Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34109 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34109 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
Oggetto: fideiussione – disconoscimento della sottoscrizione – inammissibilità del ricorso per confusa esposizione dei motivi
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 17613/21 proposto da:
-) COGNOME NOME COGNOME domiciliata ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-) RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno 1° aprile 2021 n. 440; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 novembre 2024 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2003 l’Amministrazione finanziaria versò alla società RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 400.000 a titolo di rimborso dell’IVA dovuta per l’anno 2002. In seguito si accerterà che la somma non era dovuta, ed anzi frutto del reato di cui all’art. 648 bis c.p. (Sez. 5 penale, Sentenza n. 11542 del 29.3.2022).
L’obbligo restitutorio della RAGIONE_SOCIALE era stato garantito con polizza fideiussoria dalla società RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE (che per effetto di successive fusioni diverrà UnipolSai s.p.a.; come tale sarà d’ora innanzi comunque indicata).
La UnipolSai, adempiuta l’obbligazione di garanzia, ne chiese il rimborso stragiudizialmente ad NOME COGNOME indicata come controgarante.
Nel 2009 NOME COGNOME convenne dinanzi al Tribunale di Salerno, sezione di Eboli (nelle forme della chiamata in causa) la UnipolSai, chiedendo che fosse accertata l’insussistenza della propria qualità di controgarante della RAGIONE_SOCIALE e dichiarando in limine di disconoscere la sottoscrizione, formalmente a lei riconducibile, apposta in calce al documento contrattuale indicato dall’assicuratore come fonte della sua obbligazione (c.d. ‘appendice di polizza’).
La UnipolSai si costituì e chiese in via riconvenzionale che, previa verificazione dell’autenticità della sottoscrizione di NOME COGNOME l’attrice fosse condannata al pagamento della somma di euro 493.065,11.
Con sentenza 22.8.2019 n. 2646 il Tribunale di Salerno ritenne dimostrata l’obbligazione di NOME COGNOME ed accolse la domanda riconvenzionale della UnipolSai.
La sentenza fu appellata dalla soccombente.
Con sentenza 1° .4.2021 n. 440 la Corte d’appello rigettò il gravame. La Corte d’appello ritenne che:
-) la condotta di NOME COGNOME che non si presentò al cospetto del perito grafologo per vergare le scritture di comparazione, valutata unitamente agli altri elementi disponibili, consentiva di ritenere autentica la sottoscrizione del contestato documento;
-) la deposizione resa dal testimone intimato dall’attrice era inutilizzabile, in quanto quel testimone era stato interrogato dopo che l’attrice
era già decaduta dalla prova ex art. 104 disp. att. c.p.c., per non averlo intimato in una precedente udienza;
-) la deposizione resa dal testimone intimato dalla UnipolSai non contraddiceva la domanda di quest’ultima.
La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su quattro motivi ed illustrato da memoria. La UnipolSai ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo la ricorrente prospetta, formalmente, sia l’ error in procedendo di cui all’articolo 360 n. 4 c.p.c., sia l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’articolo 360 n. 5 c.p.c., sia la violazione dell’articolo 2697 c.c. (deve ritenersi, ai sensi dell’articolo 360 n. 3 c.p.c.).
L’illustrazione del motivo, estesa nei fogli 6-10 del ricorso (le cui pagine non sono numerate), costituisce un eteroclito ghirigoro di affermazioni scollegate da un comprensibile e logico filo conduttore.
L ‘illustrazione esordisce affermando che la C orte d’appello avrebbe violato l’articolo 2697 c.c.; prosegue sostenendo che era onere della UnipolSai dimostrare l’esistenza dell’obbligazione di cui pretendeva l’adempimento; quindi passa a sostenere che una perizia disposta dall’autorità inquirente nell’ambito di un procedimento penale (di cui non si dice a carico di chi e per quale reato) aveva escluso che la sottoscrizione di NOME COGNOME fosse autentica. Il motivo si conclude sostenendo che la sentenza non sarebbe adeguatamente motivata e che l’odierna ricorrente senza colpa non poté tempestivamente produrre in primo grado gli atti di indagine e la suddetta perizia.
1.2. Il motivo è manifestamente inammissibile per la eterogeneità delle suddette censure.
E’ anche inammissibile per la deficitaria localizzazione del documento del cui mancato esame si duole, imposta a pena di inammissibilità dall’art. 366, n. 6, c.p.c..
Ancora, è inammissibile perché estraneo alla ratio decidendi : la Corte d’appello ha ritenuto ‘inescusabile’ la tardiva produzione della perizia penale , e la ricorrente non censura validamente questa affermazione.
Infine, il motivo è inammissibile perché lamenta la violazione di una norma (l’articolo 2697 c.c.) della quale la C orte d’appello non ha fatto applicazione. La C orte d’appello infatti ha deciso la causa non già in base al principio actore non probante, reus absolvitur , ma in base alla ritenuta dimostrata sussistenza della autenticità del contratto sottoscritto da NOME COGNOME.
2. Il secondo motivo di ricorso .
Il secondo motivo è formalmente rubricato ‘ violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’articolo 360 n. 5 c.p.c. in combinato disposto con l’articolo 2697 c.c. in tema di prove – per omessa insufficiente, contraddittorie motivazioni in relazione ad un fatto decisivo della controversia ‘ .
L ‘illustrazione del motivo è così concepit a: ai fogli 10-11 la ricorrente elenca le censure mosse con l’atto d’appello alla sentenza di primo grado; nelle prime righe del foglio 12 la ricorrente conclude affermando che la C orte d’appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la domanda formulata dalla UnipolSai anziché accoglierla.
2.1. Il motivo è manifestamente inammissibile per la radicale mancanza di qualsiasi ragionata censura avverso la sentenza di primo grado; è altresì inammissibile – come il primo – per il mancato assolvimento dell’onere di cui all’art. 366, n. 6, c.p.c..
3. Il terzo motivo di ricorso.
Col terzo motivo è lamentata la violazione dell’articolo 2697 c.c. .
Nell ‘ illustrazione del motivo la ricorrente, dopo aver esordito richiamando il principio di cui al l’articolo 2697 c.c., prosegue affermando che il giudice d’appello ‘ non ha tenuto conto dei mezzi di prova espletati e depositati da questa difesa ‘; si duole genericamente del giudizio con cui la C orte d’appello ha tratto argomenti di prova dalla sua renitenza a redigere le scritture di comparazione; nega di avere rifiutato di redigere quelle scritture; conclude chiedendo a questa Corte ‘ di analizzare e verificare quanto eccepito in ordine alla valutazione operata dal giudice di primo grado’ (richiesta oggettivamente inintelligibile).
3.1. Anche questo motivo è inammissibile per totale incomprensibilità della censura.
In ogni caso, se in ipotesi – ma benevolmente – lo si volesse interpretare come denuncia della violazione dell’art. 2697 c.c., il motivo sarebbe infondato per quanto già detto al precedente § 1.2.
Se, invece, lo si volesse interpretare come denuncia dell’erroneità del giudizio di autenticità della sottoscrizione il motivo è inammissibile perché censura un apprezzamento di fatto.
Lo stesso dicasi se lo si volesse interpretare come denuncia di un errore nella valutazione del comportamento della parte.
Infine, se lo si volesse interpretare come denuncia di un vizio di motivazione, il motivo sarebbe manifestamente infondato. La motivazione della Corte d’appello è infatti limpidissima: la condotta dell’attrice e le prove raccolte deponevano per l’autenticità della sottoscrizione.
Il quarto motivo di ricorso censura la valutazione delle prove testimoniali ed è manifestamente inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
La palese inammissibilità dei motivi di ricorso, quando non la loro oscurità; la evidente eterogeneità delle censure (le poche comprensibili) rispetto alla ratio
decidendi ; il diffuso riferimento nel ricorso ad atti e fatti non altrimenti chiariti, sono altrettanti indici rivelatori quanto meno d’un abuso processuale nella proposizione dell’impugnazione, che giustifica la condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c..
P.q.m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore di UnipolSai s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 11.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) condanna NOME COGNOME al pagamento in favore di UnipolSai s.p.a. della somma di euro 2.500 ex art. 96, terzo comma, c.p.c.;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della