Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34843 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 34843 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19759/2023 R.G. proposto da :
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOMETARGA_VEICOLO per procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
MINISTERO INTERNO e PREFETTURA DI AGRIGENTO,
-intimati- avverso l’ORDINANZA del GIUDICE DI PACE AGRIGENTO n. 2404/2023 depositata il 19/09/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il Giudice di Pace di Agrigento, con il provvedimento in epigrafe indicato del 12.09.2023 , ha rigettato l’opposizione proposta da NOME, cittadina nigeriana, avverso il decreto di espulsione prot. n. 61/2023 emesso dal Prefetto di Agrigento in data 16.07.2023.
2.Avverso il suddetto provvedimento, NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un motivo. La Prefettura di Agrigento e il Ministero dell’Interno si sono costituiti tardivamente al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
A seguito della proposta di definizione del giudizio, formulata da questa Corte ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e ritualmente comunicata alle parti, la parte ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
4. Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. è del seguente tenore: « il Giudice di Pace di Agrigento, con ordinanza del 12/09/2023, ha rigettato il ricorso proposto da NOME, cittadina nigeriana, avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dall’Ufficio territoriale del governo di Agrigento in data 16/07/2023 e avverso l’ordinanza di lasciare il territorio dello stato emessa dalla questura di Agrigento in data 16/07/2023; – avverso tale ordinanza NOME ha proposto ricorso per cassazione con un motivo di ricorso, lamentando la nullità del provvedimento impugnato per omessa mancanza di motivazione, motivazione apparente, illogicità manifesta e travisamento del fatto, per avere il Giudice di pace confermato il decreto di espulsione senza fornire alcun tipo di motivazione, riferendosi a presupposti del tutto insussistenti e comunque, non riconducibili alla ricorrente, non avendo preso in considerazione che la ricorrente aveva già richiesto la protezione al
momento del suo ingresso, che le era stata riconosciuta, e che negli anni si trasformava in un permesso di soggiorno rimasto valido e efficace fino a una data (maggio 2019) successiva al suo arresto (avvenuto nel febbraio 2019)); Ritenuto che: – il ricorso è inammissibile in quanto ripropone, sostanzialmente, le censure già rivolte al decreto di espulsione in sede di opposizione innanzi al Giudice di Pace; – la censura, infatti, sollecita una rinnovazione del sindacato di merito, inammissibile in questa sede, in quanto riguarda circostanze fattuali già valutate adeguatamente dal giudice di merito, che ha ritenuto di confermare il provvedimento di espulsione emesso dalla competente autorità -inoltre, la ricorrente deduce un vizio motivazionale non più sanzionabile alla stregua del vigente dettato dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. che, riducendo al minimo costituzionale il controllo di legittimità sulla motivazione, ha espunto dal catalogo dei vizi cassatori il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione argomentato dal motivo e non vi è, notoriamente, un obbligo per il decidente di prendere posizione con riguardo a tutte le deduzioni declinate dalla parte che, ove il provvedimento in punto di motivazione soddisfi il minimo costituzionale richiesto; -la motivazione poi è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, ‘solo quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture’ (Cass.SU 22232/2016); – nella specie il giudice ha motivato e specificato i presupposti sulla base dei quali è stata applicata la misura espulsiva (per irregolare presenza sul territorio nazionale), aggiungendo (fatto questo contestato dalla ricorrente per essere del tutto estraneo alla vicenda personale) ‘che non è provato che la
ricorrente ha presentato istanza diretta ad ottenere lo status di protezione internazionale, né è presente alcun biglietto di invio a presentarsi presso alcuna Questura del territorio italiano al fine di regolarizzare la relativa richiesta’; – pertanto, il giudice di pace ha ritenuto di confermare il provvedimento di espulsione emesso nei confronti della ricorrente perché priva, a quel momento, di un valido permesso di soggiorno e la ricorrente non nega tale situazione, limitandosi a dedurre che, scaduto il permesso di soggiorno (non rinnovato a causa della detenzione carceraria), ella, scontata la pena detentiva (quattro anni), aveva iniziato nuova attività di lavoro autonomo come badante, era ospitata da un’amica e sarebbe nelle condizioni ‘per ottenere nuovamente il permesso di soggiorno’ ».
Ritiene il Collegio di condividere il contenuto della proposta ex art. 380-bis c.p.c..
La ricorrente, che non ha indicato le ragioni della propria richiesta di decisione, né ha depositato memoria illustrativa, denuncia la nullità del provvedimento impugnato per ‘assoluta mancanza di motivazione, motivazione apparente, illogicità manifesta e travisamento del fatto’, ma in realtà le censure, peraltro mancanti dell’indicazione delle norme di legge asseritamente violate e dell’individuazione specifica della tipologia dei vizi denunciati, è impropriamente diretta a sollecitare una rivalutazione dei fatti. La motivazione del provvedimento impugnato è idonea e raggiunge il ‘minimo costituzionale’. Per contro le doglianze non si risolvono in una critica compiuta e pertinente al decisum e si sostanziano in una generica ricostruzione di fatti successivi alla cessazione dello stato detentivo della ricorrente, in relazione ai quali neppure si precisa quando, come e dove siano stati dimostrati nel giudizio di merito.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Nulla per le spese, in conseguenza del mancato svolgimento di rituale attività difensiva delle parti intimate nel presente giudizio di legittimità.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis c.p.c. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c.; non potendo operare il terzo comma, in difetto di costituzione della parte intimata e di pronuncia sulle spese, va disposta la condanna della parte ricorrente al pagamento di una somma -nei limiti di legge- in favore della cassa delle ammende , ai sensi del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. e stante la colpa grave del ricorrente, consistita nell’avere chiesto, ai sensi dell’ultimo comma dell’art.380 bis c.p.c., a fronte di proposta di definizione accelerata di inammissibilità, la decisione del ricorso senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza o dell’inammissibilità della propria iniziativa processuale (Cass. Sez. Un. N. 32001/2022).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., al pagamento della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione