Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10754 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10754 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 64-2022 proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, COGNOME, che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
nonché contro
Oggetto
CARTELLE
ESATTORIALI
R.G.N.64/2022
Ud.14/03/2025 CC
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 422/2021 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 23/06/2021 R.G.N. 45/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME adiva il Tribunale di Aosta, in funzione di giudice del lavoro, conveniva in giudizio l’INPS, l’INAIL e l’Agenzia delle Entrate Riscossione, chiedeva annullarsi la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria a lui notificata e di chiararsi l’insussistenza dei crediti portati dalle cartelle presupposte per mancata notifica dei titoli e comunque per intervenuta prescrizione delle pretese. Si costituivano in giudizio l’INPS, l’INAIL e l’Agenzia delle Entrate Riscossione chiedendo il rigetto del ricorso. Il Tribunale di Aosta, con la sentenza n. 36/2020 depositata il 20/07/2020, dichiarava l’insussistenza dei crediti recati da una serie di cartelle esattoriali e da un avviso di addebito e tanto in ragione di ravvisata prescrizione e d ell’applicazione dell’art. 4, comma 1, d.l. n. 119/2018 e dello
stralcio dei debiti inferiori ai mille euro disposto dalla norma; rigettava nel resto il ricorso.
NOME COGNOME proponeva appello; resistevano l’INPS, l’INAIL e l’Agenzia delle Entrate Riscossione, l’INPS e l’Agenzia delle Entrate -Riscossione proponevano anche appello incidentale. Con la sentenza n. 422/2021 depositata il 23/06/2021 la Corte di Appello di Torino, sezione lavoro, rigettava l’appello principale e, in accoglimento degli appelli incidentali, rigettava l’impugnazione dell’avviso di addebito già accolta nel giudizio di primo grado.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con impugnazione affidata a cinque strumenti. Si sono costituiti con controricorso l’INPS, l’INAIL e l’Agenzia delle Entrate Riscossione chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 14/03/2025.
CONSIDERATO CHE :
Con il primo motivo di ricorso la difesa del ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, violazioni di legge: invoca applicazione dell’art . 4 comma 1 d.l. n. 119/2018 con stralcio delle cartelle inferiori a 1000 euro ed omessa applicazione nel corso del giudizio del decreto sostegni, decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (Gazz. Uff., 22 marzo 2021, n. 70).
1.1. Il motivo è inammissibile. Osserva il Collegio che lo strumento d ‘ impugnazione, sebbene sovrapponendo osservazioni eterogenee e diverse e senza alcuna organicità, lamenta che la sentenza impugnata non avrebbe applicato il decreto-legge 22/03/2021, n. 41 e per questa via un ulteriore
stralcio delle cartelle controverse oltre quello già applicato dal giudice di primo grado in ragione dell’art. 4, comma 1, d.l. n.119/2018.
1.2. Il motivo deduce innanzi tutto una pretesa violazione di legge, ma sotto questo profilo è inammissibile perché non rappresenta una violazione o una falsa applicazione della disposizione invocata e perché nemmeno critica una interpretazione offerta dalla sentenza impugnata.
1.3. Il motivo allega, poi, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di un fatto decisivo, ma anche sotto questo profilo è inammissibile perché «l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l’omesso esame come riferito ad un fatto decisivo per il giudizio ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a questioni o argomentazioni che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate» (Cass. 26/01/2022, n. 2268).
1.4. Ciò che lamenta, in sostanza, la parte ricorrente con il primo motivo è una omessa pronuncia; la sentenza impugnata avrebbe omesso di decidere sull’istanza di applicazione del d.l. 22/03/2021, n. 41; ma anche per questa via la doglianza è inammissibile. Essa andava formulata quale error in procedendo ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 4, c.p.c.: quando la parte che ha interesse all’esame di un fatto – ancorché secondario, ma in astratto rilevante per la dimostrazione del fatto costitutivo della domanda – ne ha rilevato l’esistenza ed ha chiesto di vagliarlo, la censura con cui denunciare l’omesso esame della questione (nella specie già riproposta con l’appello) è da
esprimersi ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., trattandosi di error in procedendo determinato dalla violazione dell’art. 112 c.p.c., e con deduzioni specifiche e idonee ad individuare il fatto su cui il giudice di merito abbia mancato di pronunciarsi (Cass. 20/09/2021, n. 25359). Nel ricorso non è presente alcuna specifica critica alla sentenza impugnata: la Corte territoriale dà atto che la sentenza di primo grado aveva già provveduto allo stralcio delle cartelle ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.l. n.119/2018, ma nel ricorso non si deduce dove la parte ricorrente avrebbe specificamente indicato in appello quali, altre cartelle, dovevano essere stralciate alla luce della disposizione ulteriormente invocata. Il ricorso, al contrario, afferma solo che la Corte di Appello non avrebbe aderito a una richiesta di rinvio formulata per specificare l’istanza. Si conferma, anche per questa via, l’inammissibilità della doglianza.
Con il secondo motivo di ricorso la difesa del ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. inesistenza ed incompletezza della notifica delle cartelle impugnate anche ai fini della legittimità della iscrizione di ipoteca.
2.1. Il motivo è inammissibile, si limita a riproporre le generiche doglianze già proposte con l’appello e non si confronta in alcun modo con la motivazione della sentenza impugnata che sul punto, con accertamento di fatto coerente e completo, ha accertato la rituale notifica, ha ricollegato le relate di notifica alle cartelle e ha rilevato come il disconoscimento delle relate operato dal ricorrente fosse del tutto generico. Il motivo si limita a rimettere, in modo inammissibile, alla Corte di legittimità accertamenti del materiale istruttorio già condotti dalla Corte territoriale e spiegati con motivazione ampia, logica, esauriente
e conforme a diritto. La sentenza impugnata, infatti, nel considerare la prova offerta circa la notifica delle cartelle ha considerato, con apprezzamento in fatto insindacabile in questa sede, che le relate prodotte in copia rappresentavano la rituale notifica delle cartelle e che il disconoscimento operato dalla difesa dell’odierno ricorrente era inefficace perché generico. La motivazione va esente da censure in diritto perché si conforma al costante orientamento della Corte secondo il quale: in tema di prova documentale il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell’art. 2719 c.c., impone che, pur senza vincoli di forma, la contestazione della conformità delle stesse all’originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo invece sufficienti né il ricorso a clausole di stile né generiche asserzioni (nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha escluso che il contribuente avesse disconosciuto in modo efficace la conformità delle copie agli originali, in quanto, con la memoria illustrativa, si era limitato a dedurre la mancata produzione degli originali delle relate di notifica e la non conformità a quanto espressamente richiesto con il ricorso) (Cass. 20/06/2019, n. 16557).
Con il terzo motivo di ricorso spiegato ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. la difesa del ricorrente lamenta che la sentenza impugnata avrebbe errato nell’accoglimento degli appelli incidentali nonostante vi fosse la prova de ll’inesistenza ed incompletezza della notifica delle cartelle impugnate, anche ai fini della legittimità della iscrizione di ipoteca.
3.1. Il motivo è inammissibile per come proposto ai sensi dei numeri 3 e 5 dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ. perché non attinge e non si confronta con la decisione che specificamente dà atto della interruzione emergente da due intimazioni allegat e agli atti. E’ irriferibile alla Corte un nuovo apprezzamento circa l’ efficacia interruttiva di un documento acquisito agli atti ed apprezzato dalla Corte di merito. Si consideri, in proposito, il costante orientamento di questa Corte: l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 2/08/2016, n. 16056).
3.2. Il motivo di ricorso, ove diretto a criticare la sentenza nella parte in cui afferma che la prescrizione era interrotta in ragione delle missive (che purtuttavia la sentenza specificamente richiama e indica tra gli allegati) doveva semmai essere fatto valere ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. In proposito assume rilievo il principio di diritto secondo il quale «in tema di ricorso per cassazione, mentre l’errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito – e
che investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa (o meno) del fatto che si intende provare – non è mai sindacabile nel giudizio di legittimità, l’errore di percezione, cadendo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti, è sindacabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per violazione dell’art. 115 del medesimo codice, il quale vieta di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti, ma in realtà mai offerte» (Cass. 4/03/2022, n. 7187). Anche sotto questo profilo, peraltro non allegato, il terzo motivo del ricorso rimane del tutto generico non contestando specificamente i passaggi della sentenza che in modo del tutto puntuale danno atto dei documenti di rilievo e della loro allegazione ai fascicoli delle controparti.
Con il quarto motivo di ricorso la parte ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. lesione del diritto di difesa per omesso accoglimento delle istanze istruttorie, in relazione ad una prova e/o principio di prova, tra cui l’ordine di esibizione degli originali dei ruoli, cartelle, avvisi di accertamento e di addebito nonché delle relate di notifica che sarebbero stati contestati.
4.1. Il motivo è inammissibile. Non è dedotta alcuna violazione di legge, non essendo contestata l’interpretazione o l’applicazione delle norme di rilievo, ma nemmeno l’ome sso esame di un fatto decisivo perché ciò che viene dedotto è il mancato accoglimento dell’istanza istruttoria diretta alla acquisizione degli originali delle scritture prodotte in giudizio (segnatamente, le relate di notifica delle cartelle). Poichè il disconoscimento opposto era generico e inefficace, come valutato dalla sentenza impugnata con motivazione esente da censure, la Corte di Appello del tutto coerentemente non ha
disposto l’ esibizione degli originali. Pertanto il motivo non coglie la ratio decidendi della sentenza criticata.
4.2. Si consideri, infine, che risalente ma mai contraddetto orientamento delle Sezioni Unite della Corte afferma che: il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ed è rilevante ai fini di cui all’art. 360, n. 4 stesso codice, si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto, e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. Sez. Un. 18/12/2001, n. 15982).
Con il quinto motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. violazione delle tabelle dei parametri forensi (allegate al dm. n. 55/2014) e omessa motivazione ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ. per avere la sentenza impugnata calcolato le spese legali in base a scaglione errato per somma abnorme e relativa alla parte di competenza della giurisdizione tributaria.
5.1. Il motivo è inammissibile. La sentenza indica gli scaglioni considerati ed in ragione dei quali è condotta la liquidazione delle spese e tanto in relazione alle somme richieste nelle cartelle da ciascuno degli enti impositori e, per il totale, dall’ente della riscossione. I l valore è indicato specificamente e il ricorrente si limita ad una generica doglianza ma non indica uno scaglione ovvero un criterio di conteggio alternativo. La parte ricorrente afferma, poi, che su alcune delle cartelle anche in questa ipotesi, non specificate – la giurisdizione sarebbe stata ascrivibile al giudice tributario e che il valore di esse non doveva essere considerato per la individuazione dello scaglione di rilievo ai fini della liquidazione; si tratta, però, di
questione nuova, mai sollevata dal medesimo ricorrente che ha impugnato la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, fin dal primo grado, in ordine a tutte le cartelle e i giudici di merito si sono pronunciati sull’intera domanda.
Il ricorso deve, per le ragioni esposte, essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida nei confronti dell’INAIL in euro 1.500,00 (millecinquecento) per compensi, euro 200,00 per esborsi e accessori come per legge, nei confronti dell’INPS in euro 7.500,00 (settemilacinq uecento) per compensi, euro 200,00 per esborsi e accessori come per legge, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione in euro 7.500,00 (settemilacinquecento) per compensi oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta