Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27155 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27155 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
sul ricorso 24321/2020 proposto da:
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 64/2020 depositata il 13/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5/4/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con contrapposti ricorsi, promossi in via principale dalla Banca Monte dei Paschi di Siena ed in via incidentale, ancorché non tardiva, dell’RAGIONE_SOCIALE, si sollecita la cassazione della sopra riportata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Firenze -pronunciando in via definitiva dopo che con sentenza non definitiva era stata dichiarata la prescrizione delle pretese attrici in relazione agli addebiti antecedenti al decennio dalla notifica dell’atto di citazione -disattesa previamente l’istanza di remissione in termini a mezzo della quale la società correntista aveva chiesto di poter provare l’entità del fido tramite la produzione di un Report della Banca d’Italia, ha accolto parzialmente l’appello della banca ed ha, quindi, ridotto la somma da questa dovuta all’esito dell’intentato giudizio di ripetizione degli addebiti ritenuti prescritti secondo quanto accertato dal CTU con giudizio immune da incongruenze ed errori.
Il mezzo a tal fine azionato in via principale dalla banca si vale di cinque motivi di ricorso, ai quali replica con controricorso e ricorso incidentale l’intimata con due motivi di ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Il primo motivo del ricorso principale allega la violazione degli artt. 111, 112, 115 e 194 cod. proc. civ. Si sostiene in dettaglio che la decisione impugnata sarebbe viziata per aver condiviso le risultanze della perizia contabile in atti, dato che il perito, nel predisporre il proprio elaborato attenendosi, come dallo stesso riferito, alle indicazioni giurisprudenziali in punto alla illegittimità delle pattuizioni applicate al contratto, aveva esorbitato dai propri compiti adottando decisioni afferenti al merito della causa ed
estendendo il proprio esame a fatti e circostanze mai dedotti dalle parti.
2.2. Il motivo è inammissibile.
Ricordato introduttivamente, secondo quanto statuito da SS.UU. 3086/22, che in materia di perizia contabile il consulente, con il solo limite costituito dal divieto di procedere ex officio alla individuazione dei fatti principali e nel rispetto del principio del contraddittorio, non è vincolato alle attività di allegazione delle parti e che le violazioni ascrivibili al suo operato, ove non afferiscano a fatti principali, sono fonte di nullità relativa, la cui deduzione è soggetta alle condizioni di cui agli artt. 157 e segg. cod. proc. civ., va detto che la formulata doglianza si sottrae preventivamente al sindacato qui richiesto in quanto al di là del richiamo alla norma appena citata, che ne preclude l’odierna deduzione per difetto di tempestiva contestazione, essa introduce nel giudizio una questione nuova, atteso che non ne consta la trattazione in sede di merito, sicché riguardo all’esame che qui se ne invoca si rende applicabile il comando secondo cui il giudizio di cassazione può aver ad oggetto solo le questioni che siano già state esaminate in sede di merito.
3.1. Il secondo motivo del ricorso principale allega la violazione degli artt. 820 e 1194 cod. civ. Si sostiene in dettaglio che, richiamando il principio di diritto affermato da Cass. 10941/2016, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto, stante l’affidamento del conto, inesigibili da parte della banca gli interessi maturati nell’ambito dell’apertura di credito, e ciò malgrado il precedente richiamato avesse chiarito che il principio dell’imputazione dei pagamenti prima agli interessi che al capitale non trovi applicazione in questo caso.
3.2. Il motivo è inammissibile.
A parte, per vero, l’incomprensibilità di esso, giacché l’illustrazione che ne fa la ricorrente non chiarisce in che modo la norma risulterebbe violata in rapporto alla natura affidata del conto, osta più decisamente al suo esame -sull’assorbente rilievo che il motivo è del tutto estraneo al tessuto argomentativo sviluppato dalla sentenza impugnata -la totale inosservanza delle regole che presiedono alla deducibilità in Cassazione dell’errore di diritto e che raccomandano, segnatamente, che la denuncia di esso avvenga, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione.
4.1. Il terzo motivo del ricorso principale lamenta la nullità della sentenza. Si sostiene in dettaglio che la Corte d’Appello avrebbe condiviso le risultanze peritali adottando un ‘ opzione ricostruttiva tra quelle suggerite dal perito senza spiegare perché essa fosse preferibile alle altre.
4.2. Il motivo è inammissibile.
Premesso che come si afferma stabilmente è compito che spetta in via esclusiva al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la
rilevanza di una prova, la lagnanza ostesa con il motivo postula l’esperibilità in questa sede di un impensabile sindacato sostitutivo di quello operato dal decidente di merito che è del tutto estraneo ai compiti ordinamentali della Corte di Cassazione.
5.1. Il quarto motivo del ricorso principale allega la violazione di norme di diritto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. Si sostiene in dettaglio che, non essendo provata la stipulazione del fido, si era insistito perché al CTU fosse chiesto di formulare un’ipotesi alternativa che indicasse quale incidenza sul rapporto dare/avere tra le parti avesse la sommatoria degli interessi maturati nell’ambito dello scoperto, delle cms e delle spese di conto, ipotesi che una volta acquisita aveva evidenziato come l’importo da considerarsi prescritto fosse pari ad € 34.834,17 e non a € 12.755,09 come dichiarato in sentenza.
5.2. Il motivo è inammissibile.
In disparte ancora dalla sua incomprensibilità, giacché, come già si è osservato in relazione al secondo motivo di ricorso neppure qui si coglie la sua conferenza critica rispetto al decisum e al fatto riportato in sentenza che il conto fosse effettivamente affidato, la lagnanza in questione incorre in una duplice convergente preclusione, poiché, da un lato, ancorché essa evochi il parametro cassatorio dell’errore di diritto, si astiene tuttavia dall’indicare quale sia la norma o l’interpretazione della norma concretamente violata nella specie, a nulla rilevando, sotto questa angolazione, che in taluni precedenti di questa Corte (27704/18 e 27705/18) sia affermata la natura solutoria delle rimesse effettuate in assenza di fido e, dall’altro, sottintende una rinnovazione del sindacato di merito sostitutivo dell’apprezzamento operato in concreto dal giudice d’appello che, come si è già detto in relazione al terzo motivo di ricorso, non è praticabile in questa sede.
6.1. Il quinto motivo del ricorso principale allega un vizio di omessa motivazione in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. Si sostiene in dettaglio che la statuizione oggetto di lagnanza con il quarto motivo di ricorso sarebbe comunque censurabile in quanto, pur essendosi invocata la regolazione della specie alla luce dei citati precedenti di questa Corte, la sentenza si era astenuta dal motivare le ragioni per le quali detti precedenti non fossero stati esaminati.
6.2. Il motivo è inammissibile.
In disparte da ogni rilievo in punto alla conferenza dell’allegazione, dato che i precedenti citati si esprimono con riferimento all’ipotesi del conto non affidato, mentre qui consta, al contrario, che il conto fosse affidato, va qui ribadito, insieme al principio che spetta al giudice di merito scegliere le fonti del proprio convincimento e di selezionarle secondo il metro del proprio prudente apprezzamento, il non diverso principio che al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.
7.1. Venendo con ciò al ricorso incidentale, con il primo motivo di esso si allega la nullità della sentenza. Si sostiene -censurandosi la statuizione a mezzo della quale la Corte d’Appello aveva disatteso l’istanza di remissione in termini onde procedere al deposito del Report storico della Centrale dei Rischi della Banca d’Italia relativo al periodo 1.1.1990-6.7.1995 oggetto di esame per l’individuazione
delle eventuali rimesse solutore -che la sentenza avrebbe violato in tal modo gli artt. 101 e 345 cod. proc. civ., l’art. 2697 cod. civ. e gli artt. 3 e 24 Cost., dato che il documento in parola, da un lato, certificava che il limite di fido indicato nella sentenza non definitiva non era corretto, dall’altro rendeva manifesto che la correntista non si era mai trovata in condizione di extrafido.
7.2. Il motivo è inammissibile.
Fermo che ove il motivo intende mettere in discussione l’accertamento intervenuto con la sentenza non definitiva si imbatte nella preclusione discendente del giudicato formatosi su di essa non essendo stata fatta oggetto di impugnazione, la doglianza esternata nella specie difetta manifestamente di autosufficienza poiché la sua illustrazione non chiarisce minimamente la conferenza della produzione non consentita dal decidente rispetto alla res dedotta in giudizio, non esplicitandosi invero le ragioni per le quali un documento, evidentemente, per la fonte, di portata generale, possa rendere controvertibile il fatto specifico in concreto accertato dal decidente allorché ha ritenuto, peraltro sulla base di un’allegazione operata dalla stessa deducente, che il fido operasse nei limite di 50.000.000 di lire.
8.1. Il secondo motivo del ricorso incidentale allega un vizio di omessa motivazione in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. Si sostiene -censurandosi la statuizione a mezzo della quale la Corte d’Appello aveva ritenuto di ridurre il tantundem restitutorio della somma corrispondente alle rimesse giudicate prescritte secondo quanto indicato dal perito -che la sentenza sarebbe venuta meno all’obbligo motivazionale astenendosi dal prendere posizione riguardo al fatto che alla stregua delle risultanze peritali non era stato possibile individuare con certezza la presenza e l’ammontare delle rimesse solutorie.
8.2. Il motivo è inammissibile.
Previamente rilevato che il motivo ha connotazione manifestamente meritale, sicché ciò già basta a precluderne l’esame, va nuovamente ribadito, come già si è avuta occasione di dire riguardo alle analoghe doglianze fatte valere dal ricorrente principale, che l’obbligo motivazionale gravante sul decidente si intende compiutamente assolto quando nell’esposizione delle ragioni della decisione siano illustrati in modo chiaro e coerente gli argomenti che il giudice ha inteso porre a fondamento del proprio convincimento, nessun rimprovero potendo essergli mosso se, nel dare conto di ciò, omette l’esame di tutte le argomentazioni prospettate dalle parti che devono intendersi implicitamente disattese.
In conclusione, entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili. 10.Le spese di lite possono essere integralmente compensate, mentre è dovuto da entrambi i ricorrenti il raddoppio del contributo ove ne ricorrano i presupposti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale ed il ricorso incidentale e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 5.4.2024.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME