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Ricorso inammissibile: la Cassazione e l’abuso del processo

Un fideiussore impugna in Cassazione la sentenza d’appello che confermava un debito verso una banca. La Corte dichiara il ricorso inammissibile per plurimi vizi, tra cui la genericità e la violazione della ‘doppia conforme’. Sottolinea inoltre la funzione del nuovo art. 380-bis c.p.c., sanzionando il ricorrente per abuso del processo.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello in Cassazione Diventa un Abuso del Processo

L’ordinanza in commento offre uno spaccato chiaro sui criteri di ammissibilità dei ricorsi in Cassazione e sulle severe conseguenze di un’impugnazione temeraria. La Suprema Corte, nel dichiarare un ricorso inammissibile, non solo ribadisce principi procedurali consolidati, ma applica anche le sanzioni per abuso del processo, evidenziando la funzione deterrente del nuovo rito accelerato previsto dall’art. 380-bis c.p.c. Il caso riguarda un fideiussore che, dopo aver perso in primo e secondo grado, ha tentato la via della Cassazione con motivi ritenuti palesemente infondati.

I Fatti del Caso: un Debito Bancario e l’Opposizione Respinta

La vicenda trae origine da un decreto ingiuntivo emesso da un tribunale su richiesta di un istituto bancario. L’ingiunzione di pagamento era diretta a una società, quale debitrice principale, e a due suoi garanti, tra cui l’odierno ricorrente, che era anche legale rappresentante della società. I garanti si opposero al decreto, ma la loro opposizione fu respinta sia dal Tribunale in primo grado, sia successivamente dalla Corte d’Appello.

La Corte territoriale confermò la decisione precedente, rigettando tutte le doglianze degli appellanti. In particolare, ritenne infondate le censure relative alla presunta falsità di alcune scritture, alla mancata ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) per verificare presunte irregolarità bancarie (anatocismo, interessi, etc.) e alla mancata qualificazione del garante come consumatore.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Nonostante le due decisioni sfavorevoli, il garante ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su tre motivi principali:

1. Violazione di norme procedurali: Si contestava alla Corte d’Appello di aver erroneamente dichiarato inammissibile la querela di falso e di aver considerato autentiche le sottoscrizioni su un documento nonostante il disconoscimento e la mancata presentazione del garante al saggio grafico.
2. Omesso esame e violazione di legge: Si lamentava la mancata ammissione della CTU contabile, ritenuta decisiva per provare l’illegittimità della condotta della banca in merito ad anatocismo, interessi e altre spese.
3. Violazione di norme a tutela del consumatore: Si sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non qualificare il fideiussore come consumatore, negandogli così le relative tutele.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile con Sanzioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. Ma la decisione non si è fermata qui. Poiché il giudizio è stato definito in conformità alla proposta preliminare di inammissibilità (ex art. 380-bis c.p.c.) e il ricorrente ha insistito per la decisione, la Corte ha applicato le sanzioni previste dall’art. 96, commi 3 e 4, del codice di procedura civile.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese legali in favore della banca, ma anche al versamento di una somma ulteriore a titolo di risarcimento per responsabilità aggravata (abuso del processo) e di un’altra somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, evidenziandone la manifesta infondatezza e i vizi procedurali.

Il Primo Motivo: Disconoscimento vs Querela di Falso

La Cassazione ha chiarito che il motivo era inammissibile perché non si confrontava con la ratio decidendi della sentenza d’appello. Inoltre, ha ribadito un principio consolidato: il disconoscimento di una scrittura privata e la querela di falso sono strumenti alternativi. Una volta che la parte ha validamente disconosciuto la propria firma, spetta alla controparte chiederne la verificazione. Non era dunque necessaria una querela di falso. La Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto superflua un’ulteriore perizia grafica, potendo decidere sulla base di altri elementi, come la mancata collaborazione del garante.

Il Secondo Motivo: il Limite della “Doppia Conforme” e la Discrezionalità sulla CTU

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. In primo luogo, perché mescolava in modo confuso censure diverse (violazione di legge e vizio di motivazione). In secondo luogo, perché si scontrava con il divieto di ricorso per cassazione previsto dall’art. 348-ter c.p.c. in caso di “doppia conforme”, ovvero quando la sentenza d’appello conferma la decisione di primo grado sulle stesse basi fattuali. Infine, la Corte ha ricordato che l’ammissione di una CTU è una decisione discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se motivata.

Il Terzo Motivo: La Qualifica di Consumatore del Fideiussore

La Corte ha liquidato anche l’ultimo motivo come inammissibile. Il ricorrente, sotto l’apparenza di una violazione di legge, cercava in realtà di ottenere un riesame dei fatti, attività preclusa in Cassazione. La Corte d’Appello aveva correttamente concluso che il garante non poteva essere considerato “consumatore” perché aveva agito per scopi legati alla sua attività di legale rappresentante della società debitrice, e non per fini estranei alla sua attività professionale.

L’Abuso del Processo e la Funzione dell’Art. 380-bis c.p.c.

La parte più significativa della pronuncia riguarda l’applicazione delle sanzioni per abuso del processo. La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire la legittimità e la funzione del procedimento accelerato introdotto con la riforma Cartabia. L’art. 380-bis c.p.c. mira a definire rapidamente i ricorsi palesemente infondati o inammissibili, anche tramite strumenti dissuasivi. Insistere nel proseguire un giudizio a fronte di una proposta di definizione che viene poi confermata dalla decisione finale, fa scattare una presunzione di responsabilità aggravata. La giustizia, ricorda la Corte, non è una risorsa illimitata e chi contribuisce a dissiparla con impugnazioni temerarie deve sostenerne un costo aggiuntivo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza invia un messaggio forte a litiganti e avvocati: il ricorso per cassazione deve essere fondato su motivi specifici, pertinenti e giuridicamente solidi. L’impugnazione non può essere un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito della controversia. La pronuncia conferma la tendenza a un maggior rigore nel valutare l’ammissibilità dei ricorsi e la volontà di sanzionare condotte processuali dilatorie o palesemente infondate, in linea con i principi di efficienza e ragionevole durata del processo. Per le parti, ciò significa ponderare attentamente le possibilità di successo prima di adire la Suprema Corte, per evitare non solo una sconfitta, ma anche pesanti sanzioni economiche.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando presenta vizi che ne impediscono l’esame nel merito. In questo caso, i motivi erano la genericità delle censure, il mancato confronto con la ratio decidendi della sentenza impugnata, la violazione della regola della ‘doppia conforme’ e il tentativo di ottenere un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità.

Cosa significa la regola della ‘doppia conforme’?
Significa che se la sentenza di appello conferma la decisione di primo grado basandosi sullo stesso iter logico-argomentativo riguardo ai fatti principali, è inammissibile il ricorso in Cassazione basato sul vizio di omesso esame di un fatto decisivo (art. 360, n. 5, c.p.c.). Questa regola mira a prevenire un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti.

Un fideiussore che agisce come legale rappresentante di una società può essere considerato un consumatore?
No. Secondo la Corte, la qualifica di consumatore spetta solo a chi agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale svolta. Un fideiussore che garantisce un debito della società di cui è legale rappresentante agisce per scopi connessi a tale qualità e non può, pertanto, beneficiare delle tutele previste per i consumatori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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