Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 31456 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 31456 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4370/2023 R.G. proposto da
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME
– intimata – avverso la sentenza della CORTE D ‘ APPELLO DI ANCONA n. 1203 del 26/9/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la memoria della ricorrente;
RILEVATO CHE
–NOME COGNOME proponeva opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c. contestando il diritto di procedere a esecuzione forzata minacciato da NOME COGNOME con atto di precetto, indicante un credito di Euro 2.944,24, notificato
il 28/6/2018 e fondato sul decreto di liquidazione del compenso del consulente emesso dalla Corte d ‘ appello di Roma il 19/7/2017, confermato dalla medesima Corte con l ‘ ordinanza dell ‘ 11/4/2018 (con la quale veniva respinta la contestazione della COGNOME, condannata a rifondere le spese del procedimento);
-il Tribunale di Ascoli Piceno, con la sentenza n. 389 del 27/5/2019, accoglieva parzialmente l ‘ opposizione e dichiarava che la COGNOME aveva diritto di agire in executivis per una somma minore di quella precettata (come risulta dalla sentenza impugnata, «il giudice di prime cure dichiarava, in primo luogo, la non debenza da parte dell ‘ opponente di euro 357,00, in quanto somme già pagate da NOME COGNOME agli ausiliari del ctu, dott. COGNOME ed COGNOME che erano stati da quest ‘ ultima direttamente nominati. Riduceva inoltre di euro 108,00 l ‘ entità dell ‘ onorario spettante alla COGNOME per l ‘ atto di precetto, ritenendo congrui i valori medi previsti dallo scaglione di riferimento, in assenza di ragioni che giustificassero un aumento di tali valori, considerata la rilevanza dell ‘ attività effettivamente svolta dall ‘ opposta. Venivano, invece, respinte le ulteriori doglianze dell ‘ opponente NOME COGNOME»);
-adita da NOME COGNOME la Corte d ‘ appello di Ancona, con la sentenza n. 1203 del 26/9/2022, respingeva l ‘ impugnazione;
-per quanto qui ancora rileva, il giudice di secondo grado così spiegava la propria decisione: «Il motivo è inammissibile. Non risulta infatti che, nel giudizio di primo grado, l ‘ appellante abbia mai proposto rituale domanda diretta ad ordinare a NOME COGNOME la consegna dei DVD e del supporto contenente l ‘ esame LTP, se non ai fini della richiesta di sospensione dell ‘ esecutività dei titoli precettati, limitandosi, per il resto, ad affermare di riconoscere il credito vantato nei propri confronti dalla COGNOME, ma di subordinarne il pagamento alla consegna della predetta documentazione, senza, tuttavia, proporre alcuna specifica domanda in tal senso. … La censura di parte appellante risulta altresì inammissibile per difetto di specificità ex art. 342 c.p.c., non essendo possibile individuare il capo della pronuncia impugnato. … Nel caso di specie, invece, l’ atto di
impugnazione non consente di individuare né le statuizioni impugnate, né le ragioni del gravame, con la conseguenza che manca lo stesso termine di riferimento per la verifica della correttezza delle censure, non risultando impugnato uno specifico capo della sentenza e non essendo, quindi, possibile individuare in modo chiaro ed esauriente il ‘ quantum appellatum ‘ , con violazione dell ‘ art. 342 c.p.c. La richiesta di ‘ subordinare il pagamento del dovuto alla verifica di integrità ed autenticità della predetta documentazione ‘ appare in ogni caso estranea al presente giudizio ed integra una domanda inammissibile, in quanto afferente al giudizio di merito, di opposizione al decreto di liquidazione posto a fondamento del precetto opposto, definito dalla Corte d ‘ Appello di Roma con ordinanza dell ‘11.4.2018. … Il motivo è infondato. … Invero, parte appellante, pur non negando, in astratto, la debenza degli oneri accessori, si limita ad eccepire l ‘ inidoneità della fattura prodotta a costituire mezzo di prova, chiedendo, altresì, di dedurre dalla somma precettata l ‘ importo di euro 1.240,00, anziché di euro 1.000,00, senza, però, allegare alcunché in merito all ‘ avvenuto pagamento di ulteriori euro 240,00 rispetto a quanto già detratto a titolo di acconto nell ‘ atto di precetto. Del tutto generica e pertanto inammissibile risulta la contestazione di parte appellante relativa all ‘ asserito errore di calcolo, laddove nell ‘ atto di citazione in appello si chiede la detrazione di euro 4,52, peraltro senza indicare le ragioni per cui il calcolo contenuto in fattura e su cui si fonda l ‘ atto di precetto dovrebbe ritenersi errato … Il motivo è infondato. … Nel caso di specie, la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno non prevede la liquidazione delle spese accessorie, sicché la richiesta dell ‘ appellante di modificare l ‘ impugnata sentenza, riducendo gli oneri accessori, appare del tutto inconferente, posto che detti accessori, in quanto dovuti ex lege, saranno calcolati in base al minor importo dovuto quale onorario per l ‘ atto di precetto indicato nella sentenza di primo grado. … Parimenti infondato risulta il quarto motivo d ‘ appello, con cui NOME COGNOME si duole che il Tribunale abbia compensato integralmente le spese relative al primo grado di giudizio. … In senso opposto a quanto eccepito da parte appellante, occorre invece
rilevare che in primo grado NOME COGNOME è risultata soccombente rispetto a buona parte delle proprie richieste, che hanno trovato solo parziale accoglimento. Ed invero, il giudice di prime cure, da un lato non ha accolto la domanda, proposta in via principale dalla COGNOME, di dichiarare la nullità totale del precetto, essendosi limitato a pronunciarne la parziale inefficacia limitatamente alla maggior somma precettata, pari a euro 465. Dall ‘ altro lato, il Tribunale, ha respinto le domande di risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. proposte da entrambe le parti. Pertanto, alla luce della soccombenza reciproca delle parti, appare corretta e conforme al disposto dell ‘ art. 92 cpc la statuizione di compensare integralmente le spese di lite … Non merita, infine, accoglimento nemmeno il quinto motivo di gravame, con cui l ‘ appellante insiste per la condanna di controparte per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.»;
-avverso la predetta sentenza NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, fondato su quattro motivi;
-non svolgeva difese NOME COGNOME;
-in data 3/10/2023 veniva formulata proposta di definizione ai sensi dell ‘ art. 380bis c.p.c., che rilevava i seguenti profili di inammissibilità/manifesta infondatezza del ricorso: «- il primo motivo del ricorso appare manifestamente infondato, in quanto, trattandosi di giudizio in materia di esecuzione (opposizione all ‘ esecuzione ai sensi dell ‘ art. 615, comma 1, c.p.c.), non è applicabile la sospensione feriale dei termini; – il secondo motivo appare inammissibile, in quanto non coglie e non censura adeguatamente la effettiva ratio decidendi della pronuncia impugnata, in particolare nella parte in cui la corte d ‘ appello osserva che la pretesa di subordinare il pagamento del compenso all ‘ ausiliario alla consegna da parte sua degli allegati alla relazione avrebbe dovuto essere fatta valere nel procedimento di opposizione alla liquidazione del compenso stesso, costituente il titolo esecutivo posto a base del precetto opposto; – il terzo motivo appare manifestamente infondato, risultando correttamente applicato l ‘ art. 92 c.p.c., che consente la compensazione delle spese in caso di reciproca soccombenza parziale, come avviene nel caso in cui siano
accolte solo alcune delle domande avanzate; – il quarto motivo appare inammissibile e/o manifestamente infondato, in quanto generico (non si specifica in base a quale delle previsioni dell ‘ art. 96 c.p.c. era stata chiesta la condanna della controparte e in quali esatti termini la decisione di primo grado era stata impugnata); inoltre, con esso si censura un accertamento di fatto adeguatamente motivato in merito alla assenza di temerarietà dell ‘ azione esecutiva minacciata contro la ricorrente»;
-la ricorrente avanzava rituale istanza di decisione e, poi, depositava memoria ex art. 380bis .1, comma 1, c.p.c.;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 15/10/2024, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
-col primo motivo, la ricorrente deduce «Violazione e falsa applicazione ed in relazione dell ‘ art. 190 cpc e artt. 24 comma 2 e 111 comma 1 Costituzione in relazione all ‘ art. 360 comma 1 n. 4 cpc. Nullità della sentenza», in quanto deliberata in data 7/9/2022, prima dello spirare dei termini concessi per il deposito delle memorie di replica conclusionali»;
-la censura è manifestamente infondata e, come tale, inammissibile ex art. 360bis c.p.c.;
-nell ‘ istanza di decisione la stessa ricorrente ammette la manifesta infondatezza della censura, la quale si fonda sul mancato decorso, alla data della decisione, del termine per le difese finali, sospeso nel mese di agosto; in proposito si osserva che la sospensione feriale non si applica alle opposizioni esecutive, sicché il termine ex art. 190 c.p.c. era completamente spirato alla data (7/9/2022) della camera di consiglio della Corte d ‘ appello di Ancona;
-col secondo motivo, si censura la sentenza impugnata per «Violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 116 cpc in relazione all ‘ art. 360 cpc comma 1 nr 3 e 4 cpc. Nullità della sentenza»; deduce la ricorrente che la domanda non era da considerarsi nuova e che il motivo d ‘ appello era specifico,
contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale; inoltre, si lamenta che «La Corte d ‘ Appello ha errato nuovamente violando l ‘ art. 116 cpc per non aver valutato le prove fornite e le allegazioni delle parti nel giudizio di primo grado … non ha visionato né la documentazione depositata in primo grado, né, ancor più grave, quella depositata nel corso del giudizio di appello»;
-il motivo è inammissibile;
-un primo profilo di evidente inammissibilità si rinviene nella denuncia di violazione dell ‘ art. 116 c.p.c., disposizione che non attiene in alcun modo all ‘ affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui «La richiesta di ‘ subordinare il pagamento del dovuto alla verifica di integrità ed autenticità della predetta documentazione ‘ appare in ogni caso estranea al presente giudizio ed integra una domanda inammissibile, in quanto afferente al giudizio di merito, di opposizione al decreto di liquidazione posto a fondamento del precetto opposto, definito dalla Corte d ‘ Appello di Roma con ordinanza dell ‘ 11.4.2018»;
-anche a voler superare (in ipotesi) l ‘ errata indicazione della disposizione che si assume violata, si osserva che solo con l ‘ istanza di decisione ex art. 380bis c.p.c. la ricorrente ha aggredito la predetta ratio decidendi , di per sé idonea a fondare la statuizione di infondatezza del motivo; col ricorso introduttivo, infatti, si censura la sentenza impugnata per aver ravvisato una domanda nuova e per avere ritenuto generica la formulazione del motivo, mentre non si incide l ‘ argomento -peraltro correttamente addotto -secondo cui si sarebbe dovuto far valere l ‘ asserita condizione di esigibilità del credito della COGNOME nel giudizio in cui si era formato il titolo esecutivo giudiziale, che (come accertato nel merito) non risulta subordinato ad una prestazione della predetta creditrice; ed è noto che, per granitica giurisprudenza di legittimità, nessun atto ad esso successivo può valere a colmare le eventuali lacune del ricorso;
-col terzo motivo si lamenta la «Violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 92 cpc in relazione all ‘ art. 360 cpc comma 1 nr 3 e 4 cpc. Nullità della sentenza», per avere la Corte d ‘ appello confermato la disposta
compensazione delle spese, nonostante l ‘ accoglimento della domanda subordinata avanzata dalla ricorrente, e l ‘ irrilevante rigetto dell ‘ istanza ex art. 96 c.p.c.;
-anche tale censura è inammissibile;
-in primis , si conferma che «In tema di spese giudiziali, il sindacato di legittimità sulla pronuncia di compensazione è diretto ad evitare che siano addotte ragioni illogiche o erronee a fondamento della decisione di compensarne i costi tra le parti e consiste, come affermato dalla Corte costituzionale (sent. n. 157 del 2014), in una verifica ‘ in negativo ‘ in ragione della ‘ elasticità ‘ costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, ‘ non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese ‘ in favore della parte vittoriosa» (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 21400 del 26/07/2021, Rv. 662213-01);
-inoltre, la censura è manifestamente infondata (e, come tale, inammissibile ex art. 360bis c.p.c.), perché -come accertato dal giudice di merito -la contestazione della COGNOME investiva, in via principale, l ‘ intero diritto della COGNOME di agire in executivis e solo in parte tale domanda è stata accolta, essendo stato riconosciuto tale diritto per un minore importo: l ‘ accoglimento soltanto parziale dell ‘ opposizione (rileva la Corte territoriale, con apprezzamento di merito insindacabile in questa sede, «che in primo grado NOME COGNOME è risultata soccombente rispetto a buona parte delle proprie richieste») può costituire giusta ragione per la compensazione delle spese;
-col quarto e ultimo motivo, la ricorrente deduce «Violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 96 cpc in relazione all ‘ art. 360 cpc comma 1 nr 3 e 4 cpc. Nullità della sentenza», per essere stata esclusa la responsabilità aggravata della COGNOME nonostante il suo «comportamento scorretto punibile ai sensi dell ‘ art. 96, comma 2», c.p.c.;
-a ben vedere, il motivo potrebbe qualificarsi assorbito dal rigetto della terza censura, non potendosi ravvisare, nel caso, alcuna soccombenza della COGNOME;
-tuttavia, ai fini dell ‘ art. 380bis , comma 3, c.p.c., la censura va comunque esaminata;
-anche a voler superare la genericità della censura (di per sé ragione della sua inammissibilità ex art. 366 c.p.c.), si rileva, innanzitutto, che «L ‘ accertamento della responsabilità aggravata, che ricorre quando la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, rientra nei compiti del giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato.» (Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 7222 del 04/03/2022, Rv. 664188-01);
-inoltre, il riferimento all ‘ art. 96, comma 2, c.p.c. contenuto nel ricorso introduttivo non trova adeguata spiegazione nell ‘ atto (genericamente formulato), vieppiù perché dallo stesso non risulta affatto accertata «l ‘ inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l ‘ esecuzione forzata» (che, a norma dell ‘ art. 491 c.p.c., non comincia con la notifica del precetto di pagamento);
-si osserva, poi, che la motivazione fornita dalla Corte d ‘ appello per escludere l ‘ applicabilità dell ‘ art. 96 c.p.c. è tutt ‘ altro che implausibile o irragionevole, posto che non può ravvisarsi azione temeraria nella notifica del precetto relativo ad un credito effettivamente sussistente (ancorché in misura inferiore);
-da ultimo, non risulta aggredita l ‘ ulteriore ratio della sentenza, secondo cui «la mancata consegna dei verbali delle operazioni peritali e dell ‘ esame LTP costituisce circostanza del tutto inconferente rispetto alla condanna ex art. 96 c.p.c., che, presupponendo un abuso dello strumento processuale, è circostanza assai diversa dall ‘ asserito inadempimento dei doveri di lealtà, ovvero da pretese violazioni del codice deontologico degli psicologi»;
-in definitiva, il ricorso è inammissibile, come già rilevato nella proposta formulata ai sensi dell ‘ art. 380bis c.p.c.;
-non deve farsi luogo alla decisione sulle spese del giudizio di legittimità, attesa la indefensio dell ‘ intimata;
-tuttavia, poiché «la Corte … definisce il giudizio in conformità alla proposta», ai sensi dell ‘ art. 380bis , comma 3, c.p.c. trova applicazione il quarto comma dell ‘ art. 96 c.p.c.: conseguentemente, la ricorrente è condannato a pagare una somma in favore della cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di determinare in Euro 4.000,00;
-va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di Euro 4.000,00 a norma dell ‘ art. 96, comma 4, c.p.c.; ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,