Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28985 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28985 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
sul ricorso 10100/2024 proposto da:
NOME rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
–
ricorrente
–
contro
INTESA SANPAOLO SPA rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza del TRIBUNALE ROMA n. 15810/2023 depositata il 02/11/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/09/2025 dal AVV_NOTAIO.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ricorre a questa Corte onde sentir cassare, sulla base di un solo motivo di ricorso, al quale resiste con controricorso la banca intimata, l’epigrafata sentenza con la quale il Tribunale di Roma ha respinto l’appello della medesima avverso il rigetto in primo grado della domanda volta a: «Condannare la convenuta alla consegna di assegno circolare n. 3107207081 per € 1.307,54 assegno circolare emesso dalla SPA INTESA SANPAOLO all ‘ordine della signora NOME ovvero, in caso di materiale inesistenza e/o estinzione del titolo, condannare la convenuta al pagamento dell’equivalente numerario portato dall’ assegno circolare sopra descritto, oltre interessi legali ex art. 1284 comma IV cc a decorrere dalla data di negoziazione assistita; -condannare, altresì, la convenuta al risarcimento dei danni in favore dell’attore, nella misura che sarà determinata in corso di causa, o in quella diversa maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia anche con prudente apprezzamento equitativo per la pervicace attività omissiva posta in essere dalla convenuta e consistente nella mancata cooperazione da parte della medesima alla riemissione dell’assegno circolare di cui sopra e per i quali l’attore è legittimo portatore e beneficiario in forza di titolo giurisdizionale passato in giudicato».
Riguardo al proposto ricorso il consigliere delegato ha formulato la seguente proposta di definizione accelerata del giudizio ai sensi dell’articolo 380bis cod. proc. civ.:
« 3. Il ricorso denuncia « violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 n. 3 cpc con riguardo agli artt. 112, 115, 116, 547 e 553 cpc; l’art. 1, comma 343, della legge finanziaria 2006 (n. 266 del 23 dicembre 2005) ».
4. – Il ricorso è inammissibile.
4.1. – Lo è ai sensi dell’articolo 360 bis , numero 1, c.p.c., trattandosi di controversia analoga ad altra già decisa con ordinanza numero 8793/2024, dovendosi escludere l’esistenza di un contrasto con l’ordinanza numero 19048/2021, resa su fattispecie tutt’affatto distinta, ed avente particolare riguardo alla tematica del frazionamento del credito. Né il ricorso svolge argomenti che inducano a mutare orientamento.
4.2. -L’inammissibilità discende ancor prima dalle considerazioni che seguono:
-) quanto all’articolo 112 c.p.c. , il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato comporta il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda di merito; in giurisprudenza è stato in tal senso più volte affermato che il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione, attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum , rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta ad impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall’attore, può essere sollevata soltanto dall’interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo ( causa petendi ) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda (Cass. 19 giugno 2004, n. 11455; Cass. 6 ottobre 2005, n. 19475; Cass. 11 gennaio 2011, n. 455; Cass. 24
settembre 2015, n. 18868); va da sé che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica, in particolare, quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (Cass. 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass. 20 settembre 2013, n. 21612; Cass. 11 settembre 2015, n. 17956); sicché è sufficiente aggiungere che, a fronte del totale rigetto della domanda, discorrere di violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato è del tutto fuor di luogo;
-) quanto agli articoli 115 e 116 c.p.c., occorre rammentare che per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., è necessario denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.; la doglianza circa la violazione dell’articolo 116 c.p.c. è poi ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa secondo il suo « prudente apprezzamento », pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il
legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (tra le tantissime Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867);
-) quanto agli articoli 547 e 553 c.p.c. è sufficiente osservare, da un lato, che, nello svolgimento del motivo, dell’articolo 547 c.p.c. non si parla affatto, e, dall’altro lato, quanto l’articolo 553 c.p.c., che per l’osservanza dell’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., non è sufficiente al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, ma occorre che egli esamini il contenuto precettivo e lo raffronti con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. Un., 28 ottobre 2020, n. 23745), adempimento nel caso di specie non compiutamente effettuato;
-) quanto all’articolo l’art. 1, comma 343, della legge finanziaria 2006 (n. 266 del 23 dicembre 2005) valgono considerazioni analoghe».
».
la proposta è stata ritualmente comunicata alle parti e la parte ricorrente, a mezzo del suo difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione.
E’ stata quindi fissata l’odierna udienza in camera di consiglio.
Hanno depositato memorie entrambe le parti.
All’esito dell’odierna trattazione in camera di consiglio il collegio reputa di dover definire il giudizio in conformità alla riportata proposta.
Né vi è ragione di rimeditare il decisum -nel merito nuovamente ribadito in relazione a vicende analoghe ancora da questa Corte con ordinanze 15145/2024 e 21413/2025 -in considerazione di quanto osservato dalla ricorrente nella memoria ex art. 380bis 1 cod. proc. civ., giacché, in disparte dal rilevare che il ricorso è stato giudicato inammissibile e che le ragioni di inammissibilità esposte nella proposta non hanno trovato replica alcuna -sicché, già solo per questo fatto le considerazioni di cui alla memoria non dovrebbero trovare seguito -è vero che l’ammissibilità di un autonomo giudizio di merito onde poter giustificare il riconoscimento di un interesse ad agire in capo all’assegnatario postula -secondo l’insegnamento corrente che esclude perciò la paventata esistenza di un contrasto -«l’allegazione della specifica utilità, giuridicamente apprezzabile, ottenibile dal giudizio di cognizione e diversa da quella offerta dal titolo esecutivo di cui è già munito, integrato dall’ordinanza di assegnazione» -che qui si deduce sostenendo che l’ordinanza di assegnazione non consentirebbe l’iscrizione dell’ipoteca -circostanza, questa tuttavia, di cui ai fini dell’autosufficienza del ricorso non si documenta l’avvenuta rappresentazione avanti al giudice di merito.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Poiché il giudizio è stato definito in conformità alla proposta formulata si applica a mente dell’articolo 380bis, comma 3, cod. proc. civ. l’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ. con conseguente condanna della parte soccombente al pagamento: a) di una somma equitativamente determinata in favore della controparte; b) di un’ulteriore somma di denaro stabilita nel rispetto dei limiti di legge in favore della cassa delle ammende, somme che si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi dell’articolo 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte resistente delle spese del presente giudizio che liquida in euro 1600,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché dell’ulteriore somma di euro 1400,00, a norma dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ.; condanna, inoltre, parte ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, della somma di euro 2.500,00 Euro, a norma dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 17.9.2025.
Il Presidente
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME