Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9495 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9495 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 38002-2019 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1176/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/09/2019 R.G.N. 14/2019;
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 14/02/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
1. con sentenza 11 settembre 2019, la Corte d’appello di Milano ha rigettato l’appello di NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado, che -previa la sospensione di uno dei due giudizi riuniti (promosso dalla datrice RAGIONE_SOCIALE nei suoi confronti per la condanna al risarcimento dei danni, arrecatile dalla sua falsificazione di assegni bancari e appropriazione dei relativi importi, occultando dette falsificazioni ed appropriazioni con ulteriori falsificazioni) in attesa dell’esito di quello penale nei confronti della medesima (definito, con giudicato della Corte d’appel lo di Milano, con le statuizioni di estinzione per prescrizione dei reati imputatile, per cui ella era stata condannata in primo grado e di conferma delle statuizioni civili, in favore della società datrice costituita in esso parte civile, di accertamento del danno, da liquidare dal giudice civile davanti al quale rinviate le parti) -l’aveva condannata al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE a titolo risarcitorio, della somma di € 177.769,52, previamente detratto il quinto del T.f.r. ancora dovutole (per l’accertamento, con la prima sentenza del Tribunale a definizione del giudizio instaurato dalla lavoratrice, riunito all’altro, del suo diritto ai 4/5 del T.f.r.);
2. preliminarmente, la Corte territoriale ha disatteso l’eccezione di estinzione del giudizio, per esercizio da parte della società datrice dell’azione civile nel processo penale (non già, come il Tribunale, per negazione di identità tra le parti, in realtà sussistente, bensì) in assenza di alcuna pronuncia nel giudizio civile, a fronte della situazione di litispendenza determinatasi e
ripreso correttamente, avendo il giudice penale rimesso a quello civile la liquidazione del danno risarcibile accertato nell’ an ; sicché, ha ritenuto la validità della sua riassunzione e di tutti gli atti successivi;
inoltre, essa ha puntualmente rigettato le eccezioni di nullità della sentenza di primo grado formulate dall’appellante, in particolare confermandone la statuizione risarcitoria sulla base del giudicato sull’ an formatosi nel giudizio penale e pertanto vincolante il giudice civile, esclusivamente tenuto alla sua liquidazione: compiuta correttamente dal primo giudice, sulla scorta di un’approfondita C.t.u. contabile, coerente con le emergenze istruttorie, neppure specificamente contestata;
con atto notificato il 4 dicembre 2019, la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione con plurime doglianze, cui la società ha resistito con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c.;
il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
la ricorrente ha redatto il ricorso al di fuori del paradigma conformativo prescritto dagli artt. 360 ss. c.p.c., in assenza di una formulazione, tanto meno specifica, dei motivi, consistenti in una mera enunciazione di norme ( sub C, a pgg. 4 e 5; sub n. 5, a pgg. 19 e 20; sub E, F a pgg. da 32 a 34; sub A, B, a pgg. da 43 a 46; sub A, a pgg. 46, 47; sub 10, A a pg. 52), priva di contenuto argomentativo pertinente al giudizio di legittimità ( sub D, a pgg. da 5 a 9; sub n. 6, a pgg. da 21 a 31, in relazione al processo penale; sub G, H, I, L a pgg. da 34 a 42; sub B, C, D, a pgg. da 53 a 58) e con denuncia pure dell’ iter processuale
di un altro giudizio civile davanti al Tribunale di Monza ( sub B, a pgg. da 47 a 52), inconferente;
il gravame è articolato in modo tale da non consentire di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, precludendo o rendendo comunque estremamente difficoltosa l’individuazione delle questioni (Cass. 17 marzo 2017, n. 7009; Cass. 23 ottobre 2018, n. 26790; Cass. 9 dicembre 2021, n. 39169), neppure modulate in conformità alle prescrizioni, a pena di inammissibilità dell’art. 366 c.p.c.
Esso si pone, pertanto, al di fuori dell’alveo del giudizio di legittimità, che è, come noto, a critica vincolata e nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, poiché la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione, che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa (Cass. 28 novembre 2014, n. 25332; Cass. 6 marzo 2019, n. NUMERO_DOCUMENTO);
in merito peraltro alla nullità denunciata, sia pure inammissibilmente per la ragione detta, della sentenza impugnata, per non avere la Corte d’appello dichiarato l’estinzione del processo sul presupposto della rinuncia agli atti del giudizio civile per il trasferimento dell’esercizio dell’azione nel processo penale, essa ha esattamente applicato i principi di diritto regolanti la materia alla concreta fattispecie al suo esame, attentamente scrutinata, con argomentazione congrua (dal secondo capoverso di pg. 6 al penultimo di pg. 8 della sentenza);
pertanto il ricorso deve dichiarato inammissibile, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove
spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la lavoratrice ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 10.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 14 febbraio 2024