Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29011 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29011 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
sul ricorso 11363/2024 proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
–
ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE VOLONTARIA E CONCORDATO PREVENTIVO rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 1232/2024 depositata il 20/03/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/09/2025 dal AVV_NOTAIO.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono a questa Corte onde sentir cassare, sulla base di tredici motivi di ricorso, al quale resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione giudiziale, l’epigrafata sentenza con la quale la Corte di appello di Napoli ne ha respinto l’appello avverso sentenza del tribunale di Benevento che aveva così deciso: «revoca il D.I. e condanna COGNOME NOME, quale debitore principale, e COGNOME NOME, quale fideiussore nei limiti dell’importo di € 258.228,46, al pagamento in solido tra loro e in favore della RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione giudiziale, dell’importo complessivo di € 330.725,49 così € 291.931,45 quale saldo finale del rapporto di finanziamento n. 10.01.181 oltre interessi al tasso convenzionale del 18% e comunque nei limiti del tasso soglia, dalla data della domanda sino al soddisfo; € 38.794,04 quale saldo del conto insoluti n. 10/5/1/227 oltre interessi legali dalle date della domanda sino al soddisfo; rigetta la domanda riconvenzionale avanzata da COGNOME NOME; condanna gli opponenti al pagamento delle spese processuali».
Riguardo al proposto ricorso il presidente ha formulato la seguente proposta di definizione accelerata del giudizio ai sensi dell’articolo 380bis cod. proc. civ.:
« 3. ricorrenti così sintetizzano i propri motivi, sia pur erroneamente numerati.
Con il primo motivo, illustrato da pag. 9 e ss. la sentenza impugnata è censurata per omessa pronuncia, art. 112 c.p.c. per difetto o assenza di motivazione sulla richiesta di acquisizione estratti conto della RAGIONE_SOCIALE ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c.
Con il secondo motivo, illustrato da pag. 12 e ss. la sentenza impugnata è censurata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c. 2712 e 2719 c.c. ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.
Con il terzo motivo, illustrato da pag. 13 e ss. la sentenza impugnata è censurata per non avere ritenuto che la sentenza di falso emessa dal tribunale civile costituisce giudicato implicito sulla fideiussione posta a base della domanda giudiziaria in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.
Con il quarto motivo, illustrato da pag. 15 la sentenza è impugnata per violazione e falsa applicazione art. 112 c.p.c. per difetto di motivazione ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. sull’atto di fideiussione, violazione dell’art. 1419 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nella parte in cui la corte territoriale non si è pronunciata sulla nullità parziale del contratto di fideiussione.
Con il quinto motivo, illustrato da pag. 17 la sentenza impugnata è censurata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3: artt. 1936 e 1937 c.c.; art. 2697 c.c. e principi generali sulla necessità della prova; ed insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia (art. 360 c.p.c., primo comma, n. 4 e 5).
Con il sesto motivo, illustrato da pag. 18 la sentenza impugnata è censurata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3: art. 1938 c.c.; art. 2697 c.c. e principi generali sulla necessità della prova; ed insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia (art. 360 c.p.c., primo comma, n. 4 e 7. Con il settimo motivo, illustrato da pag. 19 la sentenza impugnata è censurata per violazione artt. 1956, 1175 e 1375
cod. civ. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Con l’ottavo motivo, illustrato da pag. 22 la sentenza impugnata è censurata per violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2697 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per non avere valutato l’omessa prova delle cambiali su cui è stato richiesto il d.i. opposto.
Con il nono motivo, illustrato da pag. 25 la sentenza impugnata è censurata per violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., 116 c.p.c. ed art. 50 t.u.b. in relazione all’art. 360 c.p.c., co 1 nn. 1 e 4 per non avere valutato le risultanze peritali disposte nel corso del giudizio.
Con il 10º motivo, illustrato da pag. 27 la sentenza impugnata è censurata per violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., art. 1832 c.c. e 116 c.p.c. nonché per violazione del principio dell’onere della prova.
Con l’11º motivo, illustrato da pag. 30 la sentenza impugnata è censurata per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., ed in relazione agli artt. 2697, 2702 e 2725 c.c., nonché la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di fatti decisivi secondo il suo prudente apprezzamento.
Con il 12º motivo, illustrato da pag. 33 la sentenza impugnata è censurata per violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nella parte in cui la corte territoriale, rigettando il relativo motivo di appello, ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione di non specifica contestazione ai sensi dell’art. 115 c.p.c., relativamente ai dedotti saggi di interessi usurari,
commissioni di massimo scoperto ed oneri applicati nei rapporti bancari dedotti in giudizio – violazione o falsa applicazione degli artt. 1375 e 2043 c.c., art. 112 c.p.c., art. 2 Cost. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nella parte in cui la corte territoriale, tenendo conto delle risultanze della relazione peritale, non ha accertato e dichiarato che COGNOME, nei rapporti dedotti in giudizio, aveva applicato saggi di interesse illegittimi e/o usurari, anche se successivi alla conclusione dei relativi contratti.
Con il 13º motivo, illustrato da pag. 37 la sentenza impugnata è censurata per violazione art: 345 c.p.c. ex art. 360 co. 1 n. 3 per essere stati prodotti con il deposito del fascicolo telematico atti giammai prodotti.
– Il ricorso è palesemente inammissibile.
La funzione di filtro in entrata del procedimento di cui all’articolo 380 bis c.p.c. consiglia di limitare questa esposizione, in termini quanto più possibile sintetici, ai profili di inammissibilità maggiormente marcati.
4.1. – Il primo mezzo è inammissibile giacché il vizio di violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’articolo 112 c.p.c. non è prospettabile in relazione a domande diverse da quelle di merito. Il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale -infatti -non può dare luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle sole domande di merito e non può assurgere a causa autonoma di nullità della sentenza (Cass. 10 ottobre 2014, n. 21424).
4.2. – Il secondo mezzo è inammissibile perché non ha nulla a che vedere con una censura di violazione di legge, quale quella
prospettata. Vale difatti osservare che il vizio di violazione di legge (quanto alla violazione di legge in senso proprio) ricorre in ipotesi di erronea negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, nonché di attribuzione ad essa di un significato non appropriato, ovvero (quanto alla falsa applicazione), alternativamente, nella sussunzione della fattispecie concreta entro una norma non pertinente, perché, rettamente individuata ed interpretata, si riferisce ad altro, od altresì nella deduzione dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, di conseguenze giuridiche che contraddicano la sua pur corretta interpretazione (Cass. 26 settembre 2005, n. 18782). Dalla violazione o falsa applicazione di norme di diritto va difatti tenuta nettamente distinta la denuncia dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n.8315; Cass. 16 luglio 2010, 16698; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313).
In questo caso la censura concerne in realtà il governo del materiale probatorio. Ciò esime dall’osservare che il motivo è anche radicalmente carente sotto il profilo dell’autosufficienza, giacché richiama documentazione non localizzata e senza la specifica indicazione del contenuto rilevante della medesima.
4.3. – È inammissibile il terzo mezzo: anche in questo caso si tratta di censura prospettata come violazione di legge, la quale in realtà addebita al giudice di merito un’erronea interpretazione della sentenza resa in sede di querela di falso. Il motivo è poi anch’esso totalmente privo di autosufficienza,
giacché discetta incomprensibilmente del contenuto della sentenza d’appello e di quella del tribunale di Benevento pronunciata sulla querela («La Corte ha rigettato tale motivo ritenendo di applicare la norma sugli assegni e sui contratti pubblici limitando la dichiarazione di falsità, effettuata dal Tribunale di Benevento, al solo importo in numero presente sulla polizza e non anche alla cifra in lettere, così esautorando di valore la decisione passata in giudicato del Tribunale di Benevento, e si ripete, autorizzata dalla stessa Corte di Appello in tali termini»): non si sa, alla lettura del ricorso, di quali importi i ricorrenti stiamo discorrendo.
4.4. – È inammissibile il quarto mezzo.
Esso è del tutto estraneo al già menzionato principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ma lamenta qualcosa di approssimativamente somigliante ad un vizio motivazionale, giacché espone che la c orte d’appello non avrebbe tenuto conto di essere «in presenza di una fideiussione pari a 20 volte il credito garantito di £ 30.000.000».
Si tratta dunque di una censura totalmente estranea al denunciato vizio di violazione di legge e esclusivamente versata in fatto. Il motivo non è autosufficiente.
4.5. – Il quinto mezzo è inammissibile perché si tratta di una censura inestricabilmente cumulata (cfr., ex plurimis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 16448 e 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878, 27505 e 4528 del 2023; Cass. nn. 35832 e 6866 del 2022; Cass. n. 33348 del 2018; Cass. nn. 19761, 19040, 13336 e 6690 del 2016; Cass. n. 5964 del 2015; Cass. nn. 26018 e 22404 del 2014), che per di più coniuga i vizi di violazione di legge e nullità della sentenza o del procedimento con quello di omessa considerazione di fatto
decisivo e controverso, di cui al numero 5 dell’articolo 360 c.p.c., che è però precluso versandosi in ipotesi di doppia conforme. La denuncia di motivazione insufficiente circa punti decisivi della controversia è bandita dall’articolo 360 c.p.c. dal 2012. Al di là di ciò nel complesso la censura è di puro merito. Il motivo non è autosufficiente.
4.6. – Il sesto mezzo è inammissibile.
Si tratta nuovamente di un motivo combinato per di più in presenza di doppia conforme. Anche in questo caso è denunciato inammissibilmente vizio di insufficienza della motivazione su punto della controversia. Comunque la censura è di puro merito. Il motivo non è autosufficiente.
4.7. – Il settimo mezzo è inammissibile.
Esso attacca un accertamento di merito: «La Corte di Appello non ha ritenuto che il comportamento della banca creditrice fosse violativo del disposto dell’art. 1956 cod. civ. e del canone di buona fede, ex art. 1375 cod. civ.». Nuovamente il motivo non ha nulla a che vedere con il significato e la portata applicativa delle disposizioni richiamate in rubrica. Anche in questo caso è dedotta inammissibilmente insufficienza della motivazione. Il motivo non è neppure autosufficiente.
4.8. – L’ottavo mezzo è inammissibile.
Il «non avere valutato l’omessa prova delle cambiali su cui è stato richiesto il d.i. opposto» è del tutto estraneo al precetto dell’articolo 2697 c.c., che può dirsi violato soltanto in caso di ribaltamento del riparto degli oneri probatori ivi contemplato (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 5 settembre 2006, n. 19064; Cass. 14 febbraio 2000, n. 2155; Cass. 2 dicembre 1993, n. 11949).
4.9. – Il nono mezzo è inammissibile
Si tratta di pieno merito. L’articolo 2697 non è richiamato a proposito per quanto poc’anzi detto. Non lo è neppure l’articolo 116 c.p.c., giacché la sua violazione ricorre solo ove il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867, tra le innumerevoli).
4.10. – Il 10º mezzo è inammissibile.
Ancora una volta è dedotta la violazione degli articoli 2697 c.c. e 116 c.p.c. senza alcun riferimento al reale ambito applicativo di essi. Il motivo è del tutto versato in fatto e non è neppure autosufficiente.
4.11. – L’11º mezzo è inammissibile.
Basterà osservare che trattasi di motivo cumulato, con censura preclusa per doppia conforme, non autosufficiente e versato in fatto.
4.12. – Il 12º mezzo è inammissibile.
Anche in questo caso il motivo è cumulato, vi è la censura di cui al numero 5 dell’articolo 360 c.p.c., il motivo non è autosufficiente e totalmente versato in merito.
4.13. – L’ultimo mezzo è inammissibile perché del tutto privo del requisito di cui al numero 6 dell’articolo 366 c.p.c. ».
la proposta è stata ritualmente comunicata alle parti e la parte ricorrente, a mezzo del suo difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione.
E’ stata quindi fissata l’odierna udienza in camera di consiglio.
Hanno depositato memorie entrambe le parti.
All’esito dell’odierna trattazione in camera di consiglio il collegio reputa di dover definire il giudizio in conformità alla riportata proposta.
Né in questo vi è motivo di rivedere le conclusioni a cui è pervenuta la proposta alla luce delle considerazioni esternate nella memoria ricorrente, che, oltre ad essere inutilmente reiterative delle doglianze già diffusamente disaminate in sede di proposta -e da questa debitamente disattese -si sostanziano, a ben vedere, in una contestazione generica ed intrinsecamente tautologica di dette conclusioni, senza evidenziare, cioè, alcun profilo di criticità oggettivamente valutabile nel senso di un loro ripensamento.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Poiché il giudizio è stato definito in conformità alla proposta formulata si applica a mente dell’articolo 380bis, comma 3, cod. proc. civ. l’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ. con conseguente condanna della parte soccombente al pagamento: a) di una somma equitativamente determinata in favore della controparte; b) di un’ulteriore somma di denaro stabilita nel rispetto dei limiti di legge
in favore della cassa delle ammende, somme che si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi dell’articolo 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte resistente delle spese del presente giudizio che liquida in euro 8000,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché dell’ulteriore somma di euro 7800,00, a norma dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ.; condanna, inoltre, parte ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, della somma di euro 2.500,00 Euro, a norma dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 17.9.2025.
Il Presidente
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME