Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15742 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15742 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14210-2023 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 959/2022 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 20/12/2022 R.G.N. 154/2017;
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 23/04/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
con sentenza del 20 dicembre 2022, la Corte d’appello di Messina ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado, che l’aveva condannato al pagamento, in favore della preponente RAGIONE_SOCIALE, della comples siva somma di € 24.381,05, a titolo di indennità sostitutiva di preavviso per recesso dal contratto di agenzia senza giusta causa e di importo concordato quale piano di rientro, previa compensazione con provvigioni maturate;
essa ha ribadito la statuizione del Tribunale, sulla base di una consulenza contabile, a propria volta rinnovandola per l’accertamento di eventuali provvigioni ulteriori, per affari conclusi nel periodo in contestazione, spettanti all’agente che tuttavia non ha fornito alcuna documentazione aggiuntiva, nonostante la concessione di reiterati differimenti;
con atto notificato il 15 giugno 2023, l’agente ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui RAGIONE_SOCIALE (incorporante RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c;
il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
1. il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione di norme di legge (artt. 116 e 115 c.p.c.) e difetto di motivazione, per non avere la Corte territoriale ammesso,
per tardività, né le prove orali dedotte né i documenti allegati alla memoria di costituzione, così da accertare il proprio portafoglio clienti e gli altri fatti allegati ‘non del tutto provati, ma neppure del tutto sforniti di prova’ (primo motivo); errata qualificazione della propria domanda, mancata o errata applicazione di norme di legge e difetto di motivazione, non avendo la Corte territoriale spiegato le ragioni della ritenuta prova del danno della banca, neppure essendo stato il consulente nominato in grado di esprimersi sulla legittimità del proprio recesso, laddove la relativa lettera ne indicava la ragione nel mancato riconoscimento di commissioni ‘derivanti dal risparmio amministrato e dall’erogazione dei mutui unitamente alle trattenute’ ; dovendo le ragioni di recesso essere individuate in quelle stesse del contratto tra le parti previste per la banca. Egli si è inoltre doluto per la mancata ammissione delle prove dedotte al riguardo e in ordine al portafoglio di clientela rimasta alla banca ed alle provvigioni maturate in proprio favore (secondo motivo);
essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stratta connessione, sono inammissibili;
il ricorso per cassazione deve essere articolato in specifiche censure riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad uno dei cinque motivi di impugnazione previsti dall’art. 360, primo comma c.p.c., sicché, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di uno dei predetti motivi, è indispensabile che le censure individuino con chiarezza i vizi prospettati, tra quelli inquadrabili nella tassativa griglia normativa (Cass. S.U. 8 novembre 2021, n. 32415), essendo giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento
alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 14 maggio 2018, n. 11603). Inoltre, il principio di specificità stabilito dall’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c. richiede per ogni motivo l’indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonché l’illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustifichino la cassazione della pronunzia (Cass. 18 agosto 2020, n. 17224);
3.1. nel caso di specie, le censure sono assolutamente generiche, essendo state formulate senza neppure indicazione, tanto meno puntuale, degli errores in iudicando , peraltro in assenza di errori di diritto, neppure sotto il profilo del vizio di sussunzione (Cass. 30 aprile 2018, n. 10320; Cass. 25 settembre 2019, n. 23851), denunciati in modo assolutamente vago; oltre a quello di ‘difetto di motivazione’, non più co nfigurabile a seguito della novellazione del testo dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053).
Non si configurano, in particolare, la violazione né dell’art. 115 c.p.c., per cui occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.; né dell’art. 116 medesimo, ammissibile solo ove si
alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza istruttoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo ‘prudente apprezzamento’, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutarla secondo il suo prudente apprezzamento; mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. s.u. 30 settembre 2020, n. 20867; Cass. 9 giugno 2021, n. 16016; Cass. 17 maggio 2023, n. 13518);
3.2. le censure si risolvono, nella sostanza, in una diversa interpretazione e valutazione delle risultanze processuali e ricostruzione della fattispecie operata dalla Corte territoriale, insindacabili in sede di legittimità (Cass. 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass. s.u. 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass. 4 marzo 2021, n. 5987), per esclusiva spettanza al giudice del merito, autore di un accertamento in fatto, argomentato in modo pertinente e adeguato a giustificare il ragionamento logico-giuridico alla base della decisione;
4. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la regolazione delle spese del giudizio di legittimità secondo il regime di soccombenza e con raddoppio del contributo unificato per il ricorrente, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 4.000,00 per compensi professionali; oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 23 aprile 2024