Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3881 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3881 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28095/2020 R.G. proposto da: LA SELVA NOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE)
-Ricorrente –
Contro
COGNOME NOME, ACCOLTI GIL VITALE
–COGNOME – avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di BARI n. 996/2020 depositata il 12/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/06/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
COGNOME NOME COGNOME NOME convenne dinanzi al Tribunale di Bari l’AVV_NOTAIO NOME esponendo di averle affidato l’incarico di assisterlo in una controversia promossa nei suoi confronti da COGNOME NOME e COGNOME NOME NOME fine di conseg uire, quali promissari acquirenti, l’esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare avente ad oggetto un immobile
loro promesso in vendita da esso convenuto, congiuntamente ad COGNOME NOME.
Su tali premesse, l’COGNOME convenne la COGNOME innanzi allo stesso Tribunale chiedendone la condanna al pagamento della somma di euro 26.743,31, oltre interessi e rivalutazione monetaria, ed al risarcimento dei danni ulteriori – da liquidarsi equitativamente – per avere la stessa, in violazione degli obblighi professionali, indebitamente trattenuto la somma di euro 25.882,84 (corrispondente alla caparra confirmatoria ricevuta al momento della stipula del preliminare), a suo tempo corrispostale da esso attore al fine di tacitare le pretese attoree.
L’COGNOME precisò al riguardo che, sebbene parte attrice avesse rifiutato quell’offerta, l’AVV_NOTAIO non gli aveva restituito la somma ricevuta e nemmeno lo aveva notiziato che nel corso del processo era stata emessa a suo carico ordinanza ex art. 186 bis c.p.c. per il pagamento di quell’importo, così costringendolo a pagare, a seguito dell’intimazione di precetto, la maggior somma di euro 26.743,31.
Costituendosi, COGNOME contrastò le avverse pretese, riservandosi di produrre in corso di causa gli elementi probatori atti a dimostrarne l’infondatezza, laddove l’avvenuta restituzione della somma a suo tempo consegnatale dall’COGNOME avrebbe potuto acce rtarsi attraverso CTU contabile, di cui chiese disporsi l’espletamento, sulle operazioni bancarie effettuate tra l’attore ed essa convenuta ed anche con riferimento a quelle effettuate con COGNOME NOME NOME COGNOME NOMENOME per conto dei quali la medesima operava. Chiese, pertanto, il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la condanna dell’attore al risarcimento dei danni, nella misura ritenuta di giustizia, in relazione al disposto degli artt. 1337, 1338, 1366 e 1375 c.c.
Il Tribunale di Bari, istruita la causa mediante prova testimoniale e per interpello, accertò la responsabilità della COGNOME per la mancata consegna ai COGNOME NOME e COGNOME dell’importo di euro
25.822,84 e per la mancata restituzione di tale importo all’COGNOME; per effetto, la condannò il pagamento dell’importo di euro 26.743,30 versato dall’COGNOME in virtù di precetto notificatogli da COGNOME NOME e COGNOME NOME. Rigettò la riconvenzionale della La AVV_NOTAIO in quanto ritenuta infondata e non provata.
Con tale pronuncia, il Tribunale osservò che la prova testimoniale raccolta non aveva apportato alcunché a sostegno della tesi difensiva della convenuta, in particolare rilevando che gli assegni complessivi di 50 milioni di lire non erano mai stati consegnati per la soddisfazione delle ragioni dei COGNOME e COGNOME, come del resto risultava confermato dalla richiesta di ordinanza ex art. 186 bis c.p.c., sfociata poi nel pedissequo provvedimento del giudice, prova inequivoca che quegli importi non erano stati trasmessi a chi di dovere a più di sei anni dalla loro consegna ad essa convenuta. Inoltre, non risultava che la somma in questione fosse stata restituita all’COGNOME. Era poi risultato che fra quest’ultimo e l’AVV_NOTAIO COGNOME pendevano alcune controversie civili dirette ad acclarare altre debenze dell’AVV_NOTAIO COGNOME nei confronti dell’COGNOME, e non vi era prova che il deposito del 18/7/2012 – effettuato dalla convenuta relativo alle copie degli assegni- si riferisse proprio agli importi oggetto di causa, laddove invece una serie di elementi consentiva di affermare che gli importi di quegli assegni non riguardasse la vertenza in oggetto.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME propose appello, affidato ai seguenti motivi: alterazione delle risultanze processuali relative alla prova testimoniale, all’interrogatorio formale di parte attorea e ai documenti depositati in giudizio; errata motivazione della sentenza, basata su valutazioni personali in violazione delle norme di diritto relative agli oneri probatori in materia di estinzione del debito; nullità della sentenza per essere stata emessa da giudice incompetente.
Si costituì in giudizio l’COGNOME, eccependo l’inammissibilità dell’appello per violazione degli artt. 348 bis e 342 c.p.c.; l’inammissibilità della richiesta di ‘declaratoria della esatta imputazione del pagamento ai sensi dell’articolo 1193 c.c. mai chiesta in primo grado’, nonché l’infondatezza nel merito della impugnazione. Concluse per la conferma della sentenza di primo grado.
Intervenuto nelle more il decesso di COGNOME NOME si costituirono, per proseguirlo, quali suoi eredi legittimi, la moglie, COGNOME NOME, ed i figli, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Con sentenza n. 996/2020, depositata in data 12/6/2020, la Corte di Appello di Bari ha accolto l’appello, e dichiarato la nullità della sentenza impugnata; ha accolto la domanda risarcitoria proposta dall’RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, e per l’effet to ha condannato quest’ultima a corrispondere agli eredi dell’accolti complessiva somma di euro 26.743,31, oltre alla rivalutazione monetaria ed interessi.
Sul presupposto della non pretestuosità della questio nullitatis della sentenza impugnata, la Corte territoriale, rilevato che tra agli atti del fascicolo di primo grado non erano stati rinvenuti i verbali di udienza nel corso dei quali erano state espletate le ammesse prove orali (interrogatorio formale dell’attore ed escussione dei testi NOME COGNOME e AVV_NOTAIO COGNOME), ha rimesso la causa sul ruolo, disponendo l’acquisizione dei detti verbali o, in mancanza la loro ricostruzione. All’esito, esibiti in copia, da parte appellata, i verbali in questione, la cui conformità agli originali non è stata oggetto di contestazione, la causa è stata nuovamente introitata a sentenza con concessione dei termini ex art.190 c.p.c.
Avverso la predetta sentenza la COGNOME NOME propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod. proc. civ.
Le parti intimate non hanno svolto difese nel presente giudizio di legittimità.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360, 1° co., nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c. e art. 228 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3, n. 4 e n. 5 c.p.c. per omessa, insufficiente e contraddittoria motiivazione su un fatto decisivo per il giudizio ‘.
Con il secondo motivo denunzia, in relazione all’art. 360, 1° co., nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 159 c.p.c. di cui alla nullità della sentenza dl primo grado per violazione del principio del contradditiorio in relazione all’art. 360 n. 3, n. 4 e n. 5 c.p.c.’.
Con il quarto motivo la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360, 1° co., nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 co.1 n. 3, n. 4 e n.5 c.p.c.’.
Si duole che <<in presenza del motivo di appello relativo alla nullità della sentenza di primo grado per assenza del contraddittorio, la corte di merito non abbia emesso <> e abbia confermato la sentenza di primo grado senza provvedere alla rinnovazione degli atti nulli, in violazione del contraddittorio.
Lamenta l’erronea valutazione delle emergenze processuali e probatorie.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, 1° co., nn. 3, , 4 e 5, cod. proc. civ., ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 1193 c.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3, n. 4 e n. 5 c.p.c.’.
Si duole dell’erronea valutazione dell’imputazione dei pagamenti e della relativa prova.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione dell’art. 366, 10co. n. 6, c.p.c., limitandosi la ricorrente a meramente richiamarli senza invero debitamente -per la parte strettamente d’interesse in questa sede- riprodurli nel ricorso ovvero laddove in tutto o in parte riprodotti senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti ( pure ) in sede di giudizio di legittimità ( v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157 ), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile ( v. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 ).
A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso.
Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel casoapodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione ( v. Cass., 21/8/1997, n. 7851 ). 6
E’ al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c. vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo, rilevando ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodronnica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane al giudice imprescindibilmente precluso ( cfr. Cass.,
6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221 ).
Va sotto altro profilo sottolineato che, al di là della formale intestazione dei motivi sostanzialmente l’odierna ricorrente prospetta inammissibilmente altresì vizi di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360, 1° co. n. 5, c.p.c. (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie la contraddittorietà ovvero l’omessa e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie ( cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).
Con particolare riferimento al 1° e 2° motivo va ulteriormente posto in rilievo che, dopo aver dato atto della nullità della sentenza di 1° grado per mancata partecipazione all’udienza di discussione del 26/4/2013 nonché a quella di rinvio <> del 3/5/2013 del difensore dell’odierna ricorrente per mancata comunicazione dell'<>, con conseguente violazione del diritto di difesa, la corte di merito ha ritenuto invero <> e ha fatto luogo a
<>.
Ha altresì <> che <>
Orbene, a tale stregua la corte di merito ha correttamente operato, e non sussiste la violazione paventata dall’odierna ricorrente, avendo dichiarato la nullità della nuova valutazione del materiale istruttorio acquisito nel doppio grado di merito, non ravvisando la necessità di disporre <> anche all’esito della censura anche in detta sede mossa dall’allora appellante ed odierna ricorrente, al riguardo non mancando di sottolineare come in ordine alla stessa non sia stata <> emessi a sua firma del 10/9/2003 e del 31/10/2003 <>.
Ratio decidendi quest’ultima dall’odierna ricorrente invero nemmeno ( quantomeno idoneamente ) censurata
A tale stregua la corte di merito ha invero correttamente operato ( per la diversa ipotesi della nullità dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado derivante da vizi della vocatio in ius cfr. Cass., n. 19265/2023 ).
Emerge dunque evidente come l’odierna ricorrente inammissibilmente prospetti in realtà una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a 8 dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi.
Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo gli intimati svolto attività difensiva P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’eventuale ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso dal Collegio riconvocatosi telematicamente nella