Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 33062 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 33062 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27367/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME
– intimato –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 1091/2020 depositata il 13/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Agrigento rigettava la domanda proposta da COGNOME NOME nei confronti di COGNOME NOME NOME e di COGNOME NOME affinché, accertato l ‘ inadempimento delle obbligazioni assunte con il preliminare di compravendita sottoscritto da COGNOME NOME, anche in nome del fratello NOME NOME, avente ad oggetto l ‘ immobile sito in CastelterminiINDIRIZZO INDIRIZZO i convenuti fossero condannati alla restituzione del doppio della caparr a versata e della somma di € 61.000,00 corrisposta a titolo di acconto sul prezzo, oltre al risarcimento dei danni subiti.
COGNOME NOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
COGNOME NOME si costituiva nel giudizio di secondo grado e chiedeva il rigetto del gravame.
La Corte d’Appello di Palermo rigettava l’impugnazione.
Preliminarmente la Corte territoriale rilevava che l’atto di appello non era stato regolarmente notificato nei confronti di COGNOME NOME, contumace in primo grado, con la conseguenza che avrebbe dovuto disporsi, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., l’integrazione del contraddittorio nei confronti del predetto, litisconsorte necessario.
Senonché, palesandosi l’appello infondato, appariva superflua la fissazione di un termine per la rinnovazione della notificazione,
atteso che, come ribadito dalla Corte di cassazione, la concessione di esso si sarebbe tradotta oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell ‘ effettività dei diritti processuali delle parti, in contrasto col principio fondamentale della ragionevole durata del processo.
Ciò premesso la Corte evidenziava che il Tribunale, con una valutazione condivisibile, aveva ritenuto sufficienti i documenti versati in atti e non necessaria ulteriore istruttoria implicitamente disattendendo la richiesta di prova orale.
Peraltro, gravava sull ‘ appellante l ‘ onere di riproporre le istanze istruttorie all ‘ udienza di precisazione delle conclusioni. Infatti, la parte che si è vista rigettare dal giudice le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle, in modo specifico, al momento della precisazione delle conclusioni, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, dovendosi diversamente le stesse ritenersi abbandonate e non riproponibili in sede di impugnazione.
Tale onere non era stato assolto dal COGNOME negli anzidetti termini (peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dall ‘ appellante, le istanze istruttorie non erano state neppure espressamente reiterate più volte in corso di causa e neppure in comparsa conclusionale), con la conseguenza che le ripetute istanze dovevano ritenersi rinunciate.
Con il secondo motivo l’appellante lamentava che il Tribunale non avesse considerato la domanda restitutoria svolta con l ‘ atto di citazione sotto il profilo dell ‘ indebito oggettivo (art.2033 c.c.)
La Corte d’Appello riteneva i l motivo inammissibile ex art 345 c.p.c. posto che con lo stesso si introduceva una questione nuova, dedotta per la prima volta in sede di gravame e solo in conseguenza di quanto osservato nella sentenza appellata, lì dove – rigettata la domanda tesa a far valere la responsabilità per inadempimento del contratto preliminare sul presupposto che la promessa di vendita del 4.4.2006 stipulata da COGNOME Giuseppe anche in veste di rappresentante di NOME NOME, fosse priva di effetti, in mancanza di valida procura a vendere – faceva riferimento alla disciplina dell ‘ indebito oggettivo, rettamente evidenziando l ‘ inapplicabilità alla specie, in assenza di domanda della parte interessata.
Delimitato il thema decidendum ai motivi sopra esaminati, poichè le statuizioni del giudice d’appello non potevano estendersi, senza violare il principio del tantum devolutum quantum appellatum, a questioni non investite, neppure implicitamente, da alcuna censura, l’impugnazione andava integralmente rigettata.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
Catalano NOME ha resistito con controricorso
Parte ricorrente, con memoria depositata in prossimità dell’udienza , ha insistito nella richiesta di accoglimento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’articolo 331 c.p.c. anche in relazione ai principi ed alle norme sulla ragionevole durata del processo; violazione dell’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5.
L’atto di appello è stato irritualmente notificato a COGNOME Giuseppe sicché la Corte territoriale di Palermo avrebbe dovuto, ai sensi e per gli effetti dell ‘ art. 331 c.p.c., ordinarne la citazione fissando il termine per la notificazione e la udienza di comparizione in quanto egli COGNOME NOME ha sottoscritto il contratto preliminare di compravendita oggetto del giudizio ed ha incassato la intera somma pattuita e, quindi, deve corrispondere i danni subiti da COGNOME NOME e restituire a quest’ultimo le somme versate per le spese del processo.
La Corte di Appello di Palermo non solo ha impedito a COGNOME NOME di ottenere la restituzione del proprio danaro e, contestualmente, ha consentito un illecito arricchimento di COGNOME NOME (nonché del fratello NOME NOME NOME) ma ha, possibilmente, consentito una truffa a danno di COGNOME NOME ed indirettamente, di fatto, la violazione dei precetti che guidano la ragionevole durata dei processi.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c, 2907 c. c., 99 e 112 c.p.c.; motivazione illogica, carente, contraddittoria e con travisamento dei fatti.
Nel corpo dell’atto di impugnazione l ‘ istanza di ammissione dei mezzi istruttori era articolata, motivata e precisa, e il ricorrente invoca il precetto costituzionale secondo cui il diritto alla difesa trova la sua concreta finalizzazione nel diritto delle parti di impiegare tutte le prove di cui possono disporre per la dimostrazione della verità dei fatti sui quali fondano le proprie pretese in giudizio, principio che sarebbe stato violato nel caso di specie.
La domanda di COGNOME NOME sulla scorta dei documenti acquisiti al processo è da ritenersi provata: i Catalano hanno venduto un immobile non negoziabile poiché sottoposto a pignoramento e, poi, venduto ad asta pubblica.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 345, 115 e 116 c.p.c.; motivazione erronea, illegittima, travisata.
Sin dall’atto di citazione del giudizio di primo grado il Mingoia ha dedotto la nullità del c.d. “atto di vendita” che non poteva realizzare alcuna compravendita immobiliare poiché l’immobile era da tempo sottoposto a pignoramento immobiliare con procedura d’asta, già programmata e, pertanto, egli agiva non per chiedere l’impossibile trasferimento del bene ma per ottenere la restituzione del prezzo versato con i danni subiti, la caparra, gli interessi e la rivalutazione con azione anche nei confronti di NOME NOME, non tanto quale conseguenza della scrittura privata di vendita, ma per avere incassato le somme portate dagli assegni del Mingoia a mezzo della moglie di esso NOME NOME, signora COGNOME.
3.1 Il ricorso è inammissibile.
In primo luogo, deve rilevarsi che il ricorso non contiene un’adeguata esposizione dei fatti di causa e in particolare di quanto accaduto in primo grado.
Il ricorrente, dopo aver dato atto del contenuto della sua domanda a pag. 8 del ricorso, interrompe bruscamente la narrazione dei fatti sostanziali e processuali e passa all’illustrazione dei motivi. Manca del tutto una sia pur sintetica indicazione dello svolgimento del processo di primo grado e delle ragioni del rigetto
della domanda del ricorrente. Peraltro, anche nell’esposizione dei motivi tale insormontabile lacuna non viene colmata, il che rende le censure inammissibili.
Tale omissione, infatti, rende insuscettibili di sindacato le censure proposte in quanto la sentenza della Corte d’Appello impugnata fa riferimento a quella di primo grado senza riportarne il contenuto, dato per presupposto, e ciò sia in relazione alle deduzioni istruttorie sia in relazione all’inammissibilità per novità della questione del motivo di appello ex art. 345 c.p.c..
Deve farsi applicazione del seguente principio di diritto: Il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. – secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa – non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, bensì a consentire alla S.C. di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde , gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti; per soddisfare tale requisito occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l’indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata (Sez. 3, Ordinanza n. 1352 del 12/01/2024, Rv. 669797 – 01).
La Corte d’Appello, infatti ,ha evidenziato che il Tribunale, con una valutazione condivisibile, aveva ritenuto sufficienti i documenti versati in atti e non necessaria ulteriore istruttoria, implicitamente disattendendo la richiesta di prova orale e che gravava sull ‘ appellante l ‘ onere di riproporre le istanze istruttorie all ‘ udienza di precisazione delle conclusioni. Secondo il giudice del gravame, la parte che si è vista rigettare dal giudice le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle, in modo specifico, quando precisa le conclusioni, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, le stesse devono ritenersi abbandonate e non potranno essere riproposte in sede di impugnazione. Tale onere non era stato assolto dal COGNOME negli anzidetti termini con la conseguenza che le ripetute istanze dovevano ritenersi rinunciate.
Sul punto, la censura posta con il secondo motivo presenta un ulteriore profilo di inammissibilità perché non coglie la ratio decidendi della sentenza, fondando il motivo sull’erroneità del rigetto delle istanze istruttorie formulate in appello.
Come si è detto, sono inammissibili anche le censure proposte con il primo e il terzo motivo non potendosi compiere un sindacato sulla decisione della Corte d’Appello in mancanza di ogni riferimento alla sentenza di primo grado, soprattutto nella parte in cui si fa riferimento alla novità della questione sollevata e alla ragione più liquida in relazione alla non necessità di notificare l’appello a l Catalano.
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
6. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte controricorrente, che liquida in euro 4100, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione