Ricorso Inammissibile per Doppio Deposito: Analisi di un Caso Pratico
Quando si affronta un percorso giudiziario, la correttezza procedurale è tanto importante quanto le ragioni di merito. Un errore, anche apparentemente banale, può portare a una declaratoria di ricorso inammissibile, vanificando l’intero sforzo difensivo. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre uno spunto di riflessione proprio su questo tema, analizzando un caso nato da una controversia sulla liquidazione della quota di un socio defunto.
I Fatti del Caso: Dalla Liquidazione della Quota all’Appello
La vicenda trae origine dalla richiesta degli eredi di un socio di una società di persone di ottenere la liquidazione della quota spettante al loro congiunto defunto. Il Tribunale di primo grado, avvalendosi di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), aveva stabilito che il valore della quota era negativo. Questa valutazione era dovuta alla presenza di ingenti debiti tributari e previdenziali della società, come risultava dagli estratti ruolo acquisiti dal consulente tecnico.
Gli eredi, ritenendo errata tale valutazione, hanno proposto appello. Le loro doglianze si concentravano su diversi punti: la tardiva produzione degli estratti ruolo, la presunta prescrizione di tali debiti e il fatto che fossero stati occultati dal socio superstite, il quale, a loro dire, avrebbe dovuto risponderne personalmente.
La Decisione della Corte d’Appello e il ricorso in Cassazione
La Corte d’Appello ha dichiarato l’impugnazione inammissibile per “insussistente ragionevole probabilità di suo accoglimento”. Secondo i giudici di secondo grado, la richiesta di risarcimento danni nei confronti del socio superstite non era mai stata formulata in primo grado, dove la domanda era limitata alla liquidazione della quota nei confronti della società. Pertanto, la società era l’unico soggetto legittimato passivamente. Inoltre, le argomentazioni sulla prescrizione dei crediti tributari sono state ritenute generiche e infondate.
Contro questa decisione, gli eredi hanno proposto ricorso per Cassazione, lamentando l’erroneità delle conclusioni della Corte territoriale.
Le Motivazioni della Cassazione: Il Vizio del Doppio Deposito
La Corte di Cassazione non è nemmeno entrata nel merito delle questioni sollevate dai ricorrenti. La sua decisione si è fermata su un aspetto puramente procedurale, ma decisivo. I giudici hanno rilevato che lo stesso ricorso era stato depositato due volte e che era già stato oggetto di una precedente decisione con un’altra ordinanza, pubblicata circa un mese prima.
Questa circostanza ha reso il secondo ricorso, oggetto dell’ordinanza in esame, del tutto inammissibile. In ambito processuale, vige il principio del ne bis in idem, secondo cui una stessa questione non può essere giudicata due volte. Il fatto che esistesse già una pronuncia sullo stesso identico ricorso ha precluso in radice la possibilità di un nuovo esame.
Un aspetto interessante della pronuncia riguarda le spese e il contributo unificato. La Corte ha chiarito che, essendo la società rimasta intimata (cioè non si è costituita in giudizio), non vi era luogo a provvedere sulle spese. Soprattutto, ha escluso il raddoppio del contributo unificato a carico dei ricorrenti, poiché il doppio deposito del ricorso è stato considerato un errore non addebitabile alla parte in termini di colpa grave, tale da giustificare la sanzione.
Conclusioni: Lezioni Pratiche e l’Importanza della Diligenza Processuale
Questo caso sottolinea in modo emblematico l’importanza della diligenza e della precisione nella gestione degli atti processuali. L’esito di un ricorso inammissibile per un doppio deposito dimostra come un errore di coordinamento o di gestione della cancelleria possa avere conseguenze fatali per l’azione legale. Sebbene in questo caso la Corte abbia evitato di sanzionare i ricorrenti con il raddoppio del contributo, la declaratoria di inammissibilità ha comunque posto fine al loro tentativo di far valere le proprie ragioni in sede di legittimità. La lezione è chiara: la vittoria in un processo dipende non solo dalla fondatezza delle proprie argomentazioni, ma anche dal rispetto scrupoloso delle regole che ne governano lo svolgimento.
Perché la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché lo stesso era già stato depositato in precedenza e deciso con un’altra ordinanza. Il secondo deposito costituiva una duplicazione, precludendo un nuovo esame della stessa questione.
Qual era l’oggetto della controversia nei gradi di merito?
L’oggetto della controversia era la determinazione del valore della quota di un socio defunto in una società di persone. Gli eredi contestavano la valutazione negativa del Tribunale, basata su debiti tributari che ritenevano prescritti o non opponibili.
I ricorrenti sono stati condannati al pagamento del doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha stabilito che non sussistevano i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, poiché il doppio deposito del ricorso non è stato considerato un errore direttamente addebitabile alla parte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17769 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17769 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10486/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA CIRCONVALLAZIONE NOMENTANA 162, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO di CAGLIARI SEZ.DIST. DI SASSARI n. 22/2020 depositata il 22/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- I signori NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per Cassazione contro l’ordinanza emessa dalla Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari che ha dichiarato inammissibile -per insussistente ragionevole probabilità di suo accoglimento – l’appello proposto dagli odierni ricorrenti contro la sentenza del Tribunale di Nuoro (del 7 giugno 2019) che, respinte le questioni preliminari di nullità della clausola arbitrale e di legittimazione ad agire degli attori nella loro qualità di eredi del socio deceduto, aveva ritenuto legittimata a resistere rispetto alla domanda di liquidazione della quota del socio deceduto solo la società RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE ex art. 2266 c.c. e non il socio superstite NOME COGNOME; nel merito il Tribunale, all’esito della disposta CTU accertava che il valore della quota di NOME COGNOME alla data del decesso era negativo per euro 7.379,12, tenuto conto nella valutazione del patrimonio netto contabile dell’esistenza di poste debitorie di natura tributaria e previdenziale come da estratti ruolo di Equitalia e calcolato il valore dell’avviamento.
2.- Gli odierni ricorrenti appellavano la sentenza in quanto erronea in punto determinazione del valore della quota del socio deceduto, basato sugli estratti ruolo (dai quali risultava un complessivo debito tributario della società per euro 142.774,48) nonostante la produzione di tali estratti fosse tardiva e i debiti ivi indicati inesigibili perché prescritti nonché maturati prima dell’ingresso del Contena nella società e occultati dal COGNOME, il quale era tenuto a rispondere personalmente anche dei danni da mancata presentazione la domanda di rottamazione ter al fine di usufruire del beneficio dello stralcio totale di sanzioni e interessi.
3.- La Corte ha rilevato che gli estratti ruolo erano stati richiesti dal CTU all’Agenzia delle Entrate in quanto sul piano tecnico l’acquisizione era necessaria per avere riscontro della correttezza delle informazioni e produzioni documentali delle parti stesse; ha
osservato che nel giudizio non era stata formulata dagli eredi del socio deceduto alcuna domanda risarcitoria nei confronti del socio superstite essendosi limitati a richiedere la liquidazione della quota societaria, onde era del tutto corretta la decisione del primo giudice che ha ravvisato nella sola società il soggetto passivamente legittimato, dovendosi di contro rigettare la domanda stessa nei confronti del socio superstite; ha, infine, considerato che del tutto irrilevante era qualsiasi argomento speso in materia responsabilità del socio superstite per aver occultato le poste debitorie, ovvero per danni derivanti dalla mancata attivazione nella richiesta di rottamazione delle cartelle portanti il debito tributario, e che gli esiti della CTU quanto alle poste debitorieevidenziavano l’infondatezza della generica allegazione di inesigibilità per prescrizione dei crediti tributari.
4.- Contro detta ordinanza i ricorrenti hanno mosso quattro motivi di cassazione.
5.- Il ricorso, tuttavia, depositato due volte, risulta essere stato deciso con ordinanza n. 14272/2025, pubblicata 28.5.2025 sicchè ne va dichiarata l’inammissibilità. Nulla va statuito sulle spese essendo la società RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) rimasta intimata. Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato poiché il doppio deposito del ricorso non è addebitabile alla parte.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1° Sezione