Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1118 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1118 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/01/2025
sul ricorso 5586/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE E DI PARTECIPAZIONI RAGIONE_SOCIALE, rappresentate e difese dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrenti – avverso l’ordinanza della CORTE DI APPELLO ROMA n. 4414/2019 depositata il 27/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Roma con sentenza 4419/2019 depositata il 27.6.2019 ha respinto il gravame di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione avverso la contraria decisione di primo grado che su istanza della RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE -che in veste di associate si erano legate alla RAGIONE_SOCIALE, associante, in forza di due contratti di associazione in partecipazione aventi ad oggetto la produzione e la commercializzazione di un film -aveva dichiarato la risoluzione di detto contratto per inadempimento dell’associante, ritenendo di non scarsa importanza che questo non si fosse attenuto agli obblighi negoziale di documentare i costi di produzione e di rendicontazione semestrale, e ne aveva perciò pronunciato la condanna in favore delle attrici alla restituzione degli apporti da ciascuna di esse effettuati maggiorato degli interessi di mora.
La Corte di appello si è data cura di ribattere i proposti motivi di gravame, osservando quanto al primo, con cui si era contestata la mancata ammissione dei mezzi di prova orale, che «la debitrice … avrebbe dovuto fornire la prova documentale dell’adempimento»; quanto al secondo, con cui si era contestata l’importanza dell’adempimento, che «la scarsa importanza è esclusa, nel caso di specie, della stessa volontà delle parti come manifestata nei contratti di associazione in partecipazione, ove vengono pacificamente definite “essenziali” tutte le condizioni pattuite e dunque anche la documentazione mensile dei costi di produzione e la predisposizione dei rendiconti semestrali relativi ai ricavi della sua commercializzazione; in coerenza con l’interesse delle associate alla partecipazione agli utili nella misura percentuale prevista dal contratto»; quanto al terzo, con cui si era contestata sempre la
medesima valutazione sotto il profilo del ritardo con cui le associate si erano attivate a tutela dei propri interessi, che « nei contratti non è previsto alcun termine per esercitare il diritto di recesso o per chiedere la risoluzione del contratto» e, dunque, in questo contesto le richieste delle due società, oltre ad escludere una tacita rinuncia alla risoluzione, dimostrano il loro interesse all’adempimento dell’associata.
Avverso detta sentenza per la sua cassazione ricorre ora la soccombente affidandosi a quattro motivi, illustrati da memoria e resistiti avversariamente con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo di ricorso -con cui si argomenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 1256 cod. civ. perché la Corte di appello, condividendo l’assunto decisorio sul punto deliberato dal primo, aveva al pari di questo ricusato di ammettere le prove orali, quantunque esse fossero dirette a provare che il rilevato inadempimento era incolpevole -è inammissibilità perché infirmato da un difetto di autosufficienza, posto che la ricorrente si è limitata ad esternare la doglianza, ma ha omesso di indicare quale fosse il contenuto delle istanze non accolte e la Corte non è perciò in grado di valutare, prima della decisività, la veridicità di tale allegazione.
E’ bene infatti ricordare al riguardo che secondo un intendimento comunemente corrente, a cui il collegio crede di dover rinnovare la propria adesione anche dopo a sentenza CEDU sul caso COGNOME onde poter delibare la fondatezza della sollevata doglianza, il ricorrente avrebbe dovuto ottemperare all’onere di autosufficienza del motivo, indicando specificamente le circostanze oggetto della prova, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse,
che, il giudice di legittimità deve essere in grado di compiere sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto e senza dover ricorrere al diretto esame degli atti ( ex plurimis , Cass., Sez. VI-III, 10/08/2017, n. 19985).
3. Il secondo motivo di ricorso -con cui si argomenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ. e degli artt. 1256 e 1362 cod. civ., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte di appello, condividendo l’assunto decisorio deliberato dal primo giudice circa l’importanza dell’inadempimento ascritto ad essa ricorrente, aveva anche escluso che questa avesse provato di aver ripetutamente sollecitato i propri distributori a dar conto dell’andamento del film, malgrado fossero state prodotte in giudizio le raccomandate inviate a questo scopo -è inammissibile per difetto di interesse, posto che l’affermazione censurata non si identifica con la ratio decidendi ed, anche se la intercettasse, non ne esaurirebbe tutti i suoi profili.
Va, infatti, osservato che per il tenore con cui è formulata, nonché, segnatamente, per il fatto che nella geografia espositiva della decisione essa ha una collocazione periferica, l’affermazione di che trattasi è fatta chiaramente ad abundantiam ed ha solo una funzione rafforzativa del reale nucleo portante della decisione, che ne identifica propriamente la ratio decidendi e che si compendia nelle affermazioni rese a riscontro dell’adesione alla tesi enunciata dal primo giudice in punto di non scarsa importanza dell’inadempimento su cui si è già riferito in narrativa. E’ poi vero, che come riferisce la stessa ricorrente, l’affermazione di che trattasi si compone non solo del pensiero manifestato con riguardo al rilevato deficit probatorio, ma anche dell’ulteriore corollario evidenziante in senso negativo il fatto che ogni informazione avrebbe dovuto essere resa per iscritto, affermazione questa che è rimasta inaggredita.
E, dunque, tirando le fila, è appena il caso di ricordare, da un lato, che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam , in quanto la stessa, non costituendo una ratio decidendi della decisione, non spiega alcuna influenza sul dispositivo della stessa e, pertanto, essendo improduttiva di effetti giuridici, la sua impugnazione è priva di interesse ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 8/06/2022, n. 18429); e dall’altro, che qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi rende inammissibili, per difetto di interesse, le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 27/07/2017, n. 18641).
Il terzo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1454 e 1455 cod. civ. perché la Corte di appello, condividendo l’assunto decisorio deliberato dal primo giudice circa l’importanza dell’inadempimento ascritto ad essa ricorrente, aveva a questo fine sottolineato l’essenzialità delle condizioni negoziali pattuite tra le parti, quantunque la relativa clausola dovesse intendersi di mero stile -è inammissibile essendo palesemente versato in fatto.
Vale anche al riguardo ricordare che, secondo quel che si insegna abitualmente, la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 cod. civ., costituisce questione di fatto, la cui
valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito (Cass., Sez. VI-II, 22/06/2020, n. 12182).
5. Il quarto motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2553 cod. civ. perché la Corte di appello, confermando il deliberato di prima istanza, era pervenuta a negare la partecipazione delle associate alle perdite derivate dalla commercializzazione dei film oggetto dell’affare -è inammissibili per novità della questione, astenendosi segnatamente la ricorrente, nel silenzio in proposito della sentenza impugnata, dall’indicare dove detta questione abbia già formato oggetto di trattazione.
Va, infatti, ricordato, che, secondo consueto dettame di questa Corte, nel giudizio avanti ad essa non sono prospettabili, per la prima volta questioni che non appartengono al tema del decidere dei precedenti gradi del giudizio di merito ( ex plurimis Cass., Sez. I, 25/10/2017 n. 25319), in quanto il giudizio di cassazione può avere per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte ( ex plurimis Cass., Sez. I, 26/03/2012, n. 4787); e dunque anche a tacere dal vulnus che cosi si consuma anche in punto di autosufficienza (Cass., Sez. I, 18/10/2013, n. 23675), è precluso alla Corte estendere la propria cognizione a questioni non trattate nei gradi di merito.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in euro 6200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il