Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26766 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26766 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16243/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che l a rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di CUNEO n. 1044/2021 depositata il 14/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione dell’8.03.2017, notificato il 13.03.2017, la società RAGIONE_SOCIALE evocava in giudizio la RAGIONE_SOCIALE davanti al Giudice di Pace di Cuneo al fine di ottenere il pagamento ‘di tutte le somme dovute per la riparazione della autovettura Alfa Romeo in conseguenza dell’incidente per come quantificati in narrativa’ oltre interessi moratori, fermo tecnico e tutte le spese accessorie.
La ricorrente, cessionaria del credito, deduceva che in data 19.03.2016, in Borgo San Dalmazzo (INDIRIZZO, la vettura Alfa Romeo 147 di proprietà di COGNOME NOME -cedente -, assicurata per la RAGIONE_SOCIALE, era stata tamponata dal veicolo Hyundai condotto da NOME NOME, assicurato presso la RAGIONE_SOCIALE, e che a seguito di tale evento aveva riportato danni al paraurti, al portellone ed la rottura del lunotto posteriore, quantificati in € 2.900,00 come da fattura.
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE senza contestare il verificarsi del sinistro, ma sindacando il quantum debeatur in quanto i documenti a dimostrazione del danno sarebbero stati realizzati dalla stessa parte attrice. In particolare, secondo la RAGIONE_SOCIALE, a seguito del sinistro la vettura Alfa Romeo 147 aveva subito solo il danneggiamento del paraurti posteriore e del rivestimento per un danno pari ad € 793,55, mentre i danni al portellone ed al lunotto della vettura non sarebbero stati riconducibili al tamponamento.
Concludeva dando atto del pagamento in favore di parte attrice della somma di € 794,00 e richiedendo il rigetto della domanda proposta poiché infondata.
Con sentenza del 15.07.2020 il Giudice di pace condannava la RAGIONE_SOCIALE ‘al pagamento in favore dell’attrice dell’importo di euro € 3.197,93 oltre interessi di legge dal momento del fatto sino all’effettivo soddisfo sull’importo di euro 2.176,55, ed al pagamento delle spese di lite’ e poneva a carico della Compagnia le spese di consulenza tecnica.
Avverso tale decisione proponeva appello RAGIONE_SOCIALE sulla base di quattro motivi contestando la prova del quantum e, in particolare, il diritto al rimborso delle spese stragiudiziali.
Si costituiva NOME COGNOME contestando l’impugnazione.
Il Tribunale di Cuneo, con sentenza del 14.12.2021, accoglieva l’appello da RAGIONE_SOCIALE e per l’effetto, ‘riforma(va) integralmente la sentenza di primo grado n. 122/2020, R.G. n. 767/2017 pronunciata dal Giudice di pace di Cuneo e condanna(va) l’appellata a pagare in favore dell’appellante le spese processuali dei due gradi di giudizio’.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione NOME Car COGNOME affidandosi a dieci motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE. La ricorrente deposita memoria ex art. 380 bis-1 c.p.c. Le altre parti intimate non svolgono attività processuale in questa sede.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c. i^ comma n. 5 c.p.c. – nullità della sentenza -carenza di dispositivo in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
Si lamenta altresì la violazione dell’art. 112 c.p.c. – in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
Il Tribunale di Cuneo, dopo aver accolto i quattro motivi dell’appellante avrebbe redatto la parte dispositiva secondo la seguente lettera: ‘1) accoglie l’appello e, per l’effetto, riforma integralmente la sentenza di primo grado n.122/2020, R.G. 767/2017 pronunciata dal Giudice di pace di Cuneo’ per poi regolare
le spese di giustizia. Sotto tale profilo mancherebbe il dispositivo della sentenza.
Né potrebbe trovare applicazione il principio dell’integrazione del dispositivo con la motivazione che opera quando il dispositivo contenga una pronuncia, sia pure di contenuto precettivo indeterminato o incompleto, e non anche, come nella specie, quando manchi del tutto.
Il motivo è infondato.
Il Tribunale di Cuneo, dopo aver riportato le conclusioni dell’atto di citazione in appello, ha ritenuto soddisfatta la parte per avere ricevuto la somma riconosciuta dalla RAGIONE_SOCIALE NOME, ritenendola satisfattiva. Pertanto, ha accolto l’impugnazione e ha riformato integralmente la sentenza del Giudice di Pace; pertanto, ha rigettato la domanda proposta dall’odierna ricorrente.
La portata precettiva di una sentenza va individuata tenendo conto non solo del dispositivo, ma anche della motivazione, quando il primo, contenga comunque una decisione che, pur di contenuto incompleto e indeterminato, si presti ad essere integrata dalla seconda (Cass. 12 settembre 2022 n. 26802).
Nel caso di specie la chiara motivazione del Tribunale in ordine all’integrale soccombenza della appellata consente di integrare il dispositivo in termini di pronuncia di rigetto dell’originaria domanda. A prescindere da ciò la censura presenta profili di inammissibilità in quanto la questione dell’omessa pronuncia non è esplicitata, è dedotta in maniera generica ed in violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c. La ricorrente, che è parte appellata nel secondo grado di giudizio, deduce con il ricorso il vizio di omessa pronuncia senza trascrivere, nella loro integralità, i motivi di appello in ordine ai quali sussisterebbe la lamentata omissione da parte del giudice di secondo grado.
Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., I comma, n.4 c.p.c. oltre che motivazione perplessa e apparente, in relazione all’art. 360 n.4 c.p.c.
La generica motivazione del giudice dell’appello non potrebbe costituire un elemento integrativo della decisione idoneo a dare valenza di giudicato alla decretazione della riforma integrale della sentenza, in quanto gravemente incompleta.
Il motivo è inammissibile in quanto generico ed infondato perché il giudice di appello, nel corpo della sentenza, ha riportato i singoli motivi di appello avanzati da RAGIONE_SOCIALE e ne ha dichiarato la fondatezza con motivazione puntuale ed analitica.
Con il terzo motivo si deduce l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti. in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c. e con il quarto motivo si lamenta la violazione dell’art. 115 c.p.c. – in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.
Sotto un primo profilo il Tribunale avrebbe, infatti, omesso rilevare che RAGIONE_SOCIALE si è costituita in primo grado chiedendo il rigetto integrale della domanda, sul falso presupposto di aver effettuato il pagamento.
Inoltre, il Tribunale avrebbe omesso di esaminare la decisiva circostanza che la convenuta avrebbe espressamente riconosciuto il proprio obbligo indennitario, pur limitandolo all’importo di €.794,00.
Il motivo è inammissibile perché dedotto in violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c. con riferimento alle conclusioni formulate dalla RAGIONE_SOCIALE nella comparsa di risposta, che non sono trascritte nel motivo.
Quando il ricorso si fonda su documenti, il ricorrente ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).
“Indicarli in modo specifico” vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:
(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;
(b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;
(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (in tal senso, ex multis, Sez. 6-3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).
Principio ribadito da ultimo dalle Sezioni Unite secondo cui sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019, Rv. 656488 – 01).
Tale onere non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950, Rv. 664409 – 01)
Di questi tre oneri, la ricorrente non ne ha assolto nessuno.
Con il quinto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dello art. 2697 c.c, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. e con il sesto motivo l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti. in r elazione all’art. 360, n. 5 c.p.c.
Nel motivare sul secondo motivo d’appello il Tribunale ha osservato che la società RAGIONE_SOCIALE non avrebbe dimostrato, nemmeno su base presuntiva, di aver patito un pregiudizio patrimoniale.
La motivazione non terrebbe conto delle produzioni documentali di cui ai n.ri 5, 6, 7, 9, 10 e 11 da cui emergerebbe l’intercorsa corrispondenza da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con lo studio legale dell’AVV_NOTAIO avvenuta i n fase stragiudiziale per l’espletamento del tentativo di bonaria definizione della insorgenda lite.
Il motivo è inammissibile per quanto detto con riferimento alla precedente censura.
La ricorrente omette di riportare il contenuto dello scambio epistolare, né indica in modo analitico nell’apposito indice, i documenti, limitandosi a riportarne la numerazione.
Come già rilevato, quando il ricorso si fonda su documenti, il ricorrente ha l’onere di indicarli in modo specifico nel ricorso, a pena d’inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).
Con il settimo motivo si deduce la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c. e con l’ottavo motivo la violazione dell’art.112 c.p.c. pronuncia extrapetita – in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.
Con il terzo motivo d’appello la RAGIONE_SOCIALE aveva impugnato la condanna alle spese decretata dal primo giudice ritenendola illegittima e domandando di ‘… condannare la RAGIONE_SOCIALE Car RAGIONE_SOCIALE, ex art. 91 e 92 c.p.c., al rimborso delle spese e dagli onorari maturati successivamente alla prima udienza del 19.06.2017, con integrale compensazione delle spese relative alla fase iniziale della causa…’.
Il giudice dell’appello al contrario avrebbe affermato che ‘… nel giudizio di primo grado NOME COGNOME non ha assolto all’onere probatorio su di essa incombente ai sensi di quanto disposto al
riguardo dall’art. 2697 c.c. ed è pertanto da considerarsi soccombente…’.
Il motivo è infondato.
Come rilevato con riferimento al primo motivo il Tribunale ha ritenuto la parte soddisfatta per avere la stessa ricevuto la somma offerta dalla RAGIONE_SOCIALE e da ciò consegue il rigetto delle ulteriori pretese.
Per cui il Tribunale ha doverosamente pronunciato d’ufficio sulle spese sulla base del principio della soccombenza ritenendo interamente soccombente la parte appellata.
In sostanza, il Tribunale ha ritenuto NOME soccombente sulla base delle risultanze della CTU del giudizio di primo grado, che ha ritenuto i danni compatibili con il sinistro del 16.03.2016 nella somma di € 793,55, rilevando che NOME ha co ntinuato a richiedere, anche dopo la CTU, un risarcimento dei danni pari a complessivi € 3.448,04, dei quali € 2.900,00 in sorte capitale.
Il Tribunale ha fatto applicazione del principio di soccombenza contenuto nell’articolo 91 c.p.c., e la pronuncia discende dall’esito finale del processo, valutato complessivamente.
Con il nono motivo si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’inammissibilità dell’appello, in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.
In particolare, trattando il quarto motivo di impugnazione il Tribunale di Cuneo sostiene che ‘… parte appellante ha censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha posto a suo carico le spese di c.t.u. e dei CC.TT.PP.’.
In realtà il Giudice di pace non avrebbe deciso con sentenza sulla regolazione delle spese di c.t.u. in quanto queste ultime sarebbero state liquidate con separato decreto, mentre per quanto riguarda le spese di c.t.p. ne ha disposto la compensazione.
Secondo parte ricorrente, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto impugnare il decreto di liquidazione delle spese e non la sentenza sul punto.
Il motivo è inammissibile, perché dedotto in violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c. per quanto già detto in precedenza, atteso che la ricorrente ha omesso di trascrivere, sia la parte dell’atto di citazione in appello della RAGIONE_SOCIALE oggetto di contestazione, sia il decreto di liquidazione CTU del 14.07.2020.
Con il decimo motivo deduce la violazione dell’art. 112 cpc -illegittimo accoglimento della domanda restitutoria delle spese corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado – pronuncia extra petita in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.
Il Tribunale ha disposto la condanna dell’appellata a pagare ‘…tutte le spese corrisposte da parte appellante in favore di parte appellata in esecuzione della sentenza di primo grado…’.
Una siffatta statuizione sarebbe errata perché la richiesta restitutoria è stata formulata in sede di precisazione delle conclusioni, senza dimostrare né la data né la specificazione dell’esborso effettuato. Prove queste che non sarebbero state fornite dall’appellante.
Il motivo è infondato ed è dedotto in maniera generica senza documentare di avere contestato l’avvenuto pagamento da parte della RAGIONE_SOCIALE, la quale, al contrario, facendo corretta applicazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c. ha trascritto nel controricorso quan to avvenuto in udienza davanti al Tribunale.
‘LAVV_NOTAIO richiama tutto quanto dedotto nel proprio atto di appello e insiste per l’accoglimento delle conclusioni ivi formulate e precisa che nelle more la RAGIONE_SOCIALE ha corrisposto alla RAGIONE_SOCIALE la somma complessiva di euro 4.618,80 di cui 2278,38 per onorari; precisa che sono state anche pagate tutte le spese della CTU, il tutto in esecuzione della sentenza di primo grado, ivi compresa la tassa di registrazione della sentenza di ammontare pari a 201 euro; chiede pertanto il rimborso di tutte le somme corrisposte da RAGIONE_SOCIALE in favore di NOME COGNOME; l’AVV_NOTAIO si richiama ai propri atti e chiede il rigetto dell’appello’.
Pertanto, RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato di aver provveduto al versamento della somma complessiva di € 4.618,80 in favore della ricorrente, in esecuzione della sentenza di primo grado, e la circostanza non è stata contestata.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in favore del controricorrente in € 1.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, oltre esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione in data 2 luglio 2025
Il Presidente
NOME COGNOME