementi allegatori e probatori, va ritenuta la inammissibilità della censura come formulata.
6.4. Il quarto motivo è da ritenersi anch’esso inammissibile non potendo esercitarsi in sede di legittimità un giudizio di merito inerente alla applicazione o meno al rapporto contrattuale di interessi anatocistici; al riguardo la censura è finalizzata a far rivalutare a questa Corte la regolamentazione contrattuale intercorsa fra le parti, con la richiesta di un accertamento di merito non ammissibile in sede di legittimità.
7. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di lite secondo il principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna parte ricorrente al rimborso di € 10.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo d i contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile,