Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6651 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6651 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23682/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, e per essa quale procuratrice la RAGIONE_SOCIALE in persona dell’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati in TERAMO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l e rappresenta e difende;
-controricorrenti- nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 689/2021 depositata il 04/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società RAGIONE_SOCIALE -quale incorporante la RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALEconveniva in giudizio i sigg. NOME, NOME e NOME COGNOME assumendo di essere creditrice della somma di euro 458.580,37 nei confronti del sig. NOME COGNOME, quale garante fideiussore della RAGIONE_SOCIALE
Chiedeva che venissero dichiarati inefficaci nei suoi confronti, ex art. 2901 c.c., l’atto di compravendita con cui NOME COGNOME aveva venduto al NOME NOME la proprietà di un bene immobile in Pescara, riservandosi l’usufrutto, nonché l’atto con il quale NOME COGNOME aveva iscritto ipoteca volontaria favore di NOME COGNOME a garanzia dell’adempimento di un debito assunto nei confronti di quest’ultimo.
Il Tribunale di Pescara, con sentenza n. 1332/2017 accoglieva la domanda della RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’Appello di l’Aquila, con sentenza n. 689/2021 del 4 maggio 2021, confermava la sentenza impugnata.
Propone ricorso per cassazione con tre motivi NOME COGNOME.
3.1. RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE resistono con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. per difetto di interesse ad agire da parte dell’istituto di RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.p.a. già RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in relazione al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE).
Quest’ultimo, atteso l’accoglimento dell’azione revocatoria proposta in analogo giudizio per lo stesso atto pubblico, avrebbe agito ‘consapevole che, una volta ottenuto il titolo, il futuro esperimento dell’azione esecutiva sul bene ipotecato consensualmente sarebbe risultato vano e/o infruttuoso’.
4.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2729, 2901 c.c. e 116 c.p.c. (art. 360, comma 1 n. 3).
Si duole che l a Corte d’appello abbia erroneamente interpretato le risultanze probatorie, non essendo in alcun modo presumibile che parte ricorrente fosse a conoscenza delle difficoltà economiche del COGNOME né che la costituzione dell’ipoteca volontaria avrebbe potuto recare una diminuzione alla consistenza delle garanzie spettanti alla banca creditrice.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono sotto plurimi profili inammissibili.
Lo sono sia per la violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c. sia per difetto di specificità.
È fermo principio giurisprudenziale, reiteratamente ribadito da questa Corte e dal quale non v’è ragione di discostarsi, quello secondo cui parte ricorrente ha il ‘preciso onere di indicare, in modo puntuale, gli atti processuali ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione e dovendo il ricorso medesimo contenere, in sé, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al
diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata’.
Tale onere, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 4 c.p.c., è condizione di ammissibilità del ricorso, qualunque sia il tipo di errore (‘in procedendo’ o ‘in iudicando’) per cui è proposto (v. ex plurimis, da ultimo, Cass. n. 27196/2023; Cass. n. 19209/2023; Cass. n. 11716/2023; Cass. n. 342/2021; Cass. n. 24865/2017).
Nel caso di specie, non sono stati richiamate né trascritte le parti dei documenti e/o quelle degli atti ritenute rilevanti e necessarie ai fini della decisione dei motivi di censura, né tantomeno sono stati riportati i capi della sentenza impugnata di cui il ricorrente si duole, per cui la Suprema Corte di RAGIONE_SOCIALEzione adìta, nel procedere alla lettura del ricorso, non viene posta nelle condizioni di esaminare in fatto e in diritto le questioni sollevate dal ricorrente, né di pronunciarsi sulle stesse, con conseguente inammissibilità del ricorso proposto dal COGNOME.
Inoltre, le censure di entrambi i motivi sono inammissibili perché il ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. deve non solo indicare le norme di legge asseritamente violate, come fatto dal signor COGNOME, ma anche esaminarne il contenuto precettivo e confrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, richiamandole in modo specifico. Non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (cfr. ex plurimis , più di recente, Cass. n. 30564/2023; Cass. n. 30510/2023; Cass. n. 30439/2023; principio affermato da Cass. civ., SS. UU., 28/10/2020, n. 23745).
5.1. Il primo motivo, poi, è inammissibile anche per difetto di identificazione del preteso errore del giudice del merito, con conseguente impedimento di riscontro ex actis dell’assunto vizio.
La violazione dedotta da parte ricorrente, infatti, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado che, in quanto tale, doveva però essere fatta valere dal ricorrente, non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360, n. 3, c.p.c., ma attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo , ovverosia della violazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. (cfr. ex plurimis , Cass. n. 29440/2023; Cass. n. 28794/2023; Cass. n. 28661/2023; Cass. n. 29952/2022).
5.2. Il secondo motivo, a sua volta, è inammissibile perché parte ricorrente contesta la valutazione delle prove compiuta dalla Corte distrettuale, tentando di sollecitare innanzi a questo giudice di legittimità, peraltro sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, una nuova disamina della quaestio facti , già correttamente scrutinata dal giudice del gravame. Simili censure, come affermato da costante giurisprudenza di legittimità, inerendo l’operazione di accertamento riservata al giudice di merito, ne comportano la patente inammissibilità (cfr. ex plurimis , da ultimo, Cass. n. 21972/2023; Cass. n. 21242/2023).
Questa Corte, poi, ancora recentemente, ha chiarito che non integra il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ‘la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretativo ed applicativo della norma di legge’, inerendo tipicamente la valutazione del giudice di merito (cfr. Cass. n. 30539/2023; Cass. n. 1015/2023; nonché, fra le tante, da ultimo, Cass. n. 9942/2023; Cass. n. 9293/2023). Solo a tale giudice, quindi, spetta l’individuazione delle fonti del suo convincimento, così come la valutazione delle prove e la scelta, tra le risultanze istruttorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (v. ex multis , Cass. n. 30663/2023; Cass. n. 29512/2023; Cass. n. 29461/2023; Cass. n. 7724/2022).
In tale quadro, costituisce ulteriore principio di diritto quello secondo cui non può porsi una questione di violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per una erronea valutazione del materiale istruttorio del giudice di merito, a meno che non si alleghi che quest’ultimo ha basato la sua decisione su prove non dedotte dalle parti o ne ha disposte d’ufficio fuori dei limiti legali o ha disatteso prove legali o considerato come facenti piena prova elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr. tra le tante, Cass. n. 28120/2023; Cass. n. 4784/2023; Cass. n. 23151/2023; Cass. n. 10017/2022; Cass. n. 10226/2022).
Nel caso, le doglianze del ricorrente, riguardando il ‘peso’ attribuito dalla Corte aquilana alle complessive risultanze istruttorie (fattuali e testimoniali) in ordine alla ricorrenza del consilium fraudis in capo al signor COGNOME (cfr. pp. 5-6, sentenza n. 689/2021), attengono al merito della controversia e, sulla scorta dei richiamati insegnamenti giurisprudenziali, traducendosi in una rivalutazione dei fatti di causa, senza allegare quali sarebbero le prove non dedotte, ma considerate dal giudice del merito o quelle disattese, non possono essere esaminate in sede di legittimità, per le caratteristiche funzionali e morfologiche del giudizio di cassazione.
6. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore delle controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 10.200,00, di cui 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore delle controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza