Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27027 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27027 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3968/2021 R.G. proposto da :
NOME COGNOME ed NOME COGNOME in proprio e quali eredi di NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
-ricorrenti- contro
COGNOME NOMECOGNOME e COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME -controricorrenti- nonchè contro
LA SORDA CONCETTA,
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO dell’ AQUILA n.1027/2020 depositata il 20.7.2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.9.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con l’ordinanza – sentenza del 27.11.2014, il Tribunale di Chieti in composizione collegiale, in accoglimento dell’istanza ex art. 669novies c.p.c. presentata da COGNOME COGNOME e COGNOME NOME, quali eredi della deceduta COGNOME NOME, insieme a COGNOME NOME, contro COGNOME NOME, ed in contraddittorio con NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME, tenuto conto della pubblicazione della sentenza della Corte di Appello dell’Aquila, non ancora passata in giudicato, che aveva confermato la sentenza del Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona n.24/2013, che aveva definitivamente rigettato (per rinuncia all’appello di NOME e conferma del difetto di legittimazione attiva dei suoi aventi causa NOMECOGNOME la domanda di reintegrazione nel possesso del passaggio su una striscia di terreno posta tra due fabbricati in Francavilla al Mare, INDIRIZZO e INDIRIZZO, che in via provvisoria era stata accolta il 23.6.2008 in sede di reclamo dal Tribunale di Chieti in composizione collegiale in favore della sola COGNOME NOME, senza dichiarare espressamente l’inefficacia del provvedimento possessorio provvisorio adottato a favore della COGNOME e senza disporre il ripristino dello stato dei luoghi che era stato alterato per l’esecuzione dello stessi, ai sensi dell’art. 669 novies comma 3° c.p.c., dichiarava l’inefficacia del detto provvedimento interinale, e ordinava alla parte convenuta il ripristino dello stato dei luoghi, prevedendo solo in motivazione l’autorizzazione agli Scocco a
provvedere a propria cura e spese al ripristino in caso di inerzia della parte convenuta.
Con la medesima ordinanza-sentenza, il Tribunale di Chieti in composizione collegiale, nella resistenza dei soli NOMECOGNOME che avevano infondatamente contestato la legittimazione attiva degli eredi di NOME NOME ed inammissibilmente invocato in quella sede un proprio autonomo possesso del passaggio, condannava la parte convenuta (NOME COGNOME, NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME NOME) al pagamento delle spese processuali (indicate nel dispositivo in misura inferiore a quanto riportato nella liquidazione in motivazione) ed al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. per € 2.500,00.
Con la successiva ordinanza, oggetto del gravame rubricato al n.1007/2015 RG, il Tribunale di Chieti in composizione collegiale, su richiesta degli eredi COGNOME e di COGNOME NOME, correggeva gli errori contenuti nel dispositivo dell’ordinanza -sentenza in ordine alle spese (riportando l’importo già indicato nella motivazione nel dispositivo del provvedimento corretto), alla natura solidale della condanna alle spese processuali ed al risarcimento danni ex art. 96 c.p.c., che venivano riferiti ai soli NOME e non alla parte convenuta, nonché all’autorizzazione all’esecuzione delle opere di ripristino a cura degli COGNOME in caso di inerzia della convenuta, che non era stata riportata nel dispositivo.
Con due distinti atti di appello, NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME impugnavano l’ordinanza -sentenza del 27.11.2014, e poi la correzione della stessa, davanti alla Corte d’Appello dell’Aquila, e nel primo giudizio gli eredi COGNOME e COGNOME NOME resistevano contestando le ragioni del gravame, mentre non si costituivano nel giudizio di appello relativo alla correzione, e La Sorda NOME non si costituiva in entrambi i giudizi d’impugnazione, che venivano riuniti.
Con la sentenza n. 1027/2020 del 5.6/20.7.2020, la Corte d’Appello dell’Aquila, in parziale accoglimento del primo gravame, ordinava alla sola NOME unica beneficiaria del provvedimento possessorio interinale emesso in sede di reclamo divenuto inefficace, l’immediato ripristino dello stato dei luoghi, confermando però l’ordinanza gravata quanto alla condanna alle spese processuali e al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c., riferita però non più alla parte convenuta nel suo complesso, ma ai soli NOMECOGNOME in ragione delle pretestuose ed infondate eccezioni dagli stessi fatte valere, mentre riteneva inesistenti le notificazioni dell’appello iscritto con il numero di R.G. 1007/2015 relativo all’impugnazione dell’ordinanza di correzione del Tribunale di Chieti in composizione collegiale del 19.2.2015, in quanto l’avv. NOME COGNOME non risultava autorizzato ad effettuare notifiche ex L. n. 53/1994 e la notifica a mezzo pec era stata eseguita dall’avv. NOME COGNOME sulla base di una procura rilasciatagli solo a fini notificatori, e non di una procura ad litem.
Avverso questa sentenza, NOME e NOME, in proprio e quali eredi di NOME COGNOME hanno proposto ricorso a questa Corte, affidandosi a quattro motivi. COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno resistito con controricorso, mentre NOME é rimasta intimata.
È stata formulata proposta di definizione anticipata ex art. 380bis c.p.c. per inammissibilità e/o manifesta infondatezza del ricorso, e l’avv. NOME COGNOME per parte ricorrente ha depositato tempestiva istanza di decisione ex art. 380bis, comma 2°, c.p.c., a seguito della quale è stata fissata adunanza in camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) e 3) Col primo e terzo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, nn. 2) e 4) c.p.c., la violazione delle norme sulla competenza per la dichiarazione di inefficacia del provvedimento di reintegrazione nel possesso e la conseguente
nullità della sentenza impugnata per violazione degli articoli 669 quater e novies c.p.c., per ottenere la quale a loro avviso sarebbe stato necessario introdurre un autonomo giudizio ordinario e non utilizzare lo strumento dell’art. 669 novies comma 3° c.p.c.
Col secondo motivo, i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la violazione degli artt. 669 novies, quater, terdecies , 703 c.p.c. e 1168 e 1140 e segg. cod. civ. anche in relazione agli artt. 91, 92 e 96 c.p.c.
Col quarto motivo, articolato in riferimento al n. 5 del comma primo dell’art 360 c.p.c, i ricorrenti si dolgono dell’omessa considerazione di fatti decisivi e del vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Va preliminarmente osservato che a seguito della decisione di questa Corte resa a sezioni unite (Cass. sez. un. 10.4.2024 n. 9611), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione del Consigliere Delegato proponente, ex art. 380-bis c.p.c., al Collegio che definisce il giudizio, non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 c.p.c.
Il primo ed il terzo motivo, i soli che consentano, non senza difficoltà, di comprendere il contenuto specifico della censure avanzate, sono comunque inammissibili, in quanto l’impugnata sentenza, ha ricondotto il provvedimento impugnato del 27.11.2014, del Tribunale di Chieti in composizione collegiale, alla previsione dell’art. 669 novies comma 3° c.p.c., che prevede, l’adozione del provvedimento in forma di ordinanza, su ricorso al giudice che ha emesso il provvedimento cautelare, nei casi in cui a conclusione del giudizio di merito sia stato dichiarato inesistente il diritto alla cautela (nella specie alla reintegrazione nel possesso), peraltro espressamente qualificando il provvedimento, a pagina 9 punto 2.1, come ordinanza-sentenza, per la valutazione data sul punto controverso dell’effettivo verificarsi dell’inefficacia , conseguente al rigetto nel merito sopravvenuto della domanda
possessoria, contestata dagli COGNOME e quindi idoneo a pronunciarsi sulle spese e sulla responsabilità aggravata ex art. 96 comma 3° c.p.c. ed appellabile.
E invero, la reintegrazione nel possesso del passaggio era stata disposta a favore della sola La Sorda Concetta il 23.6.2008 in sede di reclamo dal Tribunale di Chieti in composizione collegiale, al quale quindi andava rivolta la richiesta di dichiarazione d’inefficacia di quel provvedimento, atteso che la sentenza del Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona n. 24/2013, conclusiva del giudizio di merito possessorio, aveva ribadito il difetto di legittimazione attiva degli NOME, e rigettato la domanda di reintegrazione, trovando conferma in secondo grado (non essendo richiesta dall’art. 669 novies comma 3° c.p.c., a differenza della previsione dell’art. 669 novies comma 2° c.p.c., il passaggio in giudicato), ma non aveva dichiarato l’inefficacia della reintegrazione nel possesso del passaggio disposta in favore di COGNOME NOME nel giudizio di reclamo il 23.6.2008, né il ripristino dello stato dei luoghi immutato, in esecuzione del provvedimento di reintegrazione.
Nella confusa esposizione dei motivi in esame, i ricorrenti, peraltro estranei alla declaratoria di inefficacia del provvedimento di reintegrazione nel possesso, che in via interinale era stato emesso a favore della sola La Sorda NOME, e privi quindi anche di un interesse personale sul punto determinante l’inammissibilità, non hanno invocato l’inapplicabilità ratione temporis dell’art. 669 novies 3° comma c.p.c. a un procedimento possessorio introdotto prima del 15.6.2009 (vedi sull’inapplicabilità per ragioni di diritto transitorio dell’art. 669 novies comma 3° c.p.c. ai procedimenti possessori instaurati prima del 15.6.2009, nei quali la domanda iniziale già conteneva la richiesta di tutela sotto il profilo del merito possessorio, senza bisogno di un’ulteriore istanza di prosecuzione
del ricorrente secondo lo schema proprio dei provvedimenti cautelari anticipatori Cass. 30.5.2003 n. 8766).
Comunque, anche a fronte dell’inapplicabilità di tale speciale disposizione processuale, rilevabile anche d’ufficio, sarebbe stato in ogni caso competente a dichiarare l’inefficacia e a disporre il ripristino secondo le regole processuali ordinarie il Tribunale di Chieti in composizione collegiale, che aveva emesso il provvedimento interinale poi non confermato a conclusione del giudizio di merito possessorio, e nel cui circondario si trovavano sia il bene immobile posseduto, sia la residenza dell’unico contraddittore necessario, NOME.
Peraltro, visto anche che è stata pronunciata un’ordinanza -sentenza ritenuta appellabile dagli stessi NOMECOGNOME non si vede quale pregiudizio possano avere subito costoro per effetto del richiamo all’art. 669 novies comma 3° c.p.c. Semmai le censure si sarebbero dovute rivolgere in modo chiaro alla loro condanna alle spese processuali di primo grado ed al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto dopo avere richiamato l’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., affastella confusamente censure di violazione degli articoli 669 novies, quater e terdecies c.p.c. e degli articoli 703 c.p.c., 1168 e 1140 cod. civ., 91, 92 e 96 c.p.c., senza argomentare compiutamente ed autonomamente le singole censure in modo tale da consentirne la comprensione. Il cumulo affastellato e disorganico di doglianze, sotto il velo di pretese plurime violazioni di disposizioni normative, senza che nel mezzo stesso se ne individui la portata precettiva e la consistenza, né il perché la Corte territoriale se ne sarebbe discostata, comporta l’inammissibilità del motivo di ricorso (vedi in tal senso Cass. ord. 25.3.2024 n. 8023).
Ugualmente inammissibile è il quarto motivo di ricorso, in quanto la motivazione insufficiente, o contraddittoria non è più sindacabile
dopo la riforma dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. operata dall’art. 54 comma 1 lettera b) del D.L. 22.6.2012 n. 83, convertito con modificazioni dalla L.7.8.2012 n. 134; e, per quanto già riportato nella descrizione dei fatti, non è ravvisabile la mancanza della motivazione della sentenza impugnata. Peraltro non risultano essere stati individuati i fatti storici principali, o secondari decisivi, che non sarebbero stati considerati, siccome, per contro, richiesto dall’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. (vedi Cass. n. 12990/2009). Per il resto nella parte argomentativa i ricorrenti, anche in questo caso, affastellano confusamente fatti e censure eterogenee, senza consentire di individuare compiutamente e sinteticamente il contenuto autonomo di queste ultime, pretendendo inammissibilmente di rimettere alla Corte stessa la selezione delle censure.
Di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334, comma 2, cod. proc. civ., sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis cod. proc. civ. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”.
I ricorrenti vanno condannati in solido, in ragione della soccombenza, e della sostanziale conformità della decisione adottata alla proposta di definizione anticipata, al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, ed al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. liquidati in dispositivo in favore dei controricorrenti, nonché al pagamento in favore della Cassa
delle Ammende ex art. 96 comma 4° c.p.c. della somma indicata in dispositivo.
Vanno invece dichiarate irripetibili le spese processuali del giudizio di legittimità dei ricorrenti nei confronti dell’intimata, NOME.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso, e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed € 2.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15% ed al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. per l’importo di €2.000,00 in favore dei controricorrenti, ed al pagamento in favore della Cassa delle Ammende ex art. 96 comma 4° c.p.c. della somma di € 1.000,00. Dichiara irripetibili le spese processuali dei ricorrenti nei confronti di COGNOME NOME. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n.115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16.9.2025 Il Presidente NOME COGNOME