Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11039 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11039 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8736/2021 R.G. proposto da
NOMECOGNOME, COGNOME , domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , quale procuratrice di
Oggetto: Contratti bancari -Conto corrente -Fideiussione -Azione ripetizione indebito
R.G.N. 8736/2021
Ud. 03/04/2025 CC
FINO 2 RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che l a rappresenta e difende
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3151/2020 depositata il 16/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 03/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 3151/2020, pubblicata in data 16 settembre 2020, la Corte d’appello di Napoli, nella regolare costituzione di RAGIONE_SOCIALE e per essa di RAGIONE_SOCIALEha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Napoli N. 4960/2018, pubblicata in data 18 maggio 2018.
Gli odierni ricorrenti avevano evocato innanzi il Tribunale di Napoli RAGIONE_SOCIALE chiedendo che, in relazione ‘ai rapporti bancari con l’istituto di credito convenuto intrattenuti’ (così la decisione impugnata) dall’impresa individuale NOME COGNOME venisse in primo luogo accertata l’applicazione: di un tasso di interesse superiore al tasso soglia di legge; di anatocismo trimestrale; di interessi determinati mediante rinvio agli usi su piazza.
Avevano poi chiesto che, previa declaratoria della nullità anche solo parziale dei rapporti di conto corrente e di apertura di credito e anticipazione, venisse rideterminato l’esatto dare-avere in relazione a tutti i menzionati rapporti bancari e che la convenuta venisse condannata alla ripetizione delle somme pagate sulla base titoli nulli.
Ulteriormente, gli attori avevano chiesto di dichiarare la nullità delle fideiussioni rilasciate da NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, nonché delle polizze concesse in pegno alla convenuta e da quest’ultima escusse.
Costituitasi RAGIONE_SOCIALE per contestare la fondatezza delle avverse domande, il Tribunale di Napoli, dopo l’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, aveva solo parzialmente accolto la domanda di ripetizione dell’indebito, condannando la banca convenuta alla restituzione della somma di € 131.608,92, oltre interessi legali dalla domanda all’effettivo soddisfo.
3. Avevano proposto appello NOME COGNOME VINCENZA COGNOME, NOME COGNOME deducendo (così riferisce ancora la decisione impugnata): 1) la nullità della sentenza di primo grado, per omessa statuizione sia sull’eccezione di nullità delle polizze sia sulle deduzioni concernenti l’assenza di conclusione di un contratto di pegno; 2) la nullità della sentenza di primo grado per omessa pronuncia in merito alla domanda di accertamento e declaratoria di nullità del contratto di mutuo di € 350.000,00, conces so al solo fine di estinguere anticipatamente un altro mutuo chirografario, precedentemente concesso, con conseguente illiceità della relativa causa; 3) l’assenza di motivazione in ordine alla statuizione di integrale compensazione delle spese di lite assunte dal giudice di prime cure.
Nel giudizio di gravame si era costituita RAGIONE_SOCIALE e per essa RAGIONE_SOCIALEquale cessionaria dei crediti vantati originariamente da RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello di Napoli ha disatteso il gravame ritenendo che lo stesso presentasse ‘evidenti profili di inammissibilità ex art. 342 c.p.c.’ e fosse per il resto infondato, osservando:
-quanto al primo motivo di gravame, che gli appellanti avevano omesso: di specificare il contenuto delle clausole inserite nei negozi censurati; di specificare quale fosse stato il capitale investito e quello riscosso dalla banca; di indicare l’alea cui sarebbero stati esposti; di produrre le polizze in questione; di allegare le richieste scritte inviate alla banca;
-quanto al secondo motivo, che, poiché all’esito del giudizio di primo grado era comunque risultata una esposizione debitoria, era da escludersi la nullità del contratto di mutuo per assenza di causa;
-quanto al motivo sulla compensazione delle spese di lite, che quest’ultima era giustificata dalla parziale reciproca soccombenza tra le parti nel giudizio di primo grado.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorrono NOME COGNOME NOME COGNOME
Resiste con controricorso FINO 2 RAGIONE_SOCIALE e per essa la procuratrice RAGIONE_SOCIALE nuova denominazione di RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘nullità della sentenza per omessa/errata motivazione in ordine al primo motivo di appello “omessa pronuncia in merito alla domanda dl accertamento e declaratoria di nullità dei contratti di pegno di polizze presuntivamente concesse in garanzia” – omessa valutazione della produzione documentale depositata in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c.’ .
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘omessa verifica della legittimazione processuale attiva esame preliminare del giudice – carenza di legittimazione della Fino RAGIONE_SOCIALE Rilevabilità d’ufficio’ .
Si censura la decisione della Corte partenopea per aver omesso di verificare la legittimazione ad agire di RAGIONE_SOCIALE di cui si contesta la qualità di cessionaria dei crediti di RAGIONE_SOCIALE
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘nullità della sentenza per omessa motivazione in ordine al motivo di censura della sentenza di I grado inerente il governo sulle spese’ .
I ricorrenti, dopo aver rammentato di aver impugnato la decisione di prime cure anche nella parte in cui la stessa aveva disposto la compensazione delle spese di lite in quanto la statuizione non era motivata, censurano la decisione impugnata perché la stessa ‘piuttosto che pronunciarsi su tale motivo di impugnazione della sentenza, denunciando l’assenza di motivazione in ordine alla disposta compensazione, ha “giustificato” l’operato del Giudice di prime cure ritenendo che vi fosse una reciproca soccombenza tra le parti, e quindi sostituendosi a costui’ e deducono che tale motivazione sarebbe totalmente inesistente.
Questa Corte deve rilevare preliminarmente la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE la
quale è stata parte del giudizio di prime cure ed è comparsa nel giudizio di appello per dare atto della cessione del proprio credito ma non è mai stata estromessa dal giudizio.
Non si ritiene, tuttavia, di disporre l’integrazione del contraddittorio, potendo nella specie trovare applicazione il principio, più volte affermato da questa Corte, per cui il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, con la conseguenza che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti. (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 11287 del 10/05/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013).
I motivi di ricorso, infatti, sono, nel loro complesso, inammissibili.
3.1. Quanto al primo motivo, l’eterogen eo coacervo di deduzioni in cui si sostanzia vale ad evidenziare che il ricorso mira, in realtà, a conseguire un sindacato del merito della decisione, come ben palesato da un richiamo agli artt. 115 e 116 c.p.c. dietro il quale si manifesta una inammissibile sollecitazione a rinnovare una valutazione delle prove che è invece rimessa al giudice di merito (Cass. Sez. 5 Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 13918
del 03/05/2022; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Cass. Sez. 2 Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004).
Accanto a tale -di per sé assorbente -considerazione, si deve ulteriormente rilevare che la deduzione di ‘omessa/errata motivazione ‘ non tiene -evidentemente – conto della (ormai da tempo) modificata formulazione dell’art. 360, n. 5), c.p.c. e dell’orientamento da tempo assunto da questa Corte, secondo il quale la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54, D.L. n. 83/2012, (conv. con Legge n. 134/2012, n. 134), deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si sia tramutata in violazione di legge costituzionalmente rilevante, esaurendosi detta anomalia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, risultando invece esclusa sia qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022) sia la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti , implicante un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito.
L’esame del motivo permette di constatare agevolmente che quanto dedotto dai ricorrenti non rientra in alcun modo nel novero delle
carenze estreme poc’anzi elencate dovendosi anzi osservare che la decisione impugnata espone il proprio percorso argomentativo in modo sintetico ma comunque univoco, comprensibile ed immune da affermazioni reciprocamente inconciliabili -e che le deduzioni sono rivolte direttamente al merito della decisione, come ben evidenziato dalla lunga teoria di documenti inseriti in riproduzione di immagine nel corpo del ricorso, quasi che questa Corte potesse e dovesse valutare nel merito tali inserimenti , invece del tutto estranei all’ambito del giudizio di legittimità.
Si deve allora, ribadire il principio per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, dietro l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017), atteso che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
È solo per completezza -a questo punto -che si deve escludere la sussistenza del vizio di cui all’art. 112 c.p.c. -per il cui configurarsi non è sufficiente l ‘assenza di un’espressa statuizione del giudice, essendo invece necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 2151 del 29/01/2021; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15255 del 04/06/2019; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 20718 del
13/08/2018) -avendo la Corte territoriale invece statuito sul complesso delle questioni ad essa rimesse e dovendosi rammentare che il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito.
3.2. Quanto al secondo motivo, si deve rilevare che -come anche eccepito dalla controricorrente – il profilo con esso dedotto non risulta essere stato in alcun modo affrontato nella decisione impugnata, né parte ricorrente ha dedotto di averlo sollevato nei precedenti gradi di giudizio, individuando, in ossequio all’art. 366 c.p.c., l’atto o gli atti nei quali sarebbe avvenuta tale deduzione.
Deve, conseguentemente, trovare applicazione il principio, reiteratamente enunciato da questa Corte, per cui qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 18018 del 01/07/2024; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 20694 del 09/08/2018; ed anche Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 2193 del
30/01/2020; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14477 del 06/06/2018; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013).
3.3. Quanto al terzo motivo, si osserva che, per costante giurisprudenza di questa Corte il vizio di nullità della sentenza di primo grado per mancanza di motivazione non rientra fra quelli, tassativamente indicati, che ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comportano la rimessione della causa al primo giudice, dovendo il giudice del gravame, ove ritenga la sussistenza del vizio, porvi rimedio pronunciando nel merito della domanda, senza che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione, che è privo di rilevanza costituzionale (Cass. Sez. L, Sentenza n. 13733 del 17/06/2014; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13705 del 12/06/2007; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13426 del 20/07/2004).
Si deve, allora osservare che ciò di cui i ricorrenti vengono a dolersi -e cioè che la Corte territoriale ‘ha ‘giustificato’ l’operato del giudice di prime cure’ -corrisponde invece esattamente al compito che giudice dell’appello era chiamato a svolgere – una volta rilevato un difetto di motivazione – e che la Corte territoriale ha correttamente svolto richiamando, sul punto la parziale reciproca soccombenza delle parti nel giudizio di primo grado, e quindi adottando una statuizione che -nella valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e nella determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, secondo comma, c.p.c. – rientrava nel potere discrezionale del giudice di merito, conseguentemente sottratto al sindacato di legittimità, non essendo il medesimo giudice tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del
soccombente (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14459 del 26/05/2021; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 30592 del 20/12/2017).
Da ciò deriva l’inammissibilità di un motivo in relazione al quale deve ravvisarsi una vera e propria carenza di interesse ad impugnare in capo ai ricorrenti.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna i ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 6.400,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima