Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6637 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6637 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14213/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), pec: EMAIL;
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente
COGNOME NOME;
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 54/2020 depositata il 16/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME e NOME COGNOME, in proprio e quali eredi di NOME COGNOME, convenivano dinanzi al Tribunale di Brindisi AVV_NOTAIO, per chiederne la condanna al pagamento della somma di euro 31.780,91.
Adducevano a tal fine di aver estinto il debito di euro 127.123,65 della società RAGIONE_SOCIALE, verso la Banca di Credito Cooperativo di San Marzano di San NOME, che avevano garantito con due fideiussioni insieme con il convenuto, e di avere diritto al regresso pro quota nei confronti di quest’ultimo .
NOME COGNOME, costituitosi, chiedeva il rigetto della domanda, sostenendo che con la banca creditrice era intervenuta una transazione, per effetto della quale aveva pagato l’importo di euro 20.000,00 ed era stato liberato dalla posizione debitoria originata dal decreto ingiuntivo n. 154/2008.
G li attori eccepivano l’inopponibilità di detta transazione nei loro confronti, perché l’oggetto della stessa era il credito azionato dalla banca con il decreto ingiuntivo n. 154/2008 e non già il loro credito nei confronti del convenuto derivante dall’art. 1954 cod.civ.
E sigevano, dunque, da NOME COGNOME l’importo di euro 16.780,91, avendo versato alla banca la somma di euro 127.123,65, cui doveva aggiungersi quello di euro 20.000,00 corrisposta sempre alla banca da NOME COGNOME; in altri termini, sostenevano che la banca aveva ricevuto complessivamente l’importo di euro 147.123,65, la quota di ciascun
co-fideiussore era di euro 36.780,91, perciò NOME COGNOME risultava loro debitore della somma di euro 16.780, 91 (euro 36.780,91-euro 20.000,00).
Il Tribunale di Brindisi, con la sentenza n. 1516/16, condannava NOME COGNOME al pagamento a favore degli attori della somma di euro 16.780,91, al netto degli interessi, oltre alle spese di lite.
L a Corte d’Appello di Lecce, investita dell’impugnazione da NOME COGNOME, con la sentenza n. 54/2020, depositata il 16/01/2020, ha accolto integralmente l’appello ed ha riformato la sentenza di prime cure, rigettando la domanda di NOME e di NOME COGNOME;.
L a Corte d’appello ha ritenuto che la transazione parziale di NOME COGNOME avesse ridotto l’intero debito solidale per l’importo corrispondente alla somma transatta, con conseguente scioglimento del vincolo solidale del solvens , e che, essendo la transazione novativa inefficace nei confronti dei condebitori che non vi avevano partecipato e che non avevano dichiarato di volerne profittare, il debito verso la banca dei co-fideiussori non partecipanti si era ridotto non solo di euro 20.000,00 (la somma effettivamente corrisposta), ma della quota ideale che avrebbe dovuto pagare NOME COGNOME.
NOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione di detta sentenza, formulano un solo motivo.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
L a trattazione della causa è fissata ai sensi dell’art. 380 bis 1 cod.proc.civ.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) I ricorrenti denunciano la sussistenza di un vizio di motivazione, ex art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ., e si dolgono della
violazione e falsa applicazione degli artt. 1954 e 1304 cod.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
I n particolare, si dolgono che la Corte d’appello non abbia esaminato l’atto transattivo intercorso tra NOME COGNOME e la banca e la ‘nota ricognitiva a firma del AVV_NOTAIO COGNOME e che quindi non abbia considerato che la transazione con NOME COGNOME era successiva (3 giugno 2013) al pagamento da loro effettuato nei confronti della banca (13 febbraio 2013), cioè era intervenuta allorquando la somma percepita dalla creditrice non poteva essere ridotta per effetto del versamento effettuato da NOME COGNOME.
Né il giudice a quo avrebbe considerato che l’esposizione debitoria della società garantita era maggiore di quella oggetto del decreto ingiuntivo n. 154/2008 che era stata oggetto della transazione come eccepito sia nel corso del giudizio di primo grado sia in appello – e tantomeno che la banca non aveva liberato NOME COGNOME dall’obbligazione fideiussoria e che l’art. 6 della transazione faceva riferimento solo al decreto ingiuntivo n. 154/2008.
La conclusione dei ricorrenti è che la sentenza sia stata pronunciata sulla scorta di un presupposto errato, rappresentato dal fatto che la transazione sulla scorta della quale NOME COGNOME aveva effettuato il pagamento a favore della banca fosse anteriore al pagamento da loro effettuato.
In aggiunta, sarebbero stati erroneamente interpretati ed applicati gli artt. 1954 e 1304 cod.civ., perché la Corte territoriale non avrebbe correttamente colto -e di conseguenza lo avrebbe altrettanto non correttamente applicato – il principio di diritto enunciato da Cass., Sez. Un., n. 30174/2011 che espressamente riconosce la possibilità di una successiva azione di regresso nei rapporti interni in caso di transazione parziaria, perché il parziale pagamento del debito solidale non preclude al condebitore solvente di esercitare il diritto di regresso ex art. 1299 cod.civ. nei confronti
degli altri condebitori, ove la somma pagata ecceda la sua quota nei rapporti interni e nei limiti di tale eccedenza, giacché la ripartizione della somma cumulativamente azionata attiene ai rapporti interni tra condebitori e assume al riguardo rilievo il depauperamento oltre il dovuto del patrimonio del solvens ed il corrispondente indebito arricchimento dei condebitori (Cass. n. 3404/2018); ciò perché: a) il condebitore che ha pagato l’intero ha un diritto suscettibile di essere considerato sia come diritto di surroga, ex art. 1203, n. 3 e art. 1204 cod.civ., sia come diritto di regresso, ai sensi dell’art. 1954 cod.civ., trattandosi di diritti tra i quali non sussiste un rapporto di alternatività o incompatibilità, in quanto chi agisce in regresso fa valere anche il diritto di surrogazione legale, sia pure nei limiti della parte di obbligazione che non deve restare esclusivamente a suo carico (Cass. n. 18782/2017); b) nella quietanza di pagamento della somma determinata in via transattiva non era contenuto alcun riferimento alla quota di responsabilità di ogni singolo co-fideiussore (Cass. n. 26113/2016).
1.1) Lo scrutinio del ricorso non può che prendere le mosse dal fatto che le argomentazioni confutative dei ricorrenti sarebbero astrattamente fondate qualora fossero provati gli assunti da cui muovono e precisamente: a) il fatto che la transazione fosse intervenuta dopo il pagamento del debito garantito (il che, in verità, avrebbe reso nulla la transazione, per impossibilità dell’oggetto); b) il fatto che la transazione si riferisse al credito vantato dalla banca nei confronti di NOME COGNOME oggetto del decreto ingiunto n. 154/ e non la co-fideiussione prestata da NOME COGNOME.
Detti assunti fattuali sono affermati in maniera del tutto assertiva, in palese violazione dell’art. 366, 1° comma, n. 6 cod.proc.civ., atteso che questa Corte non è stata messa nella condizione di comprendere il rapporto (o l’inesistenza di un rapporto) tra ‘la
procedura esecutiva promossa in loro danno dalla Banca creditrice e garantita dalla fideiussione’ (p. 6 del ricorso) e ‘la notifica di citazione della Banca di Credito Cooperativo di San Marzano di San NOME con cui veniva spiegata azione di simulazione e di revocazione di un atto di compravendita immobiliare intervenuto tra il COGNOME NOME e la nipote COGNOME NOME del 09.06.2008, che egli aveva transatto, con il versamento della somma di € 20.000,00, la controversia con il predetto istituto di credito che liberava il medesimo da qualsivoglia posizione debitoria originata dal decreto 154/2008 D.I. Tribunale di Taranto sez. dist. Di Grottaglie’ (pp. 2 -3 del ricorso).
I ricorrenti fanno riferimento alla transazione ed alla nota ricognitiva a firma del AVV_NOTAIO COGNOME, limitandosi ad affermare che era stata prodotta dal ricorrente ed era stata allegata al fascicolo di primo grado, ma ciò non basta a ritenere soddisfatte le prescrizioni di cui all’art. 366, 1° comma, n. 6 cod.proc.civ. (cfr. infra ); neppure è sufficiente allo scopo di dimostrare l’anteriorità della transazione l’affermazione secondo cui emergerebbe per tabulas che la transazione era successiva all’estinzione del debito verso la banca (p. 6 del ricorso).
Anche declinato secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021, Succi e altri c/ Italia, la quale ha ribadito, in sintesi, che il fine legittimo, in linea generale ed astratta, del principio di autosufficienza del ricorso codificato dall’art. 366, 1° comma, cod.proc.civ., è la semplificazione dell’attività del giudice di legittimità unitamente alla garanzia della certezza del diritto e alla corretta amministrazione della giustizia, (ai p.ti 74 e 75 in motivazione), ed ha investito questa Corte del compito di non farne una interpretazione troppo formale che limiti il diritto di accesso ad un organo giudiziario (al p.to 81 in motivazione), esso (il principio di autosufficienza) può dirsi soddisfatto solo se la parte riproduce il contenuto del documento o degli atti processuali su cui si fonda il
ricorso -per la parte di interesse – e se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950, la quale ha ritenuto soddisfatte le prescrizioni di cui all’art. 366 comma 1°, n. 6 cod.proc.civ., perché parte ricorrente nell’enucleare i motivi di ricorso, aveva ‘fatto specifico riferimento ai diversi atti e documenti allegati nel giudizio innanzi al Tsap, individuandoli in modo sufficientemente chiaro e nei termini in cui già erano stati richiamati nella sentenza di merito, nonché riportandone alcuni estratti’): requisito che può essere concretamente soddisfatto ‘anche’ fornendo nel ricorso, in ottemperanza dell’art. 369, comma 2°, n. 4 cod.proc.civ., i riferimenti idonei ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati rispettivamente, i documenti e gli atti processuali su cui il ricorso si fonda’ (Cass. 19/04/2022, n. 12481).
Il motivo è, dunque, inammissibile per violazione dell’art. 366, 1° comma, cod.proc.civ., anche senza considerare che non ricorrono nel caso di specie i presupposti per invocare la violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ. (ciò che sarebbe stato omesso è l’esame di elementi istruttori e non di fatti, neppure sono stati soddisfatti gli oneri di allegazione che sono posti a carico di chi denunci il vizio denunciato: cfr. Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054).
1.2) L ‘inammissibilità del primo ordine di censure rende inammissibile il motivo anche nella parte in cui adduce la sussistenza di un error in iudicando .
Per le ragioni appena illustrate, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore di quella controricorrente, liquidandole in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile