Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26380 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26380 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 12662/2023 r.g. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME, tutti rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME, con cui elettivamente domiciliano in Pescara, alla INDIRIZZO.
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza n. 1811/2022 della CORTE DI APPELLO DI L’AQUILA , pubblicata il giorno 23/12/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 19/09/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 556/2017, il Tribunale di Teramo rigettò l’opposizione proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso il decreto ingiuntivo n. 371/10, emesso dalla sezione distaccata di Atri di quel tribunale, con il quale gli era stato intimato di pagare, in solido tra loro, alla RAGIONE_SOCIALE Popolare di Lanciano e Sulmona s.p.a., alla quale era poi subentrata, ai sensi dell’art. 2504 -bis cod. civ., la RAGIONE_SOCIALE Popolare dell’Emilia Romagna Soc. Coop., poi divenuta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE, la somma di € 295.339,49, oltre interessi e spese della procedura monitoria. Il credito della predetta RAGIONE_SOCIALE era costituito dal saldo debitore del conto corrente bancario presso la stessa intrattenuto dalla RAGIONE_SOCIALE ed il relativo pagamento era stato intimato agli opponenti per effetto della garanzia da essi prestata per la medesima società fino alla somma di € 2.000.000,00.
Il gravame promosso contro tale decisione da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME fu respinto dall’adita Corte di appello di L’Aquila con sentenza del 23 dicembre 2022, n. 1811, pronunciata nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE
2.1. Per quanto qui di interesse, ed in estrema sintesi, quella corte, dopo aver rammentato che il primo giudice aveva qualificato il rapporto intercorrente tra gli odierni ricorrenti e la banca quale contratto autonomo di garanzia, qualificazione che gli appellanti avevano contestato: i ) osservò che proprio di contratto autonomo di garanzia si trattava, ponendo, in particolare, l’accento sulla formulazione letterale delle pattuizioni rinvenibili negli artt. 7 ed 8 dello stesso, lette alla luce di Cass., SU, 18 febbraio 2010, n. 3947, con la conseguenza che la natura autonoma della garanzia « non consente agli odierni appellanti di eccepire le nullità delle clausole contrattuali -quali l’illegittimità dello ius variandi , la mancata pattuizione scritta del tasso ultralegale di interesse, l’illegittima applicazione dell’anatocismo, l’illegittimo computo delle valute della commissione di massimo scoperto -le quali non riguardano la cd. exceptio doli , cioè l’abusività della richiesta di garanzia »; ii )
escluse che al contratto autonomo di garanzia potessero applicarsi i principi elaborati da Cass., SU, 30 dicembre 2021, n. 41994.
Per la cassazione di questa sentenza hanno promosso ricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, affidandosi a tre motivi. Non ha svolto difese in questa sede RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a.
3.1. È stata formulata, da parte del AVV_NOTAIO delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa, altresì depositando memoria ex art. 380bis. 1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I formulati motivi sono così sintetizzati:
I) « ‘Nullità della sentenza’, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per essere stata adottata la ‘motivazione’ che ne risulta in ‘violazione o falsa applicazione di legge’ dell’art. 132 c.p.c., e dell’art. 111 Cost. per essere solo ‘apparente’, per aver lasciato ‘all’interprete il compito di integrar(e) con le più varie, ipotetiche congetture’ l”affermazione’ che ‘Gli appellanti’ avrebbero ‘criticato la sentenza di primo grado innanzitutto in ordine alla qualificazione della garanzia compiuta dal Tribunale di Ter amo’ in quanto sarebbe ‘incontroversa tra le parti la natura fideiussoria della stessa’, sicché ‘il medesimo Tribunale non avrebbe potuto qualificarla come contratto autonomo di garanzia’. E, così, per non aver rilevato, in ‘violazione o falsa applicazione di legge’ e nonostante fosse stata eccepita dagli appellanti, la commessa “mutatio libelli” ad opera del primo Giudice, così da far mancare ex art. 112 c.p.c., la ‘corrispondenza tra chiesto’ con gli atti del giudizio di primo grado e il ‘pronunciato’ con la sentenza di primo grado che, essendo stata fatta propria come “mutatio libelli” dalla RAGIONE_SOCIALE, per la prima volta in grado d’appello, con lo svolgervi delle ‘argomentazioni difensive’ che, afferenti all’esser gli Appellanti dei ‘garant(i) in forma autonoma’, sono radicalmente ‘nuove’ e, perciò, ‘in violazione’ sia degli artt. 115, 167 e 183 c.p.c., che dell’art. 345 c.p.c. E, siccome la RAGIONE_SOCIALE non ha assolto, in grado d’appello, all”onere di contestazione tempestiva’ su di essa gravante ex art.
167 c.p.c. ‘sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda’ d’appello e sulla loro ‘interpretazione’, la Corte territoriale, anziché dichiarare ‘inammissibile’ una tal ‘contestazione successiva dei medesimi fatti’ da essa ‘incontestati’, ha consentito che fosse, così, ‘violata la regola ermeneutica di cui all’art. 1362 c.c.’ con, perciò, ‘violazione o falsa applicazione di legge’ dell’art. 112 c.p.c. per, in tal maniera, mancanza di ‘corrispondenza tra chiesto’, ex art. 342 c.p.c., dagli allora Appe llanti con l’atto d’appello ‘e pronunciato’ con l’impugnata sentenza d’appello per aver, così, fornito un”interpretazione della volontà contrattuale’ che è ‘contraria a quanto espressamente e concordemente affermato dalle parti in giudizio e posto pacific amente a base delle loro pretese’ in primo grado »;
II) « ‘Nullità della sentenza’ per ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 1283, 1419, 1418, 1421, 1343, 1939, 2033 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. e dell’art. 110 Cost. per aver ritenuto che ‘Nel caso in esame l’autonomia della garan zia stipulata, fondata sulle clausole citate, non consente agli odierni appellanti di eccepire le nullità delle clausole contrattuali quali l’illegittimità dello ius variandi , la mancata pattuizione scritta del tasso ultralegale di interesse, l’ill egittima applicazione dell’anatocismo, l’illegittimo computo delle valute della commissione di massimo scoperto ‘ -in quanto ‘non riguardano la cd . exceptio doli , cioè l’abusività della richiesta di garanzia’ »;
III) « ‘Nullità della sentenza’ ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per essere la ‘motivazione’ che ne risulta stata adottata in ‘violazione o falsa applicazione di legge’ dell’art. 132 c.p.c., e dell’art. 111 Cost., in quanto solo ‘apparente’ per aver lasciato ‘all’interprete il compito di integrar(e) con le più varie, ipotetiche congetture’ dell’esser ‘estraneità della fattispecie in esame ai citati principi sia, sul piano formale, dal fatto che gli appellanti non hanno neppure chiesto la dichiarazione del la predetta nullità parziale’ secondo quelli ‘indicati dalla Corte di Cassazione nella sentenza emessa a Sezioni Unite in data 30.12.2021, n. 41994’ e, comunque, in ‘violazione o falsa applicazione di legge’ di che all’articolo 6, paragrafo 1 , e 7 par. 1 , della direttiva 93/13/CEE; del principio di effettività della tutela dei Ricorrenti
‘consumatori’ di che artt. 19, p. 1 , TUE e 267 TFUE e della ‘sentenza della Corte di Giustizia (Grande Sezione) del Lussemburgo del 17.05.2022’ pronunciata, ‘nelle cause riunite C693/19 e C -831/19’; dalla ‘Corte di Giustizia (Grande Sezione) del Lussemburgo del 17.05.2022’; degli art. 33 e 36 del Codice del Consumo di che al D.Lgs. 6.9. 2005, n. 206 per l’omesso rilievo officioso da parte della Corte territoriale del carattere abusivo della clausola di che agli artt. 7; 6 e 8 della fideiussione omnibus n. NUMERO_DOCUMENTO del 20/11/2009 intercorsa tra professionista e consumatori, così, da frustrare il ‘fine di garantire un’interpretazione unitaria delle norme dell’ordinamento dell’Unione (quale obiettivo imprescindibile per la stessa sopravvivenza di tale ordinament o)’ ».
2. Va rilevato, innanzitutto, che la menzionata proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. ha il seguente tenore: « Il ricorso è inammissibile, nel suo complesso, per difetto dei requisiti di chiarezza e sinteticità di cui all’articolo 366, numero 4, c.p.c., il quale, dopo l’entrata in vigore – antecedente al ricorso – del decreto legislativo 10 ottobre 2022, numero 149, richiede ‘la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui s i fondano’, mentre, nel caso di specie, il ricorso è formulato mediante l’impiego, oltre che di una non comune prolissità, di una impostazione espositiva che, anche sul piano delle insolite caratteristiche grafiche largamente utilizzate, quali incomprensibili frecce disseminate nel corpo della narrativa, rende oltremodo ostico intendere ciò che con esattezza i ricorrenti abbiano inteso dire (basterà menzionare il seguente oscuro passaggio, non senza rammentare che l’intero ricorso è della medesima fattura: «’Argomentazioni’ più che necessitate per essersi gli allora Appellanti premurati d’evidenziare a pag. 4 del loro atto d’appello (cfr. d oc. 2) -alla Corte distrettuale che ‘nelle “banche dati” della giurisprudenza di legittimità è → INTROVABILE anche il più larvato “accenno” d’un “quid” che, riguardante il compiere una “qualificazione”, fosse in qualche modo → “della garanzia”, mentre, ricercando su quella “giurisprudenza” della S.C. che, partendo dalla deposito dell’impugnata sentenza data del “24.05.2017” e, a ritroso, andando fino al
“2010” -e non oltre per non tediare la Corte Ecc.ma -, a disposizione del “giudice” era, tanto per citare un esempio, → “Cass. 21087 del 2015” dalla quale trarne ‘lumi’») . Il ricorso è altresì palesemente inammissibile, nel suo complesso, giacché non consente di intendere, se non altro con tranquillante sicurezza, quale delle plurime norme richiamate in rubrica il giudice d’appello avrebbe violato, avuto riguardo al princi pio secondo cui: ‘In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa’ (Cass., Sez. Un., 28 ottobre 2020, n. 23745). Ciò detto, quanto al primo mezzo, ove fosse corretto ipotizzare che i ricorrenti abbiano addebitato alla Corte d’appello di non aver compreso il contenuto del motivo, diretto a censurare l’operato del giudice di primo grado per aver operato una immutazione della domanda, qualificando il rapporto intercorso tra le parti come contratto autonomo di garanzia anziché come contratto di fideiussione, sarebbe agevole replicare che una simile doglianza è palesemente inammissibile, per l’elementare considerazione che il giudice non può immutare i fatti, mentre può certo mutare le qualificazioni giuridiche dei fatti in se stessi fermi: ‘ In materia di procedimento civile, l’applicazione del principio iura novit curia , di cui all’art. 113, comma 1, cod. proc. civ., importa la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale principio deve essere posto in
immediata correlazione con il divieto di ultra o extra petizione, di cui all’art. 112 cod. proc. civ., in applicazione del quale è invece precluso al giudice pronunziare oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato ‘ (Cass. 9 aprile 2018, n. 8645; Cass. 3 marzo 2021, n. 5832). Nel caso di specie, la Corte d’appello, dopo aver perfettamente inteso che gli appellanti giudicavano ‘incontroversa tra le parti la natura fideiussoria della stessa’, ha rammentato ‘il potere -dovere del giudice di qualificare la domanda indipendentemente dalla qualifica indicata dalle parti’, e – certo senza immutare il fatto, visto che si è limitata a dar lettura del testo contrattuale – ha ritenuto che l’impegno dei garanti di ‘pagare immediatamente alla RAGIONE_SOCIALE, a semplice richiesta s critta’, ed altresì che ‘nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantire siano dichiarate invalide, la presente fideiussione si intende fin da ora estesa a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate dalla RAGIONE_SOCIALE a favore del debitore’, deponessero nel senso della qualificazione della garanzia come garanzia autonoma. Insomma, il giudice di merito ha osservato che: i) secondo Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3947, la clausola di pagamento ‘a prima richiesta e senza eccezioni’ vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia; ii) nel caso di specie la clausola prevedeva l’impegno dei garanti di ‘pagare immediatamente alla RAGIONE_SOCIALE, a semplice richiesta scritta’; iii) la clausola in questione aveva natura di garanzia autonoma. Inutile dire che la motivata qualificazione giuridica del rapporto si sottrae al sindacato del giudice di legittimità. Quanto, poi, all’assunto secondo cui siffatta pronuncia sarebbe priva di motivazione, esso è spiegato contro l’evidenza. P arimenti inammissibile è il secondo mezzo: al di là del fatto che esso non consente in alcun modo di comprendere in qual modo il giudice avrebbe violato la vasta congerie di norme richiamate in rubrica, il punto è che, per quello che riesce ad intendersi, il ricorso è totalmente privo del requisito di una comprensibile esposizione sommaria dei fatti di causa, ai sensi dell’articolo 366, numero 3,
c.p.c., nonché del requisito dell’autosufficienza, alla luce del vigente articolo 366, numero 6, c.p.c., secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere a pena di inammissibilità ‘la specifica indicazione, per ciascuno dei motivi, degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il motivo si fonda e l’illustrazione del contenuto rilevante degli stessi’. Ora, questa Corte ha ormai più volte ribadito il principio secondo cui: ‘Nel contratto autonomo di garanzia, il garante è legittimato a proporre eccezioni fondate sulla nullità anche parziale del contratto base per contrarietà a norme imperative’ (p. es. Cass. 31 marzo 2023, n. 9071). Ma, nel caso di specie, a cagione della fattura del ricorso, non è dato comprendere quali sarebbero, esattamente, le eccezioni di nullità formulate, ed in che cosa, nonché in quale ipotetica misura, tali nullità si ripercuoterebbero sulla sussistenza del credito fatto valere in giudizio: basterà evidenziare che dalla sua lettura – per vero, come si è visto, l’autosufficienza va rapportata a ciascuno dei motivi, ma in questo caso gli elementi necessari non sono indicati non solo nel motivo, ma nell’intero contesto del ricorso – non riesce a comprendersi neppure a quando risalissero i contratti autonomi di garanzia conclusi dalle parti, che cosa con precisione essi garantissero, e, almeno, a quando risalisse il rapporto principale, visto che l’epoca di esso incide sulla disciplina giuridica di volta in volta applicabile. E cioè, nella situazione data, in cui si comprende che i ricorrenti avrebbero dedotto talune nullità, quantunque non meglio circostanziate, parrebbe del rapporto principale, se la Corte cassasse perché anche nell’ambito del contratto autonomo di garanzia il garante può dedurre la nullità del contratto base per contrarietà a norme imperative, casserebbe al buio, senza avere la benché minima consapevolezza dell’incidenza delle asserite nullità sulla vicenda in concreto dedotta in giudizio. Non meno inammissibile è l’ultimo mezzo, per l’ovvia considerazione che, al di là di ogni altro approfondimento, Cass., Sez. Un., 30 dicembre 2021, n. 41994 si riferisce a fideiussioni contenenti determinate clausole, che qui non risulta neppure fossero effettivamente state pattuite, contenute in fideiussioni stipulate nell’arco temporale, scrutinato dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia, 2002 – 2005, non contratti autonomi di garanzia ».
2.1. Il Collegio reputa affatto condivisibili tali argomentazioni, che resistono ai rilievi formulati dal difensore dei ricorrenti, -dovendo stigmatizzarsi, peraltro, il contenuto largamente improprio dell’istanza con la quale gli stessi hanno chiesto la decisione del ricorso. Con essa, infatti, essi non si sono limitati, come avrebbero dovuto ai sensi dell’art. 380 -bis , comma 2, cod. proc. civ., a chiedere la decisione, ma si sono spesi in apprezzamenti giuridici, come si trattasse d’una integrazione del ricorso o, comunque, d’una memoria atipica, che precede la fissazione della trattazione della causa, invece che seguirla, con deposito nel termine perentorio di cui all’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ. Di un tale contenuto, pertanto, non deve tenersi conto, giusta quanto recentemente sancito da Cass. n. 8303 del 2024, che ha enunciato il seguente principio di diritto: « Con l’istanza di cui all’art. 380 -bis , comma 2, cod. proc. civ., il ricorrente deve limitarsi a chiedere, la definizione della causa. Di ogni altro contenuto, estraneo allo scopo dell’atto, non dovrà tenersi conto » -ed osserva, inoltre, quanto segue.
Il primo ed il terzo dei descritti motivi si rivelano complessivamente inammissibili per plurime ragioni.
3.1. Innanzitutto, perché prospettano, genericamente e cumulativamente, vizi di natura eterogenea (censure motivazionali ed errores in iudicando ), in contrasto con la tassatività dei motivi di impugnazione per Cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure ( cfr., e plurimis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878, 27505 e 4528 del 2023; Cass. nn. 35832 e 6866 del 2022). In altri termini, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto
in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione ( cfr . Cass. n. 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878 e 27505 del 2023; Cass. nn. 11222 e 2954 del 2018).
3.1.1. È sicuramente vero, peraltro, che, « In tema di ricorso per cassazione, l’inammissibilità della censura per sovrapposizione di motivi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, numeri 3 e 5, c.p.c., può essere superata se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati » ( cfr ., in termini, Cass. n. 39169 del 2021. In senso sostanzialmente conforme, si vedano anche Cass., SU, n. 9100 del 2015; Cass. n. 7009 del 2017; Cass. n. 26790 del 2018). Tanto, però, non si rinviene nei motivi di ricorso in esame, i quali, per come concretamente argomentati, non consentono di individuare, con chiarezza, le doglianze riconducibili agli invocati vizi, rispettivamente, motivazionali e di violazione di legge (anche processuale), in modo tale da consentirne un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare quella teoricamente proponibili, al fine di ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse.
3.2. I medesimi motivi, inoltre, laddove lamentano una pretesa apparenza di motivazione sulle corrispondenti questioni come decise dalla corte distrettuale, mostrano di non tenere in alcun conto che, come ancora ribadito, in motivazione, da Cass. nn. 19423, 16118, 13621, 9807 e 6127 del 2024, l’attuale testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come modificato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 e qui applicabile, ratione temporis , risultando impugnata una sentenza pubblicata il 7 dicembre 2022, ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn.
35947, 28390, 26704 e 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione ( cfr . Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. nn. 20042 e 23620 del 2020; Cass. nn. 395, 1522 e 26199 del 2021; Cass. nn. 27501 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023) o di sua ‘ contraddittorietà ‘ ( cfr . Cass. nn. 7090 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato, altresì, che, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’unica contraddittorietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza è quella ‘ insanabile ‘ e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella ‘ insuperabile ‘.
3.2.1. In particolare, il vizio di omessa o apparente motivazione della decisione sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento ( cfr . Cass. nn. 19423 e 5375 del 2024; Cass. n. 35947 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022). Ne deriva che è possibile ravvisare una ‘ motivazione apparente ‘ nel caso in cui le argomentazioni del giudice di merito siano del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano l’identificazione dell’ iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo risolvendosi in espressioni assolutamente generiche, tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice. Un simile vizio, inoltre, deve apprezzarsi non
rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva ( cfr . Cass. n. 5375 del 2024; Cass. n. 35947 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022).
3.2.2. Un simile vizio – da apprezzarsi, peraltro, non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva ( cfr . Cass. nn. 19423 e 5375 del 2024; Cass. n. 35947 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022) – è, nella specie, insussistente.
3.2.3. La corte territoriale, infatti, ha illustrato gli assunti posti a base delle adottate soluzioni ( a ) di qualificazione della garanzia prestata dagli odierni ricorrenti come contratto autonomo (e non fideiussione) e ( b ) di irrilevanza dei principi sanciti da Cass., SU, n. 41944 del 2021. Si tratta, quindi, di motivazioni che esplicitano le ragioni della decisione su questi punti, rendendone agevolmente individuabile l’ iter logico seguito per ciascuno di essi, così dovendosi considerare soddisfatto l’on ere minimo motivazionale di cui si è detto; né rileva, qui, come si è già anticipato, l’esattezza, o non, di tali giustificazioni.
3.3. Laddove, poi, il primo motivo sembra prospettare un vizio di violazione di legge, la censura è parimenti inammissibile perché, da un lato, difetta di autosufficienza, non riportando il contenuto delle clausole contrattuali asseritamente idonee a giustificare la conclusione interpretativa dei ricorrenti circa l’effettiva natura (di fideiussione, piuttosto che di contratto autonomo, come opinato da entrambi i giudici di merito) della garanzia da essi prestata; dall’altro, mostra di non considerare che, c ome ancora recentemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte ( cf r., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 18079, 13621, 10786 e 2607 del 2024; Cass. nn. 30878, 13408, 13005 e 7978 del 2023), il sindacato di legittimità sull’interpretazione degli atti privati, governata da criteri giuridici cogenti e tendente alla ricostruzione del loro significato in conformità alla comune volontà dei contraenti, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile, in sede di legittimità, solo per
violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale (essendo, a questo scopo, imprescindibile la specificazione dei canoni e delle norme ermeneutiche che in concreto sarebbero state violate, puntualizzandosi – al di là della indicazione degli articoli di legge in materia – in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sarebbe discostato) e nel caso di riscontro di una motivazione contraria a logica ed incongrua, e cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione in sé (occorrendo, altresì, riportare, nell’osservanza del principio dell’autosufficienza, il testo dell’atto nella parte in questione). Inoltre, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando siano possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (su tali principi, cfr., e plurimis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 7963 del 2018; Cass. n. 9461 del 2021; Cass. nn. 30878, 13408 e 7978 del 2023; Cass. nn. 2607, 10786, 13621 e 18079 del 2024).
3.3.1. In altri termini, il sindacato suddetto non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ed afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà privata operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati ( cfr., ex aliis , Cass., SU, n. 2061 del 2021; Cass. n. 2465 del 2015; Cass. n. 10891 del 2016).
3.3.2. La censura, poi, neppure può essere formulata mediante l’astratto riferimento a dette regole, essendo imprescindibile, come si è già anticipato, la specificazione dei canoni in concreto violati e del punto, e del modo, in cui il giudice di merito si sia, eventualmente, discostato dagli stessi, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella decisione impugnata,
poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni ( cfr . Cass. n. 13408 del 2023; Cass. n. 7978 del 2023; Cass., SU, n. 2061 del 2021).
3.3.3. Nel quadro di detti principi, risulta chiaro che il motivo si risolve nel sostenere una diversa lettura delle clausole contrattuali invocate, senza indicare specificamente i canoni ermeneutici violati, né riportandone, come si è già detto, alla stregua del principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, il loro contenuto.
3.4. Resta solo da aggiungere, sempre con riguardo al primo motivo, che, in virtù del principio iura novit curia di cui all’art. 113, comma 1, cod. proc. civ., il giudice ha il potere-dovere di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in giudizio, nonché all’azione esercitata in causa, potendo porre a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti, purché i fatti necessari al perfezionamento della fattispecie ritenuta applicabile coincidano con quelli della fattispecie concreta sottoposta al suo esame ( cfr . anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 10402 del 2024; Cass. n. 11103 del 2020; Cass. n. 30607 del 2018).
3.4.1. Nella specie, la corte aquilana, dopo aver perfettamente inteso che gli appellanti giudicavano ‘ incontroversa tra le parti la natura fideiussoria della stessa ‘, ha ricordato ‘ il potere-dovere del giudice di qualificare la domanda indipendentemente dalla qualifica indicata dalle parti ‘, e -senza assolutamente immutare il fatto, visto che si è limitata a dar lettura del testo contrattuale – ha ritenuto che l’impegno dei garanti di ‘ pagare immediatamente alla RAGIONE_SOCIALE, a semplice richiesta scritta ‘, ed altresì che ‘ nell’ipotesi in cui le obbligazioni gar antire siano dichiarate invalide, la presente fideiussione si intende fin da ora estesa a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate dalla RAGIONE_SOCIALE a favore del debitore ‘, deponessero nel senso della qualificazione della garanzia come garanzia autonoma. Si è dunque, al cospetto di una motivata (ri)qualificazione giuridica del rapporto intercorso tra le parti, come tale sottratta al sindacato del giudice di legittimità. Da ciò deriva, pertanto,
l’insussistenza di qualsivoglia violazione delle disposizioni di cui agli artt. 112, 115, 166, 167, 183 e 345 cod. proc. civ. ipotizzata, invece, dai ricorrenti con la censura in esame.
