Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16225 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16225 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 22196/2023 r.g. proposto da:
Laboratorio di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME il quale chiede di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento al proprio indirizzo di posta elettronica certificata indicato.
-ricorrente –
contro
Azienda Sanitaria Locale Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore,
– intimata –
avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno n. 531/2023, depositata in data 20/4/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/6/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con ricorso per decreto ingiuntivo depositato il 26/11/2015 il RAGIONE_SOCIALE chiedeva il pagamento della somma di euro 6454,30, dovuto per le prestazioni erogate nel mese di ottobre 2014 come riportate nella fattura n. 3317 del 31/10/2014.
Proponeva opposizione la Asl deducendo che il pagamento non poteva essere effettuato a causa «del superamento dei limiti di spesa per l’anno 2014 per la macro area di ‘Specialistica Ambulatoriale’». Inoltre, la società non aveva emesso la nota di credito richiesta.
L’Asl depositava anche il contratto sottoscritto tra le parti prodotto nel fascicolo del monitorio.
Il tribunale di Salerno con sentenza n. 2889/2020, depositata il 30/11/2020, rigettava l’opposizione, in quanto la Asl, con riferimento al superamento dei limiti di spesa per l’anno 2014, si era limitata ad allegare unicamente la nota interna n. 828 del 10/12/2015. Tra l’altro, alla voce ‘regressione per superamento limiti di spesa’, per l’anno 2014 si evidenziava uno sforamento pari a ‘zero’.
Avverso tale sentenza proponeva appello la Asl deducendo:1) errata valutazione delle allegazioni afferenti al superamento dei limiti di spesa;2) errata applicazione della disciplina contrattuale sull’emissione delle note di credito; 3) errata applicazione della disciplina contrattuale relativa ai limiti di spesa, in quanto la prova
del superamento dei limiti della specialistica ambulatoriale derivava dalla riunione del 13/4/2015 ove si era definitivamente accertata l’erogazione di n. 29.747 prestazioni, a fronte di n. 25.985 prestazioni erogate nell’anno precedente, per una variazione pari a 14,48%, ovvero ben oltre il limite di tolleranza del 10%; 4) contraddittorietà del dispositivo in ordine al riconoscimento degli interessi.
La Corte d’appello di Salerno, con sentenza n. 531/2023, pubblicata il 24 2023, evidenziava, d’ufficio, l’assenza delle «condizioni normative e pattizie che avrebbero legittimato la società a chiedere ed ottenere la remunerazione delle prestazioni erogate»; in particolare la richiesta della società presupponeva «oltre all’accreditamento della struttura privata, la stipula di un valido ed efficace contratto tra le parti».
Non si poteva prescindere dall’adozione di un provvedimento amministrativo di accreditamento, oltre che dalla stipulazione di un contratto.
La società, in ordine ai fatti costitutivi della pretesa creditoria, «nulla ha dimostrato, non avendo prodotto in giudizio, entro il termine all’uopo previsti dall’ordinamento processuale, alcun documento comprovante la sussistenza, con riferimento all’epoca alla quale si riferiscono le prestazioni de quibus , di un rapporto contrattuale – oltre che di accreditamento – instaurato nelle forme richieste dalla legge – a pena, peraltro, di nullità, rilevabile anche d’ufficio» non era idoneo allo scopo il contratto «versato in atti (cfr. allegato in copia al fascicolo della società appellata, il contratto del 12 dicembre 2014), in quanto non sarebbe possibile applicare tale accordo retroattivamente, in relazione, cioè, a prestazioni erogate nel mese di ottobre dell’anno 2014, proprio per i rigorosi vincoli formali ai quali si è fatto cenno nelle pagine che precedono»,
non essendo ipotizzabile alcuna forma di sanatoria, convalida o ratifica, né, tantomeno, alcun atto ricognitivo ad opera delle parti, potesse abilitare a disciplinare ex post prestazioni già del tutto eseguite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società.
È rimasta intimata la Asl.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., degli articoli 112 e 132, secondo comma, n. 4, c.p.c.».
La Corte territoriale ha ritenuto fondato l’appello, reputando che la società non avesse fornito la prova, con riferimento all’epoca in cui aveva erogato le prestazioni, della sussistenza di un valido ed efficace rapporto con la Asl.
In tal modo, la Corte di merito ha deciso la causa basandosi «sulla non fornita prova di un valido ed efficace rapporto tra le parti, senza che sul punto fosse stata mossa alcuna specifica eccezione e pur essendo l’intero impianto dell’atto di appello, presupposto proprio sulla ritenuta piena validità ed efficacia del rapporto sussistente sulla base dell’accordo sottoscritto e depositato in atti dalle parti che ne chiedevano l’applicazione».
Del resto, le eccezioni meramente impeditive, indicate nell’atto di citazione in opposizione dalla Asl, e poi riprese con i motivi d’appello, risultavano essere incentrate sulla regressione tariffaria da applicarsi per l’anno contrattuale, oltre che sulla mancata emissione della nota di credito e, in generale per la violazione del tetto di spesa.
Tutte tali eccezioni «non possono prescindere dalla considerata esistenza di tutti presupposti costitutivi del rapporto che si
concretizzano proprio in quel contratto tra le parti depositato in atti, sottoscritto ad substantiam , cui la medesima appellante si è riportata anche nelle conclusioni».
La Corte d’appello, quindi, si sarebbe pronunciata su fatti e questioni da essa desunti e mai oggetto di specifica eccezione, in tal modo violando l’art. 112 c.p.c., per l’evidente contrasto tra il chiesto e pronunciato.
In particolare, la ricorrente ha affermato che «La Corte di Appello ha surrettiziamente rilevato la mancata prova di un valido ed efficace rapporto di accreditamento e contrattuale che, invece, le stesse parti hanno riferito sussistere proprio in virtù di quel contratto sottoscritto ( ad substantiam ), depositato come allegato già dal ricorso monitorio».
Per la ricorrente la Corte territoriale «per stigmatizzare un deficit istruttorio degli elementi costitutivi del credito, formalmente inesistente, ha erroneamente esercitato un potere officioso su questione non obiettata dalle parti né rilevabile d’ufficio»,
Con il secondo motivo di impugnazione si deduce la «violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 101 c.p.c.»
La Corte d’appello, ritenendo che la creditrice ricorrente non avesse fornito la prova della sussistenza di un valido ed efficace rapporto con la Asl, «ha deciso la causa, sulla non fornita prova di un valido ed efficace rapporto tra le parti, senza che sul punto fosse stata mossa alcuna specifica eccezione».
La Corte territoriale ha affrontato la questione della inefficacia e della invalidità del contratto, senza invitare le parti a fare le loro osservazioni sul punto ai sensi dell’art. 101, secondo comma, c.p.c.
Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la «violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 3, c.p.c., dell’art. 8-quinquies, comma 2, del d.lgs. n. 502/1992, dell’art. 32, comma 8, della legge 27 dicembre 1997, dell’art. 2, comma 5, della legge 28 dicembre 1995 n. 549, dell’art. 1, comma 32, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in riferimento agli articoli 1322, 1325 e 1372 c.c.».
La Corte d’appello ha sostenuto la non utilizzabilità del contratto depositato in atti, in quanto le prestazioni erano state già rese prima della stipula dello stesso, ravvisando un’ipotesi di invalidità ed inefficacia del contratto.
Per la ricorrente, invece, la regolamentazione contrattuale deve essere applicata al rapporto intercorso tra le parti, «nonostante la stipula del contratto risulti (in tutto o in parte) sopravvenuta all’erogazione delle prestazioni».
Ciò in quanto la disciplina contrattuale risulta stabilita già a monte dal provvedimento amministrativo (delibera regionale o decreto commissariale), tanto che lo schema pattizio è compiutamente delineato dal decreto ed i centri accreditati alle aziende sanitarie locali non possono far altro che sottoscrivere il detto schema, senza poter incidere sul suo contenuto.
La sottoscrizione del contratto in corso o alla fine dell’anno finanziario «non incide sul diritto della struttura accreditata a vedersi remunerare le prestazioni erogate».
Del resto, nel contratto stipulato il 12/12/2014 si fa riferimento a tutte le prestazioni relative all’anno 2014.
Il contratto rappresenta il punto terminale del procedimento amministrativo «in assoluta aderenza al panorama normativo (a fonte mista statale/regionale) nel cui ambito il rapporto di accreditamento si svolge».
Inoltre, tale contratto, per obiettiva funzione, in quanto atto terminale del più complesso procedimento attraverso il quale si
concretizza all’attività autoritativa della PA, ha valore retroattivo rispetto alla data di stipula.
Con il quarto motivo di impugnazione si deduce la «violazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., deducendosi il mancato rispetto dei principi in tema di giudicato formale e sostanziale».
La Corte d’appello non ha tenuto conto della formazione del giudicato interno in ordine alla sussistenza ed alla efficacia del contratto.
Il tribunale di Salerno ha ritenuto che le prestazioni erogate dalla struttura nell’anno 2014 hanno comportato rispetto all’anno 2013 un incremento inferiore al 5%, quindi ampiamente «nei limiti presupposti dal contratto», giungendo ad affermare che la pretesa creditoria «risulta legittimamente avanzata e idoneamente comprovata dalla documentazione probatoria offerta».
Ciò significa che il tribunale ha logicamente effettuato un’analisi del contratto, valutandolo positivamente.
Il ricorso è inammissibile.
5.1. L’appello è stato accolto sulla base di due rationes decidendi , e cioè la mancata prova sia dell’accreditamento che del contratto scritto, ciascuna idonea a supportare la decisione; i motivi di ricorso attengono solo al contratto scritto.
5.2. Per questa Corte, dunque, nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione
della sentenza, “in toto” o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano.
Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (Cass., sez. 1, 27/7/2017, n. 18641; Cass., sez. 1, 18/4/1998, n. 3951; Cass., sez. 1, 18/9/2006, n. 20118; Cass., Sez.U., 8/8/2005, n. 16602).
Invero, il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi”, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass., sez. L., 4/3/2016, n. 4293; Cass., Sez.Un., 29/3/2013, n. 7931).
6. Non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva della ASL.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-q uater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 giugno 2025