Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3213 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 3213  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3781-2023 proposto da:
NOME ,  elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME,  rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE ,  in  persona  del  legale rappresentante  pro  tempore,  elettivamente  domiciliata  in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
 avverso la sentenza n. 2708/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 27/07/2022 R.G.N. 1949/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/01/2024 dal AVV_NOTAIO.
RNUMERO_DOCUMENTON. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 09/01/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di prime cure nella parte in cui aveva respinto la domanda avanzata da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE volta all’accertamento di aver espletato mansioni superiori dal 1° febbraio 2012, con conseguente riconoscimento del diritto all’inquadramento nel VI livello del CCNL per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di telecomunicazioni e pagamento delle relative differenze retributive; la Corte territoriale ha, poi, riformato la sentenza del Tribunale in punto di spese, compensando integralmente le spese del doppio grado;
la Corte -in sintesi -dopo aver esaminato le declaratorie contrattuali, sia quella di inquadramento posseduta dall’istante che quella superiore alla quale il medesimo aspirava, ed aver espletato prova testimoniale sulle mansioni svolte dal COGNOME, ha r itenuto che ‘nessun elemento probatorio’ deponesse ‘per l’esistenza di attività sussumibili nella direzione di attività complesse, autonomia decisionale e di iniziativa, guida e controllo di settori operativi e contributo professionale ed innovativo prop rie del VI livello invocato’;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il lavoratore con un unico motivo; ha resistito con controricorso la società;
in data 22 febbraio 2023 parte ricorrente ha depositato una istanza di rimessione in termini, deducendo che il deposito telematico del ricorso notificato era stato rifiutato dal sistema in data 15 febbraio 2022, sicché si era provveduto al deposito il giorno successivo;
la società ha comunicato memoria, in cui si chiede anche la condanna di controparte per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
come noto, questa Corte è esentata dal valutare le questioni processuali sollevate in ordine alla regolarizzazione del contraddittorio, ovvero altre relative all’esercizio di facoltà defensionali da parte degli intimati o intimandi, facendosi applicazione del principio della «ragione più liquida», in base al quale – quand’anche dei relativi adempimenti sussistesse effettiva necessità – la loro effettuazione pur nell’ininfluenza sull’esito del giudizio sarebbe lesiva del principio della ragionevole durata del processo (v. Cass. SS.UU. n. 26373 del 2008; Cass. SS.UU. n. 6826 del 2010; Cass. SS.UU. n. 23542 del 2015; Cass. n. 10839 del 2019);
pertanto, in disparte il profilo di improcedibilità del ricorso per cassazione per mancato rispetto dell’art. 369 c.p.c., che imporrebbe la delibazione dell ‘ istanza di rimessione in termini formulata  dal  procuratore  di  parte  ricorrente,  il  Collegio reputa  il  ricorso  comunque  inammissibile  per  plurimi  e concorrenti aspetti;
invero,  il  motivo  di  impugnazione  è  così  rubricato: ‘violazione  e/o  errata  applicazione  dell’art.  132  c.p.c.  difetto di motivazione o, comunque, motivazione illogica e/o perplessa  e/o  apparente,  in  relazione  all’art.  360,  primo comma, n. 4, c.p.c. -omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. violazione e/o errata applicazione dell’art. 23 CCNL nonché degli artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’;
il  motivo, innanzi tutto, è inammissibile perché contiene promiscuamente la contemporanea deduzione di violazione di disposizioni di legge, sostanziale ma anche processuale, oltre
che della disciplina collettiva (senza peraltro indicare il luogo processuale ove il CCNL sia stato prodotto integralmente; cfr. Cass. SS.UU. n. 20075 del 2010; Cass. SS.UU. n. 25038 del 2013; Cass., SS. UU. n. 7161 del 2010), nonché di vizi di motivazione, senza alcuna specifica indicazione di quale errore, tra quelli dedotti, sia riferibile ai singoli vizi che devono essere riconducibili ad uno di quelli tipicamente indicati dal comma 1 dell’art. 360 c.p.c., così non consentendo una adeguata identificazione del devolutum e dando luogo all’impossibile convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, ‘di censure caratterizzate da … irredimibile eterogeneità’ (Cass. SS.UU. n. 26242 del 2014; cfr. anche Cass. SS.UU. n. 17931 del 2013; conf. Cass. n. 14317 del 2016; tra le più recenti v. Cass. n. 3141 del 2019, Cass. n. 13657 del 2019; Cass. n. 18558 del 2019; Cass. n. 18560 del 2019);
inoltre, le censure ex art. 360, n. 5, c.p.c., non tengono in adeguato conto dell’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014), atteso che non enucleano, fra l’altro, fatti storici realmente omessi nella sentenza impugnata, facendo piuttosto riferimento a valutazioni dei materiali probatori, e, comunque, ritenuti ‘decisivi’ non nel senso inteso da questa Corte, secondo cui è fatto decisivo quello che, se fosse stato esaminato, avrebbe portato ad una soluzione diversa della vertenza con un giudizio di certezza e non di mera probabilità (v., tra molte, Cass. SS.UU. n. 3670 del 2015 e n. 14477 del 2015);
infine, le doglianze sono inammissibili perché, come comprovato anche dal riferimento alle emergenze istruttorie, non  vengono  affatto  evidenziati  gli  errori  di  diritto  in  cui sarebbe  incorsa  la  sentenza  impugnata,  ma,  piuttosto,  si
propone un diverso apprezzamento del merito della causa, precluso a questo giudice di legittimità;
conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,  con  spese  regolate  secondo  soccombenza come da dispositivo;
non può trovare accoglimento, invece, la richiesta di condanna per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., formulata dalla controricorrente; come noto detta disposizione prevede una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata previste dai commi 1 e 2 dello stesso articolo, volta alla repressione dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro non dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’avere agito o resistito pretestuosamente (Cass. n. 20018 del 2020 e Cass. n. 3830 del 2021) che il Collegio non ritiene sia ravvisabile nella specie;
occorre, invece, dare atto della sussistenza per il ricorrente dei  presupposti  processuali  di  cui  all’art.  13,  co.  1  quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, l. n. 228 del 2012, per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, ove dovuto (Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite liquidate in euro 5.000,00,  oltre  euro  200,00  per  esborsi,  rimborso  spese forfettario al 15% e accessori secondo legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 gennaio