4. Il secondo motivo di ricorso, poi, è inammissibile perché, il Collegio intende ribadire le complessive argomentazioni, al riguardo, della proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. che resistono ai rilievi formulati da parte ricorrente, ed osserva, inoltre, che: i ) l’indirizzo ermeneutico ivi richiamato ha trovato ulteriore conferma nelle pronunce rese da Cass., SU, n. 9790 del 2024, Cass. nn. 6649 e 3314 del 2024 e da Cass. n. 9434 del 2023, essendosi puntualizzato pure ( cfr . Cass. n. 6127 del 2024) che alle omissioni caratterizzanti il ricorso non può porre rimedio il contenuto di una memoria ex art. 380bis. 1 cod. proc. civ., esclusivamente destinata ad illustrare le cesure già proposte, senza poterne introdurre di nuove ( cfr., e multis , Cass. n. 17893 del 2020; Cass. n. 24007 del 2017; Cass. n. 26332 del 2016; Cass., SU, n. 11097 del 2006), ed alla quale, pertanto, certamente non potrebbe attribuirsi pure la funzione di eliminare cause di inammissibilità dei formulati motivi di ricorso ( cf r. Cass. n. 5426 del 2024); ii ) il requisito di cui all’art. 366, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., consiste in un’esposizione che deve garantire a questa Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia, del fatto processuale e della chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. U., 28 novembre 2018, n. 30754, che richiama Cass. n. 21396 del 2018); iii ) la valutazione in termini d’inammissibilità del ricorso non esprime, naturalmente, un formalismo fine a sé stesso, bensì il richiamo al rispetto di una precisa previsione legislativa volta ad assicurare uno ” standard ” di redazione degli atti che, declinando la qualificata prestazione professionale svolta dalla difesa e presupposta dall’ordinamento, si traduce nel sottoporre al giudice nel modo più chiaro la vicenda processuale permettendo, in quel perimetro, l’apprezzamento delle ragioni della parte (Cass., Sez. U., n. 30754 del 2018, cit.). Si tratta, come appare evidente, di una ricaduta del
principio di specificità del gravame, calato nel giudizio a critica vincolata qual è quello della presente sede di legittimità; iv ) la stessa giurisprudenza della Corte E.D.U. 28 ottobre 2021, ricorso n. 55064/11 e altri 2 – COGNOME e altri contro Italia – ha chiarito: a ) che la ricostruita lettura del « principe d’autonomie du pourvoi en cassation », ovvero dell’art. 366, cod. proc. civ., e in questo caso del numero 3 del primo comma, « garantisce un utilizzo appropriato e più efficace delle risorse disponibili» dall’amministrazione della giustizia, quale conformata dalle norme nazionali e dal diritto vivente a fronte delle domande ad essa rivolte» (la Corte evoca in questo quadro le disposizioni contenute nell’art. 360bis cod. proc. civ.); b ) come « tale approccio sia attinente alla natura stessa del ricorso per cassazione che protegge, da una parte, l’interesse del ricorrente a che siano accolte le sue critiche contro la decisione impugnata e, dall’altra, l’interesse generale alla cassazione di una decisione che rischi di pregiudicare la corretta interpretazione del diritto » (§§ 78-79); c ) che, in particolare, la Corte di legittimità, leggendo il ricorso nella sua globalità, deve allora poter « comprendere l’oggetto della controversia, così come il contenuto delle critiche che dovrebbero giustificare la cassazione della decisione impugnata » (§ 110); d ) in applicazione del principio di specificità del ricorso per cassazione, ai fini del rispetto del requisito stabilito dall’art. 366, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., debbono essere precisate e riferite, con chiara sintesi idoneamente funzionale ad elidere dubbi di comprensione, le pretese quali svolte nelle fasi di merito, e le risposte date dai precedenti giudici, così da poter apprezzare la concludenza delle censure a quelle risposte, previa ragionata ovvero pertinente menzione sia degli atti dove verificare quanto così congruamente riportato, sia della loro univoca collocazione nell’incarto documentale come appropriatamente offerto all’esame della Suprema Corte.
4.1. Fermo quanto precede, ne deriva, allora che, malgrado sia vero che questa Corte ha ormai più volte ribadito il principio secondo cui: ‘ Nel contratto autonomo di garanzia, il garante è legittimato a proporre eccezioni fondate sulla nullità anche parziale del contratto base per contrarietà a norme imperative ‘ ( cfr., ex aliis , Cass. n. 9071 del 2023; Cass. n. 10786 del
2024), è altrettanto innegabile che, nella specie, a cagione della fattura del ricorso, non è dato comprendere quali sarebbero, esattamente, le eccezioni di nullità formulate, ed in che cosa, nonché in quale ipotetica misura, tali nullità si ripercuoterebbero sulla sussistenza del credito fatto valere in giudizio: basterà evidenziare che dalla sua lettura – per vero, come si è visto, l’autosufficienza va rapportata a ciascuno dei motivi, ma in questo caso gli elementi necessari non sono indicati non solo nel motivo, ma nell’intero contesto del ricorso – n eppure riesce a comprendersi a quando risalissero i contratti autonomi di garanzia conclusi dalle parti, che cosa con precisione essi garantissero, e, almeno, a quando risalisse il rapporto principale, visto che l’epoca di esso incide sulla disciplina giuridica di volta in volta applicabile.
5. Quanto, infine, al terzo motivo di ricorso, oltre a quanto si è già esposto circa l’insussistenza del lamentato vizio di motivazione apparente sul corrispondente punto come deciso dalla corte territoriale, va qui solo aggiunto, da un lato, che del tutto correttamente quest’ultima ha considerato irrilevanti, nella specie, i principi desumibili da Cass., SU, n. 41944 del 2021: essi, infatti, si riferiscono a fideiussioni contenenti determinate clausole, che qui neppure risulta fossero effettivamente state pattuite, contenute in fideiussioni stipulate nell’arco temporale, scrutinato dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia, 2002- 2005, non ai contratti autonomi di garanzia (tra i quali la corte distrettuale ha motivatamente inteso ricomprendere la garanzia prestata dagli appellanti) . Dall’altro, che, in ogni caso, la doglianza quanto alla invocata possibilità di ritenere che gli odierni ricorrenti avessero stipulato la garanzia de qua come ‘consumatori’, con conseguente applicazione della disciplina di maggiore tutela generalmente prevista per questa categoria di soggetti -postula accertamenti di natura fattuale chiaramente incompatibili con il giudizio di legittimità, nemmeno risultando che le circostanze di fatto fondati le oggi lamentate nullità fossero state tempestivamente allegate nel corso del giudizio di merito così da consentire alla corte distrettuale di esercitare il proprio potere di rilevazione ufficiosa di tale vizio ove pure non ravvisato dal tribunale.
In conclusione, dunque, l’odierno ricorso di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità essendo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rimasta solo intimata.
6.1. Alla stregua di quanto sancito, affatto condivisibilmente, da Cass., SU, n. 27195 del 2023, Cass. n 27947 del 2023 e Cass. n. 5243 del 2024 -secondo cui, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), nel caso in cui il ricorrente abbia formulato istanza di decisione e la Corte abbia definito il giudizio in conformità alla proposta, l’omessa costituzione dell’intimato, se da un lato preclude la statuizione ex art. 96, comma 3, cod. proc. civ. (non ricorrendo una situazione che consenta una pronuncia sulle spese), dall’altro ne impone la condanna al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ., alla stregua dell’autonoma valenza precettiva del richiamo a tale ultima disposizione, contenuto nel citato art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ., che si giustifica in funzione della ratio di disincentivare la richiesta di definizione ordinaria a fronte di una proposta di definizione accelerata (esigenza che sussiste anche nel caso di mancata costituzione dell’intimato) –NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME vanno condannati, in solido tra loro, al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
6.2. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei menzionati ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la
debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
p.q.m.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Condanna i menzionati ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento della somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile