Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18059 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18059 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12777/2021 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 330/2021, depositata il 4/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
1. NOME COGNOME ha chiamato in giudizio NOME COGNOME affermando di essere comproprietario con il convenuto di alcuni beni siti in Pietracamela e in Teramo e chiedendo al Tribunale di Teramo di pronunciare lo scioglimento della comunione e di assegnargli tre immobili. Il convenuto si è costituito, deducendo di essere divenuto proprietario esclusivo degli immobili siti in Pietracamela; quanto all’immobile sito in Teramo, ha dedotto che il bene era stato acquistato nel 1983 dalla società di fatto ‘Di RAGIONE_SOCIALE COGNOME‘, poi trasformatasi in RAGIONE_SOCIALE e infine, a seguito della vendita della propria quota societaria da parte di Di Genova, nella società ‘RAGIONE_SOCIALE‘; ha dedotto infine che doveva essere compreso nella divisione della comunione un bene immobile sito in Tortoreto Lido. Il Tribunale di Teramo ha rilevato, quanto all’immobile di Tortoreto Lido, che le parti avevano proposto in relazione a tale immobile autonomo giudizio, definito con sentenza passata in giudicato, cosicché tale immobile era estraneo al presente processo. Quanto all’immobile di Teramo, il Tribunale ha rilevato che l’immobile non è mai stato destinato all’esercizio dell’impresa, cosicché non è escluso dalla comunione ordinaria tra le parti, tanto più che nello stato patrimoniale della società il bene non risulta inserito. Quanto ai beni di Pietracamela, quella che il convenuto ha definito ‘scrittura privata di riconoscimento della sua proprietà esclusiva’ è una semplice quietanza di pagamento. Con la sentenza n. 260/2016 il Tribunale di Teramo ha così dichiarato sciolta la comunione tra attore e convenuto e ha assegnato ai medesimi un cespite ciascuno, secondo quanto previsto dal primo progetto divisionale elaborato dal consulente tecnico d’ufficio.
2. La sentenza è stata impugnata in via principale da COGNOME che ha censurato la decisione laddove ha ricompreso nei beni oggetto di comunione i tre immobili di Pietracamela e l’appartamento di Teramo e non ha invece ricompreso nell’asse da dividere l’immobile
di Tortoreto Lido; ha poi censurato per carente o errata motivazione la consulenza tecnica d’ufficio e i progetti divisionali per errata adeguata valutazione dei beni. COGNOME ha impugnato la sentenza in via incidentale con riferimento alla compensazione delle spese di lite disposta dal giudice di primo grado. La Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza n. 330/2021, ha respinto l’appello principale e ha accolto l’appello incidentale, condannando COGNOME a rifondere a COGNOME le spese del primo grado e quelle del secondo grado del processo.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ricorre per cassazione. Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Il Consigliere delegato dal Presidente della sezione seconda ha ritenuto che il ricorso sia inammissibile e ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis , comma 1 c.p.c. Con atto del 16 ottobre 2024 si è costituito il nuovo difensore del
ricorrente.
Con atto del 18 ottobre 2024 il ricorrente ha chiesto, ai sensi del comma 2 dell’art. 380 -bis c.p.c., la decisione del ricorso da parte del Collegio.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in due motivi:
Il primo motivo contesta ‘insufficiente, errata e/o contraddittoria motivazione della sentenza su un punto decisivo della controversia’: quanto all’appartamento di Teramo, i giudici di merito hanno erroneamente escluso l’immobile dalla comunione in quanto il ricorrente aveva prodotto i titoli di proprietà dai quali emergeva che l’immobile era di proprietà di terzi, cosicché doveva essere escluso dalla comunione; a fronte delle analitiche censure mosse dal ricorrente alla sentenza di primo grado, il giudice d’appello ha erroneamente affermato di dovervi aderire, cosicché la motivazione della sentenza impugnata configura un’adesione acritica al provvedimento reso nel primo grado di giudizio; inoltre,
nessun valore di stima era stato inserito nella massa dividenda per l’appartamento sito in Tortoreto Lido.
Il motivo è inammissibile. Si denuncia infatti un parametro non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame. L’art. 360, n. 5, c.p.c. non prevede più quale motivo di ricorso per cassazione l’insufficiente, errata e/o contradditoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ma l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Tale motivo non era in ogni caso proponibile dato che, ai sensi dell’art. 348 -ter , commi 4 e 5 c.p.c., non può essere proposto ricorso per cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. quando la sentenza d’appello è fondata sulle stesse ragioni di fatto poste alla base della decisione di primo grado. In particolare, inammissibile è la censura relativa alla mancanza di valore di stima per l’appartamento di Tortoreto Lido, in quanto, come riconosce lo stesso ricorrente, il giudice d’appello ha sottolineato che la controversia relativa al suddetto immobile ha trovato definitiva soluzione con sentenza passata in giudicato e prodotta nel presente processo.
Il secondo motivo lamenta ‘errata e/o omessa motivazione sul punto della contestazione sollevata alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio e sui progetti divisionali scelti nell’assegnazione’: a fronte delle specifiche censure dedotte con l’atto d’appello in relazione alla errata predisposizione del progetto divisionale seguito dal Tribunale, progetto che non appariva conveniente economicamente, il giudice d’appello ha dato una risposta non adeguata, avendo aderito acriticamente a quanto già deciso nel primo grado di giudizio.
Il motivo è inammissibile. Così come sottolineato in relazione al primo motivo, non è più denunciabile in cassazione l’insufficienza della motivazione, essendo a seguito dell’abrogazione della precedente formulazione del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. denunciabile in
cassazione unicamente la mancanza di motivazione ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c.
II. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., avendo il Collegio definito il giudizio in conformità alla proposta, trovano applicazione il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c. (v. al riguardo la pronuncia delle sezioni unite n. 28540/2023, secondo cui, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, nel prevedere nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c., ‘codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi a una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente’).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente, che liquida in euro 5.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge, nonché al pagamento di euro 2.000, ancora in favore del controricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma c.p.c., e al pagamento di euro 2.000 in favore della cassa delle ammende ai sensi dell’art. 96, quarto comma c.p.c.
Sussistono, ex art. 13, comma 1bis del d.p.r. n. 115/2002, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione