Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27476 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27476 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 17224/2024 r.g. proposto da:
COGNOME NOME ed COGNOME NOME, entrambi elettivamente domiciliati in Pescara, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che li rappresenta e difende , unitamente all’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale allegata al ricorso.
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, e per essa, quale mandataria, RAGIONE_SOCIALE (attuale denominazione di RAGIONE_SOCIALE), elettivamente domiciliata in Teramo, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende giusta procura allegata al controricorso.
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata
e difesa dall’AVV_NOTAIO giusta procura speciale allegata al controricorso.
-controricorrente –
avverso la sentenza, n. cron. 626/2024, della CORTE DI APPELLO DI L’AQUILA depositata in data 14/05/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 10/10/2025 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto ritualmente notificato il 13 settembre 2017, la RAGIONE_SOCIALE, quale debitrice principale, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali fideiussori, proposero formale opposizione, ex art. 645 cod. proc. civ., al decreto ingiuntivo n. 903/2017 -reso dal Tribunale di Pescara e munito della clausola di provvisoria esecuzione – con il quale era stato intimato loro di pagare, in favore di RAGIONE_SOCIALE, la somma di € 518.209,44, oltre interessi e spese della procedura monitoria, quale saldo debitore, alla data del 15 marzo 2017, del contratto di finanziamento chirografario n. 4275700, concesso in data 21 dicembre 2012, dell’originario importo di € 600.000. Dedussero: a ) la nullità di quel decreto perché reso in difetto di prova idonea del credito; b ) la indeterminatezza del tasso di interesse in quanto da individuarsi con riferimento al parametro Euribor -il cui richiamo comunque rendeva nulla la relativa pattuizione per effetto della cd. Truffa Euribor -che impediva ai mutuatari di poter conoscere a priori l’entità dello stesso; c ) la divergenza tra tasso di interesse contrattualmente previsto e tasso effettivamente applicato dall’Istituto di credito in costanza di rapporto; d ) il difetto di una valida pattuizione del tasso di interesse ultralegale, unilateralmente imposto dall’Istituto di credito , con conseguente necessità di sua rideterminazione ex art. 1284, comma 3, cod. civ. o, al più, ex art. 117 TUB. In merito, poi, alla fideiussione sottoscritta dal COGNOME e dalla COGNOME, lamentarono la violazione, da parte della RAGIONE_SOCIALE, d el disposto di cui all’art. 1956 cod. civ. avendo quest’ultima omesso di informare periodicamente i garanti delle
condizioni economiche della debitrice principale ed avendo continuato ad erogarle credito nonostante il peggioramento delle sue condizioni economiche, pur prevedendo il relativo contratto, all’art. 5, un tale onere in capo al mutuante. Rappresentarono, altresì, che del tutto illegittima doveva ritenersi la segnalazione alla RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE d’Italia stante la illegittimità delle condizioni economiche di cui al contratto de quo e, dunque, la erroneità della esposizione debitoria denunciata che, ove il contratto fosse stato rispondente ai dettami normativi, non sarebbe esistita o, comunque, sarebbe stata di entità senz’altro minore. Conclusero, pertanto, affinché l’adito tribunale previa sospensione della provvisoria esecuzione del provvedimento monitorio sussistendo gravi motivi ex art. 649 cod. proc. civ., volesse accogliere le seguenti conclusioni: « in via principale, rigettare il decreto ingiuntivo opposto in quanto inammissibile, illegittimo e, comunque, infondato; , in via subordinata, dichiarare la nullità del contratto di finanziamento per cui è causa per difetto di forma ex artt. 1418 e 1325 n. 4 c.c.; dichiarare la nullità del contratto di finanziamento di cui è causa per mancanza, ovvero per impossibilità e/o indeterminatezza dell’oggetto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1418, 1325 n. 3 e 1346 c.c.; dichiarare la nullità delle clausole di determinazione degli interessi in misura ultralegale contenute nel contratto di finanziamento; dichiarare, per l’effetto, che gli interessi corrispettivi siano dovuti esclusivamente nella misura legale, secondo la previsione dell’art. 1284, III comma, c.c. o, al limite, nella percentuale prevista dall’art. 117 T.U.B.; accertare l’entità degli interessi effettivamente percepiti dalla RAGIONE_SOCIALE in conformità a quanto disposto dalla L. n. 108/96; accertare se la RAGIONE_SOCIALE ha applicato a parte opponente sul rapporto di finanziamento per cui è causa, interessi usurari e, in tal caso, dichiarare non dovuto alla RAGIONE_SOCIALE opposta su tale rapporto alcun interesse con decorrenza dalla data che risulterà di giustizia; accertare e dichiarare la nullità e/o l’annullabilità e/o l’inefficacia delle fideiussioni prestate dagli opponenti relativamente ai rapporti bancari per cui è causa; accertata la nullità della clausola contrattuale di determinazione del tasso di interesse nel contratto di finanziamento ed, eventualmente operata la compensazione legale, ridurre il
credito della RAGIONE_SOCIALE, ovvero condannare la RAGIONE_SOCIALE opposta, in persona del legale rappresentante pro tempore , a pagare a parte opponente le somme di cui la stessa risulterà creditrice all’esito degli accertamenti di cui sopra e/o dell’espletanda istruttoria, ovvero nella somma maggiore o minore che risulterà di giustizia oltre interessi legali e rivalutazione monetaria ».
Costituitasi la RAGIONE_SOCIALE, che contestò integralmente gli avversi assunti chiedendone il rigetto , l’adito tribunale , ritenuta superflua la perizia tecnico contabile invocata dagli opponenti, con sentenza n. 1273 del 2021, rigettò la domanda di nullità del decreto ingiuntivo emesso, escluse l’indeterminatezza del riferimento all’ Euribor e l’applicabilità degli effetti della manipolazione di tale parametro, dichiarò insussistente il profilo usurario eccepito e considerò non provata la violazione d ell’articolo 1956 c od. civ., infondata l’eccezione di nullità delle fideiussioni per effetto dell’accertamento antimonopolistico della RAGIONE_SOCIALE d’Italia . Confermò, dunque, il decreto ingiuntivo opposto, condannando gli opponenti, in solido tra loro, al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio.
2. Il gravame promosso esclusivamente da NOME COGNOME e NOME avverso questa decisione fu respinto dall’adita Corte di appello di L’Aquila, con sentenza del 14 maggio 2024, n. 626 pronunciata nel contraddittorio con la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima ivi intervenuta, ex art. 111 cod. proc. civ., tramite la mandataria, RAGIONE_SOCIALE (attuale denominazione di RAGIONE_SOCIALE),
Per quanto qui ancora di interesse, quella Corte ritenne infondati: i ) il primo motivo di appello -con cui era stato lamentato il difetto di legittimazione dell’appellata per l’asserita carenza di prova della cessione del credito, effetto di una scissione parziale ai sensi dell’art. 2506 c od. civ. del 25 novembre 2020, giusta atto per AVV_NOTAIO di Siena, rep. NUMERO_DOCUMENTO, racc. NUMERO_DOCUMENTO, iscritto nel registro delle imprese di Arezzo-Siena con protocollo n. 34100/2020 del 3 settembre 2020 per BMPS e nel Registro delle Imprese di Napoli con protocollo n. NUMERO_DOCUMENTO in data 2 settembre 2020, per RAGIONE_SOCIALE. Secondo gli appellanti non sarebbe stato sufficiente il solo avviso di pubblicazione della cessione sulla Gazzetta Ufficiale per ritenere assolto
l’onere probatorio circa il trasferimento del credito oggetto di causa -fornendo ampia giustificazione del proprio convincimento sul punto ( cfr., amplius , pag. 8-10 della sentenza impugnata); ii ) il quarto motivo di appello -relativo all’asserita nullità, annullabilità e/o inefficacia delle fideiussioni prestate -esaustivamente argomentandone le ragioni ( cfr. amplius , pag. 15 e ss. della medesima sentenza).
Per la cassazione di questa sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso affidandosi a due motivi, entrambi recanti plurime censure. Hanno resistito, con separati controricorsi, RAGIONE_SOCIALE, tramite la mandataria RAGIONE_SOCIALE (attuale denominazione di RAGIONE_SOCIALE), ed RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE
Il 4 dicembre 2024, il consigliere delegato ha depositato una proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380bis cod. proc. civ., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Con istanza del 27 dicembre 2024, il NOME e la NOME hanno chiesto la decisione del loro ricorso. Sono state depositate memorie ex art. 380bis .1 cod. proc civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. per aver la Corte territoriale. omesso di pronunciarsi ‘su tutta la domanda’ che, formulata con l’Atto di citazione in appello dello 04.04.20227, è stata integrata con le ‘Note di trattazione scritta’ dello 09.11.2022 e ribadita con le ‘Note di trattazione scritta’ del 12.12.2023 con, perciò, documentata ‘violazione della corrispondenza tra il chiesto e il (non) pronunciato’ sul ‘difet to di legittimazione attiva’ tanto dell’ RAGIONE_SOCIALE, che dell ‘ RAGIONE_SOCIALE così da consentire al ‘giudice di legittimità – in tal caso giudice anche del fatto processuale – di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello (cf. ex plurimis: Cass. 13/10/2022, n. 29952)» ;
II) « Violazione o falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ‘di norme di diritto’ di cui all’art. 91 c.p.c. perché, anziché ritenere la Corte territoriale che ‘RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dalla mandataria RAGIONE_SOCIALE‘ fossero delle ‘parti vittoriose’, in quanto carenti di ‘legittimazione attiva’ al giudizio d’appello erano, invece, oltre che ‘soccombenti’, delle litiganti temerarie ».
Va rilevato, in primis , che la menzionata proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. ha il seguente tenore:
« 1. Il primo motivo di ricorso, che, per ampi tratti, appare confuso e poco chiaro nella sua articolazione, parrebbe riferito ad un asserito mancato esame, da parte della corte distrettuale, delle argomentazioni riguardanti la questione relativa alla pretesa carenza di legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE, sollevata dagli odierni ricorrenti con le note di trattazione di udienza del 9 novembre 2022 e reiterate nelle note di precisazione delle conclusioni del 12 dicembre 2023.
1.1. Esso è inammissibile, giacché è svolto in modo poco comprensibile e senza indicare, tra l’altro, quale sia la statuizione della sentenza che gli istanti abbiano inteso impugnare. In realtà, detta pronuncia non si occupa espressamente della questione su cui il motivo di ricorso è incentrato (o meglio, sembrerebbe incentrato). Ciò posto, va qui solamente rammentato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza, e della riferibilità alla decisione stessa, con la necessità dell’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero delle lamentate carenze di motivazione (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4265 del 2020; Cass. n. 20652 del 2009; Cass. n. 13259 del 2006).
1.2. A tanto deve aggiungersi che:
l’art. 111 cod. proc. civ. prevede: i) al primo comma che ‘Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie’; ii) al secondo comma,
che ‘. In ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l’alienante o il successore universale può esserne estromesso’; iii) al terzo comma, che ‘La sentenza pronunciata c ontro questi ultimi spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, salve le norme sull’acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione’;
l’intervento di cui all’art. 111 cod. proc. civ. è sicuramente possibile anche in grado di appello;
costituisce principio giurisprudenziale consolidato di legittimità quello per cui la successione per atto tra vivi a titolo particolare nel diritto controverso, disciplinata all’art. 111 cod. proc. civ., concerne la titolarità attiva e passiva dell’azione, e non già la capacità di agire applicata al processo, con la conseguenza che essa non far venir meno l’interesse ad agire o a resistere in capo agli originali attori e convenuti, né la legittimazione dell’originario titolare del diritto. Tale legittimazione, tuttavia, ha portata meramente sostitutiva e processuale, con la conseguenza che gli effetti sostanziali della pronuncia si spiegano solo nei confronti dell’effettivo nuovo titolare, sia o meno il medesimo intervenuto in giudizio (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 10442 del 2023; Cass. n. 22503 del 2014; Cass., SU, n. 22727 del 2011; Cass. nn. 6945 e 15674 del 2007);
d) qualora il cessionario di un credito intervenga nella controversia promossa dal cedente contro il debitore, anche in grado d’appello, come consentitogli dall’art. 111, comma 3, cod. proc. civ., in qualità di successore a titolo particolare nel diritto controverso, può pronunciarsi la condanna del convenuto all’adempimento direttamente in favore di detto cessionario, indipendentemente dalla mancata estromissione dalla causa del cedente, ove il cessionario medesimo abbia formulato una domanda in tal senso con l’adesione del cedente e non vi siano contestazioni da parte del debitore ceduto neppure in ordine al verificarsi della cessione stessa (cfr. Cass. n. 10442 del 2023, Cass. SU n. 6418 del 1986). Nella specie, alcunché è stato allegato, ancor prima che dimostrato, dai ricorrenti circa un’avvenuta richiesta di estromissione dal giudizio di appello della banca cedente.
1.3. Il motivo, inoltre, si rivela carente di autosufficienza nella misura in cui nemmeno consente di comprendere chiaramente se la pretesa contestazione della legittimazione di RAGIONE_SOCIALE riguardasse proprio l’esistenza della cessione da quest’ult ima dedotta o soltanto la tipologia di crediti oggetto della cessione medesima (sotto il profilo dell’essere, o non, ricompreso in essa anche quello oggetto di lite), dovendosi considerare, in proposito, che in questa seconda ipotesi, diversamente dalla prima ai fini della dimostrazione della legittimazione della cessionaria in blocco di crediti ex art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che rechi l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti “in blocco” è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno dei rapporti oggetto della cessione, allorché gli elementi che accomunano le singole categorie consentano di individuarli senza incertezze; resta comunque devoluta al giudice di merito la valutazione dell’idoneità asseverativa, nei termini sopra indicati, del suddetto avviso, alla stregua di un accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimità in mancanza dei presupposti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 4277 del 2023; Cass. n. 17944 del 2023).
1.3.1. In definitiva, la corte distrettuale ha fornito ampia giustificazione del proprio convincimento circa l’avvenuto rigetto di tutte le censure innanzi ad essa prospettate dagli appellanti, odierni ricorrenti, dovendosi, quindi, escludere qualsivoglia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. In relazione a quest’ultima, peraltro, è doveroso rimarcare che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti, come in questo caso, il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (cfr. Cass. n. 4024 del 2024; Cass. n. 1863 del 2024; Cass. n. 1798 del 2024; Cass. n. 2151 del 2021;
Cass. n. 24953 del 2020). Il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., rilevante ai fini di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, dello stesso codice, si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto, atteso che il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., che esponga, in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. Ne consegue che: i) il vizio di omessa pronuncia -configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto -non ricorre laddove, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (cfr. Cass. n. 1863 del 2024; Cass. n. 12652 del 2020); ii) la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronuncia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (cfr. Cass. n. 4024 del 2024; Cass. n. 1863 del 2024; Cass. n. 12131 del 2023; Cass. n. 24953 del 2020).
Il secondo motivo è inammissibile, alla stregua di quanto si è riferito con riferimento al primo, trattandosi di doglianza priva di qualsivoglia autonomia ».
Il Collegio reputa affatto condivisibile tali conclusioni, che, pertanto, ribadisce interamente, in quanto conformi anche alla successiva
giurisprudenza di questa Corte pronunciatasi sui medesimi profili processuali rimarcati nella descritta proposta.
Rileva, inoltre, che, nella propria memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. del 26 agosto 2025, i ricorrenti hanno criticato quest’ultima assumendo che « ove anche il Supremo Collegio dovese ritenere ‘inammissibile’ il loro ricorso per le ragioni prospettate dall’ecc.mo Cons. Relatore con la proposta dello 04.12.2024 di ‘definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. per aver ritenuto che ‘parrebbe riferito ad un asserito mancato esame, da parte della corte distrettuale, delle argomentazioni riguardanti la questione relativa alla pretesa carenza di legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE, sollevata dagli odierni ricorrenti con le note di trattazione di udienza del 9 novembre 2022 e reiterate nelle note di precisazione delle conclusioni del 12 dicembre 2023′, mentre per gli altri punti ci si riporta per sinteticità alla proposta in parola del 4.12.2024. A questa difesa corre l’obbligo di evidenziare che il punto sollevato dalla Suprema Corte è proprio questo e cioè: non esiste nessuna pronuncia della corte d’appello di L ‘ Aquila in quanto il Giudice della Corte distrettuale non si è minimamente pronunciato sul punto in parola », ma nulla hanno compiutamente e significativamente argomentato con riguardo alle ulteriori, plurime e, già da sole, decisive cause di inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso ivi ampiamente descritte.
In conclusione, quindi, l’odierno ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, restando a loro carico, in via solidale, le spese di questo giudizio di legittimità sostenute da ciascuna delle costituitesi controricorrenti.
4.1. Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta ex art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), va disposta la condanna della parte istante a norma dell’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ.
Vale rammentare, in proposito, che, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ. (pure novellato dal menzionato d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di definizione del giudizio
in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. -codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente ( cfr . Cass., SU, n. 28540 del 2023; Cass. nn. 11346 e 16191 del 2024). Pertanto, non ravvisando il Collegio (stante la complessiva ‘tenuta’ del provvedimento della PDA rispetto alla motivazione necessaria per confermare l’inammissibilità del ricorso) ragioni per discostarsi dalla suddetta previsione legale ( cfr ., in motivazione, Cass., SU, n. 36069 del 2023), i ricorrenti suddetti, vanno condannati, in solido tra loro, nei confronti di ciascuna delle costituitesi controricorrenti, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 6.000,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
4.2. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME, e li condanna al pagamento, in solido tra loro, in favore delle costituitesi controricorrenti, delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida, per ciascuna di esse, in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Condanna i medesimi ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento della somma di € 6.000,00 in favore di ciascuna delle costituitesi controricorrenti, e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera del NOME e della NOME, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 10 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME