Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13190 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13190 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 121/2020 R.G. proposto da:
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrenti –
avverso la sentenza n. 5057/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
NOME COGNOME e NOME COGNOME chiamarono in giudizio NOME e NOME COGNOME perché i convenuti fossero
condannati a demolire un fabbricato che avevano edificato in violazione della prevista distanza legale dal confine, invece che limitarsi alla ristrutturazione di quello preesistente, nonché a eliminare la servitù illegale di scolo della quale avevano gravato il fondo attoreo.
Nella resistenza dei convenuti, i quali avevano anche avanzato domanda riconvenzionale, con la quale avevano chiesto condannarsi gli attori a ripristinare un’apertura occlusa con pietre e cemento, l’adito Tribunale accolse entrambe le domande principali.
La Corte d’appello di Roma, in riforma parziale della sentenza di primo grado, che nel restò confermò, accolse la domanda riconvenzionale, che il Tribunale aveva omesso di esaminare.
COGNOME e NOME COGNOME ricorrono sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME gli ultimi due in qualità di eredi di NOME COGNOME resistono con controricorso.
Ragioni della decisione
1 Preliminarmente va esaminata l’eccezione (v. pag. 4 controricorso) di nullità della procura rilasciata dai ricorrenti, giudicata generica.
L’eccezione è infondata alla luce del principio di diritto espresso dalle Sezioni unite, secondo il quale, a seguito della riforma dell’art. 83 c.p.c. disposta dalla l. n. 141 del 1997, il requisito della specialità, richiesto dall’art. 365 c.p.c. come condizione per la proposizione del ricorso per cassazione (del controricorso e degli atti equiparati), è integrato, a prescindere dal contenuto, dalla sua collocazione topografica, nel senso che la firma per autentica apposta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo stesso; tale collocazione topografica fa sì
che la procura debba considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione, tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall’art. 1367 c.c. e dall’art. 159 c.p.c., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti (sent. n. 36057, 9/12/2022, Rv. 666374 – 01).
Per vero, la procura di cui si tratta è stata rilasciata su foglio separato, spillato al ricorso, e dalla sua lettura non emerge, in modo evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione.
Passando all’esame del ricorso, con il primo motivo viene denunciata violazione dell’art. 196 cod. proc. civ., anche in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., <>.
Si assume che la sentenza si fosse limitata a richiamare quella di primo grado, la quale, a sua volta, aveva richiamato la CTU e, inoltre, per avere, il primo giudice, sostituito il primo consulente, senza spiegare per quali ‘gravi motivi’, senza, inoltre, rispondere puntualmente ai rilievi mossi dal consulente di parte.
Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità per il concorrere di due autonome ragioni.
Innanzitutto, i l vizio di motivazione, salvo l’ipotesi della radicale mancanza o mera apparenza di motivazione, non è più denunciabile nel giudizio di cassazione.
Come noto la giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa,
benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145; ma già S.U. n. 22232/2016; Cass. n. 6758/2022 e, più di recente, S.U. n. 2767/2023, in motivazione).
A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto.
Siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto
di “sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914).
Qui non ricorre alcuna delle ipotesi sopra richiamate.
Come si è già avuto modo di chiarire, la sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Sez. 1, n. 20833, 05/08/2019, Rv. 654951 -01).
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha analiticamente preso in rassegna i motivi d’impugnazione, svolgendo compiuto e autonomo percorso argomentativo (pag. 3 e segg.).
Sotto altro profilo, la dedotta nullità per non avere il giudice esplicitato le ragioni che lo avevano indotto a disporre la rinnovazione della c.t.u. – , il motivo è parimenti inammissibile a cagione della sua aspecificità, non avendo la parte ricorrente specificato se la relativa eccezione fosse stata sollevata nella prima istanza o difesa successiva all’atto, poiché la mancata esplicitazione dei gravi motivi previsti dall’art. 196 cod. proc. civ. per disporre la sostituzione del consulente tecnico d’ufficio già nominato integra una nullità a rilevanza variabile, ai sensi dell’art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., la quale, avendo natura relativa, deve essere fatta valere dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso; pertanto, in difetto
di tempestiva eccezione, tale nullità non può essere denunciata, “secundum eventum litis”, come motivo di impugnazione della sentenza (Sez. 2, n. 21149, 17/09/2013, Rv. 628079 -01, conf. Cass. n. 2920/2017).
2 . Con il secondo motivo viene denunciato l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo a riguardo della ritenuta illegittimità della servitù di scolo.
3 Con il terzo motivo, l’omesso esame di un <>, in ordine alla qualificazione dei lavori effettuati dai fratelli COGNOME.
Entrambi i motivi sono inammissibili.
In presenza di ‘ doppia conforme ‘, sulla base dell’art. 348 ter, co. 5, cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Sez. 2, n. 5528, 10/03/2014, Rv. 630359; conf., ex multis, Cass. nn. 19001/2016, 26714/2016), evenienza che nel caso in esame non ricorre affatto.
Peraltro, è appena il caso di soggiungere che il vizio contemplato dal n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. deve riguardare fatti storici o documenti e non già ‘argomenti’ adottati dalla motivazione.
4 Analogamente inammissibile è il quarto motivo, con il quale si lamenta <>, per le ragioni già svolte (a cui si rinvia per evitare inutili ripetizioni).
Di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, cod.
proc. civ., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334, comma 2, cod. proc. civ., sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis cod. proc. civ. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”.
Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti
di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio di giorno 6