Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3781 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2   Num. 3781  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 6857/2021 proposto da:
NOME,  elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  NOME  AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE)  rappresentato  e  difeso  dall’avvocato  NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO , presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)  che  la  rappresenta  e  difende  unitamente all ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE.
– Controricorrente –
Nonché contro
RAGIONE_SOCIALE.
Servitù
– Intimata –
Avverso  la  sentenza della  Corte  d’appello di  Miliano  n.  2090/2020 depositata il 18/08/2020.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 07 febbraio 2024.
Rilevato che:
NOME COGNOME convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di  Pavia, la  RAGIONE_SOCIALE  (in  seguito,  ‘Ubi’) affinché  fosse accertato il confine tra il proprio fondo, in Casteggio (INDIRIZZO), distinto al c.t.  al  fg.  6  mappale  84,  e  quello  della  convenuta,  distinto  al  fg.  6, mappale 263.
Allegò  che  la  convenuta  aveva  apposto  materiali  e  realizzato manufatti invadendo il fondo di esso attore e che alcune costruzioni realizzate sul fondo di controparte non rispettavano la distanza legale dal confine.
Chiese, pertanto, il regolamento di confini e che venisse dichiarata l’inesistenza di servitù rispettivamente a favore del fondo confinante e a carico del proprio.
Ubi , costituendosi, eccepì l’esistenza di un giudicato sulla determinazione dei confini; con domanda riconvenzionale, chiese, in via principale, che venisse dichiarato che aveva acquistato per usucapione la servitù di passaggio a favore del proprio fondo (mappale 2 63) e a carico del fondo dell’attore (mappale 84) e anche sul mappale 85, anch’esso di proprietà dell’attore , posto a confine con i fondi predetti; in via gradata, la costituzione della servitù di passaggio ex art. 1051, cod. civ., e/o ex art. 1052, cod. civ.
Il  Tribunale  di  Pavia,  con  sentenza  n.  2084  del  2018,  rigettò  le domande dell’attore e, in accoglimento della domanda riconvenzionale  della  convenuta,  dichiarò  Ubi  titolare  del  diritto  di servitù  di  passaggio  a  favore  del  mappale  263,  foglio  6,  NCEU  del Comune di Casteggio, e a carico dei mappali 84 e 85, foglio 6, c.t.,
come già previsto dal lodo arbitrale del 19/02/1993, acquisito agli atti del giudizio;
proposta impugnazione dal soccombente, la Corte d’appello di Milano,  nel  contraddittorio  di  RAGIONE_SOCIALE  e  della  sua  avente  causa  RAGIONE_SOCIALE, intervenuta  nel  processo,  con  la  sentenza  indicata  in  epigrafe,  ha rigettato l’appello principale del sig. COGNOME e ha dichiarato assorbito l’appello incidentale condizionato delle appellate .
La sentenza della Corte di Milano segue questo percorso argomentativo:
(a) le domande di rivendicazione, di regolamento di confini, di apposizione di termini e di restituzione di una porzione di terreno previa rimozione di qualsiasi opera proposte dal sig. COGNOME sono coperte dal giudicato costituito dalla sentenza n. 368 del 2013 del Tribunale di Voghera (passata in giudicato dopo la declaratoria di inammissibilità dell’appello ed il rigetto del ricorso per cassazione) che, in accoglimento della domanda di COGNOME, e disattendendo la domanda riconvenzionale del sig. COGNOME, ha accertato che i confini attuali tra i mappali 263 e 84 non corrono, sul lato curvilineo di nordovest, sulle delimitazioni catastali e che il sig. COGNOME ha occupato una piccola porzione del mappale 263, di proprietà RAGIONE_SOCIALE.
Sicché, prosegue la Corte di Milano, non è condivisibile il motivo di  appello  secondo  cui  la  sentenza  n.  368  del  2013  non  si  sarebbe pronunciata  sulla ‘domanda  di  accertamento  di  confini’ e  sarebbe incorsa in un ‘ omessa pronuncia;
(b) è corretta la statuizione del primo giudice che ha riconosciuto l ‘acquisto da parte di RAGIONE_SOCIALE della servitù di passaggio a favore del fondo di cui al mappale 263 e a carico del fondo di cui a mappali 84 e 85, in virtù del possesso ultraventennale -attestato anche dalla presenza, fin dal 2008, di opere visibili (realizzazione di una strada asfaltata e posizionamento di pilastri con cancello per l’accesso al fondo di Ubi) ,
indicate dalla c.t.u., funzionali  al  transito  –  prima  ad  opera  di RAGIONE_SOCIALE, dante causa di RAGIONE_SOCIALE, e poi da parte di quest’ultima che , in  data  20/05/2005, ha acquistato (nella precedente denominazione ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ) il fondo di cui al mappale 263 da RAGIONE_SOCIALE e ha continuato ad esercitare il possesso della servitù per accedere alla pubblica via;
 NOME  COGNOME  ha  proposto  ricorso  per  cassazione,  con otto motivo; NOME ha resistito con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Le parti costituite hanno depositato memorie  in prossimità dell’adunanza camerale ;
Considerato che:
il primo motivo di ricorso -‘art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.’ censura la sentenza impugnata che ‘fa confusione’ sull’oggetto del contendere in quanto si sofferma sull’accertamento del confine esistente tra i fondi censiti al fg. 6, mappale 86 (proprietà COGNOME) e mappale 263 (proprietà RAGIONE_SOCIALE e successivamente RAGIONE_SOCIALE), mentre il confine oggetto di causa è quello che separa i fondi censiti al fg. 6, mappale 84 (proprietà COGNOME) e mappale 263, sicché la porzione di fondo che il ricorrente ha chiesto in restituzione, previa liberazione da ogni ingombro nel frattempo realizzato da NOME, non può essere quella alla quale ha inteso riferirsi la Corte d’appello;
1.1. il motivo è inammissibile;
1.2. in tema di ricorso per cassazione si verifica l’ipotesi della c.d. ‘doppia  conforme’,  ai  sensi  dell’articolo  348 -ter ,  quarto  e  quinto comma,  cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità della doglianza di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, primo comma, n.  5),  cod.  proc.  civ.,  quando  la  sentenza  di  appello  «conferma  la decisione  di  primo  grado»  e  risulta  «fondata  sulle  stesse  ragioni», inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo
grado (c.d. ‘doppia conforme’). Nella specie, detto che entrambe le sentenze di merito riconoscono la fondatezza delle domande di Ubi e disattendono quelle del ricorrente, quest’ultimo non indica, nel rispetto dell’art. 366, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., sotto quale profilo  siano  tra  loro  diverse  le  ragioni  di  fatto  su  cui  si  fondano, rispettivamente, la decisione di  primo grado e  quella  di  appello  ( ex multis , Cass. n. 5947 del 2023).
il secondo motivo -‘art. 360 comma 1, n. 4, c.p.c.’ censura l ‘assenza  di  motivazione  della  sentenza  impugnata  là  dove  afferma che il giudicato di cui alla sentenza del Tribunale di Voghera n. 368 del 2013 copre la domanda dell’attore di condanna di parte convenuta a  restituire  la  porzione  usurpata  previa  rimozione  di  qualsiasi  opera senza che sia possibile rivalutare la domanda alla luce del nuovo stato dei luoghi sopravvenuto (appunto) al detto giudicato;
2.1. il motivo è infondato;
2.2. la sentenza d’appello reca una motivazione chiara , che soddisfa senz’altro il requisito del ‘minimo costituzionale’, come delineato dalla giurisprudenza di questa Corte ( ex multis , Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, la quale cita, in motivazione, Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) per la quale «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile,  esclusa  qualunque  rilevanza  del  semplice  difetto  di sufficienza della motivazione».
D ‘altra parte, il ricorrente si limita ad affermare che il mutamento dello stato dei luoghi, sopravvenuto alla sentenza n. 368 del 2013, potrebbe portare ad una riconsiderazione della situazione, ma omette completamente di circostanziare il proprio assunto e non spiega in cosa consista tale asserita modificazione dello stato dei luoghi né come essa possa incidere rispetto alle domande oggetto del giudizio in tema di regolamento di confini, apposizione di termini, negatoria servitutis , e di restituzione di parte del fondo;
 il  terzo  motivo -‘art.  360,  comma  1,  n.  5,  c.p.c.’  è  così strutturato: il ricorrente sostiene che la Corte d’appello abbia omesso l’esame d i un fatto decisivo e, al riguardo, riproduce in sequenza due passi della decisione (il primo a pag. 13, il secondo alle pagg. 12 e 13)  e  poi  ribadisce  il  rilievo  di  omesso  esame  di  quanto  la  stessa parte aveva affermato. Segue la riproposizione testuale delle pagine da 5 a 16 dell’atto di appello .
La doglianza si conclude con l’affermazione che (cfr. pag. 30 del ricorso  per  cassazione)  «la  sentenza  n.  368/2013  del  Tribunale  di Voghera, n on contenendo alcuna statuizione sul tema ‘accertamento del  confine  che  separa  i  mappali  263  e  84’,  mai avrebbe  potuto impedire un simile accertamento»;
il  quarto  motivo -‘art.  360,  comma 1, n. 5, c.p.c.’ è  così strutturato: il ricorrente sostiene che la Corte d’appello abbia omesso l’esame di un fatto decisivo e, al riguardo, riproduce le pagine da 16 a 23  dell’atto  di  appello ,  e  soggiunge  che  (pag.  37  del  ricorso  per cassazione) «a Corte d’appello di Milano, ancora una volta, nulla di tutto quanto precede  ha preso in esame»;
4.1. il terzo e il quarto motivo sono inammissibili per le medesime ragioni;
4.2.  innanzitutto,  in  relazione  ad  entrambe  le  doglianze  opera  il principio della cd. doppia conforme (cfr. punto 1.2.);
4.3. in secondo luogo, ciascun motivo, costruito secondo la tecnica dell” assemblaggio ‘ di atti o del cd. ‘ copia e incolla ‘ di lunghe pagine prima della sentenza impugnata e poi dei motivi di appello, non consente a questa Corte di individuare quali siano le censure che la parte indirizza alla sentenza impugnata e, più specificamente, in relazione al vizio dedotto -il n. 5, dell’articolo 360 quali siano i fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, che la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare;
il quinto motivo -‘art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.’ censura la sentenza impugnata che, là dove afferma che qualsiasi doglianza avverso la sentenza n. 368 del 2013 del Tribunale di Voghera avrebbe dovuto essere oggetto di valida e tempestiva impugnazione, trascura che quest’ultima decisione, non contenendo alcun accertamento del confine tra i mappali 263 e 84, dava luogo, sul punto, ad una omessa pronuncia (art. 112, cod. proc. civ.), in presenza della quale all ‘attore era consentito riproporre alla Corte d’appello la ‘ domanda di accertamento di confine ‘ tra i mappali 84 e 263, poiché la rinuncia implicita alla domanda di cui all’art. 346, cod. proc. civ., ha valore processuale e non sostanziale;
5.1. il motivo è inammissibile per le seguenti ragioni;
5.2.  innanzitutto,  la  critica  non  indica  la  norma  di  diritto  che  si assume violata; pertanto, non soddisfa i requisiti formali dell’art. 366, primo  comma,  n.  4),  cod.  proc.  civ.,  secondo  cui  il  ricorso  deve contenere, a pena di inammissibilità, «4) i motivi per i quali si chiede la  cassazione  con  l’indicazione  delle  norme  di  diritto  su  cui  si fondano».
È  orientamento  radicato  di  questa  Corte,  enunciato  anche  dalle Sezioni unite (Cass. Sez. U., 28/10/2020, n. 23745) che «n tema
di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa»;
5.3.  in  secondo  luogo,  il  motivo  non  mette  a  fuoco  la ratio decidendi della sentenza impugnata.
La Corte d’appello, al contrario di quanto sostiene il ricorrente, ha stabilito  che  la  sentenza  n.  368  del  2013  si  è  pronunciata  sulla domanda riconvenzionale del sig. COGNOME di regolamento di confini tra i fondi di cui ai mappali 263 (proprietà COGNOME) e 84 (proprietà COGNOME) ed ha quindi escluso che il Tribunale di Voghera sia incorso nel vizio di omessa pronuncia;
il sesto motivo, contrassegnato dal numero sei e privo di rubrica, evidenzia che nessun ostacolo può porsi all’accertamento , richiesto dall’attore, del confine tra i mappali 84 e 263 in quanto, nel frattempo, la Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 2979 del 18/11/2020, emessa in un giudizio di opposizione di terzo ex art. 404, primo comma, cod. proc. civ., ha dichiarato la nullità della sentenza del Tribunale di Voghera n. 368 del 2013, per difetto di integrità del contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario;
6.1. il motivo è inammissibile per due ordini di ragioni;
6.2. in primo luogo, la censura non indica la norma di diritto che si  assume  violata;  pertanto,  non  soddisfa  i  requisiti  formali  dell’art. 366, primo comma, n. 4), cod. proc. civ. (cfr. punto 5.2.);
6.3. in secondo luogo, l’eccezione del ricorrente non può neppure essere  qualificata  come  eccezione  di  giudicato  posto  che  non  è contestato  che  la  sentenza  n.  2979  del  18/11/2020  della  Corte d’appello di Milano, emessa in un giudizio di opposizione di terzo ex art. 404, primo comma, cod. proc. civ., non è definitiva;
il settimo motivo -‘art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.’ riproduce le pagine da 13 a 15 della sentenza d’appello, afferma (pag. 48 del ricorso per cassazione) che «l a Corte d’appello ha trascurato di prendere in esame una pluralità di aspetti, decisivi, che il ricorrente ha portato alla sua attenzione, già con l’atto di appello » e, quindi, riproduce le pagg. 35 e 36 e da 38 a 43 dell’atto di appello , per poi concludere che è facile rendersi conto che nella specie non sussistono i presupposti per riconoscere una qualsiasi servitù prediale di passaggio acquistata per usucapione a favore del fondo di parte convenuta;
7.1.  il  motivo  è  inammissibile  per  le  stesse  ragioni  esposte  ai punti 4.2. e 4.3.;
l’ottavo motivo ‘art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.’ richiama il settimo motivo e lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1027, 1061, 1158, 1141, secondo comma, cod. civ.;
8.1. il motivo è inammissibile;
8.2. la censura non ha alcun contenuto: si tratta semplicemente di un elenco di norme del codice civile, che la Corte di Milano avrebbe violato o falsamente applicato, e ciò non basta a soddisfare il principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione;
in conclusione, disatteso il secondo motivo e dichiarati inammissibili gli altri, il ricorso è rigettato;
 le  spese  del  giudizio  di  cassazione,  liquidate  in  dispositivo, seguono la soccombenza;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio  di  cassazione,  che  liquida  in  € 2.100 ,00,  più  €  200,00  per esborsi, oltre al 15 per cento e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il  versamento,  da parte  del  ricorrente,  di  un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 7 febbraio 2024.