Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2971 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2971 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 17868/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO come da procura in calce al ricorso
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME
– intimati – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Torino n. 31/2022, depositata il 13.1.2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24.1.2024 dal AVV_NOTAIO relatore AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propose opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 2, c.p.c., nell’ambito di procedura esecutiva pendente in suo danno dinanzi al Tribunale di Alessandria su iniziativa di NOME COGNOME, nella quale erano anche intervenuti altri creditori. Esponeva ch e l’immobile pignorato, stimato in € 280.000,00, era stato infine aggiudicato in data 9.5.2018 a tale NOME COGNOME, per la somma di € 17.000,00. Negata dal giudice dell’esecuzione la sospensione ed introdotta dall’opponente la fase di merito, nella resis tenza dei soli NOME COGNOME e NOME COGNOME, con sentenza del 13.1.2020 il Tribunale piemontese rigettò l’opposizione. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 13.1.2022, dichiarò inammissibile il gravame della RAGIONE_SOCIALE, per non aver ella censurato le rationes decidendi della prima sentenza, secondo cui la pretesa infruttuosità della procedura esecutiva, ex art. 164bis disp. att. c.p.c., deve essere fatta valere prima della vendita, mentre nella specie ciò era avvenuto addirittura dopo il decreto di trasferimento e che, analogamente, tanto era avvenuto in relazione al mancato esercizio del potere di sospensione della vendita ex art. 586 c.p.c., esercitabile solo prima del trasferimento del cespite, non dopo.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, sulla base di tre motivi; gli intimati non hanno resistito. Ai sensi dell’art. 380 -bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si lamenta la ‘ Violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 c.p.c in riferimento agli artt. 164 bis Disp. Att. c.p.c e 586 c.p.c. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1 n. 5) c.p.c.. quanto alla motivazione apparente, perplessa ed incomprensibile sul punto della impossibilità di estinzione della procedura prima della vendita ‘ .
1.2 -Con il secondo motivo si denuncia la ‘ Violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 c.p.c in riferimento agli artt. 112, 116, 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 586 c.p.c. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1 n. 5) c.p.c. quanto alla motivazione apparente, perplessa ed incomprensibile sul punto della possibile sospensione della vendita infruttu osa’ .
1.3 -Con il terzo motivo si denuncia la ‘ Violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 c.p.c in riferimento all’art. 89 c.p.c. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1 n. 5) c.p.c. quanto alla motivazione apparente, perplessa ed incomprensibile sul punto della offensività della accusa mossa al difensore ‘ .
2.1 -Il ricorso è inammissibile, per violazione dell’art. 366, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., nel testo vigente ratione temporis , il che esime la Corte dal disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti non ritualmente evocati (Cass., Sez. Un., n. 6826/2010 e successive conformi). Risultano infatti, dall’esame del fascicolo della ricorrente, alcune notifiche via PEC ad avvocati per i quali non è possibile abbinare il soggetto patrocinato, neanche a seguito di
N. 17868/22 R.G.
esame della sentenza di primo grado, essendosi ivi costituiti i soli COGNOME e COGNOME, qui regolarmente evocati; dette notifiche, ove riferibili a soggetti diversi da quelli in intestazione, sono quindi nulle. Per quanto precede, tuttavia, non occorre disporne la rinnovazione, ex art. 291 c.p.c.
2.2 Ciò posto, è noto che il giudizio di cassazione è un giudizio impugnatorio a critica vincolata, in cui il ricorrente deve rivolgersi alla Corte individuando uno o più specifici vizi di legittimità -che, in tesi, affliggono la decisione impugnata -scegliendoli dal novero di quelli elencati dall’art. 360, comma 1, e nel rispetto, tra l’altro, dei requisiti di contenuto -forma di cui agli artt. 365 e 366 c.p.c.
Tanto non può riscontrarsi nella specie, non senza evidenziare che -da quanto è dato comprendere dalla lettura del ricorso -le ragioni dell’opposizione erano certamente attinenti al quomodo dell’esecuzione e, dunque, rientranti nell’egida dell’art. 617 c.p.c.: tuttavia, come evidenziato dalla sentenza qui impugnata, la specifica qualificazione operata dal Tribunale di Alessandria come opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. ha comportato l’ammissibilità del gravame; il che, correlativamente, impedisce di rilevare d’ufficio la questione in questa sede di legittimità, stante l’intervenuto giudicato interno sul punto .
2.3.1 -Venendo ora più specificamente all’esame del ricorso che occupa , occorre anzitutto evidenziare che l’esposizione dei fatti processuali e sostanziali è assolutamente lacunosa, sicché, per comprendere il senso delle censure articolate, è senz’altro indispensabile leggere la sentenza impugnata. Basti rilevare che, dall a lettura dell’ atto in scrutinio, non è dato neppure conoscere né le ragioni del rigetto dell’opposizione da parte del Tribunale di Alessandria, né i motivi dell’ appello proposto dalla COGNOME avverso la sentenza di primo grado;
né, del resto, s’è dato conto di una circostanza certamente rilevante ai fini della decisione, quale l’intervenuta emissione del d ecreto di trasferimento da parte del giudice dell’esecuzione in favore dell’aggiudicatario .
2.3.2 -Ebbene, nel rinviare, sul punto, alla ampia motivazione della recente Cass. n. 15445/2023, che il Collegio interamente condivide, può qui ribadirsi la funzione cui assolve il requisito di cui all’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., è ben riassunta da Cass. n. 593/2013, laddove si afferma (in motivazione) che esso ‘ serve alla Corte di cassazione per percepire con una certa immediatezza il fatto sostanziale e lo svolgimento del fatto processuale e, quindi, acquisire l’indispensabile conoscenza, sia pure sommaria, del processo, in modo da poter procedere alla lettura dei motivi di ricorso in maniera da comprenderne il senso ‘ . Inoltre, occorre anche rimarcare che, ai fini della sanzione dell’inammissibilità, non può distinguersi tra esposizione del tutto omessa o meramente insufficiente (così Cass. n. 1959/2004), occorrendo precisare che, come più recentemente affermato, il ricorso deve considerarsi inammissibile per insufficiente esposizione, ai sensi dell’art. 366, co. 1, n. 3, c.p.c., quando ‘ non consente alla Corte di valutare se la questione sia ancora ‘viva’ o meno ‘ (così, Cass. n. 1296/2017, in motivazione), ossia se dalla mera lettura del ricorso possa evincersi se i motivi di impugnazione proposti siano ancora spendibili, ovvero preclusi dalla formazione del giudicato interno.
2.3.3 -Ora, così inquadrato il tema in discorso -anche al lume della più recente giurisprudenza sovranazionale (Corte EDU, sentenza 28.10.2021, Succi c. Italia ), nella lettura datane da questa stessa Corte (Cass., Sez. Un., n. 8950/2022; e cfr. pure Cass. n. 12481/2022) -ritiene la Corte che la ricorrente
sia incorsa in una insufficiente esposizione, tale da rendere il ricorso inservibile al suo scopo di introdurre validamente il giudizio di legittimità, avendo adottato una tecnica espositiva (già descritta supra ) del tutto inadeguata, che rende, dunque, particolarmente ‘indaginosa’ l’individuazione delle questioni da parte di questa Corte, impropriamente investita della ricerca e della selezione dei fatti (anche processuali) rilevanti ai fini del decidere (v. Cass., Sez. Un., n. 16628/2009).
2.4.1 -Ancora, occorre rilevare che le censure di cui al primo e al secondo motivo sono totalmente aspecifiche , in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (sui cui tratti generali si rinvia, per brevità, alla già citata Cass. n. 15445/2023, in motivazione).
Infatti, come chiaramente emerge dalla sentenza impugnata, la Corte d’appello ha in primo luogo dichiarato inammissibile il motivo con cui si censurava la prima decisione, per aver il Tribunale respinto l’opposizione inerente alla pretesa infruttuosità della vendita ex art. 164bis disp. att. c.p.c. Ciò perché la COGNOME non aveva censurato la motivazione della prima sentenza, nella parte in cui s’era rilevato che la valutazione di infruttuosità della vendita deve essere effettuata prima che l’immobile venga aggiudicato, mentre nella specie tanto era avvenuto, addirittura, dopo l’emissione del decreto di trasferimento; in secondo luogo, la Corte sabauda ha rilevato l’inammissibilità del secondo motivo d’appello , concernente il preteso mancato esercizio del potere di sospensione ex art. 586 c.p.c. da parte del giudice dell’esecuzione , non avendo la COGNOME impugnato la ratio decidendi per cui detto potere è eserc itabile prima dell’emissione del decreto di trasferimento, non dopo.
N. 17868/22 R.G.
2.4.2 Ebbene, a fronte di un così chiaro e completo percorso motivazionale, con i primi due motivi di ricorso la COGNOME non si confronta affatto con gli argomenti utilizzati dalla Corte sabauda, ma soltanto insiste nel riproporre le sue tesi circa i presupposti dell’esercizio dei poteri di cui, rispettivamente, agli artt. 164bis disp. att. c.p.c. e 586 c.p.c., già disattese dal Tribunale e neppure adeguatamente devolute nel grado d’appello. In altre parole, la COGNOME non impugna la declaratoria di inammissibilità dei due motivi d’appello, ma prescinde totalmente dalla pronuncia in rito adottata dalla Corte d’appello di T orino, evidentemente non cogliendo le rationes decidendi dell’impugnata sentenza, che di conseguenza deve ritenersi passata in giudicato, sul punto.
Da qui, dunque, l’ ulteriore ragione di inammissibilità.
2.5 -Venendo infine al terzo motivo, con cui si censura il rigetto della domanda di cancellazione di espressioni sconvenienti o offensive ex art. 89 c.p.c. -inerenti all’accusa mossa al difensore della stessa COGNOME di abusare del processo la doglianza è del pari inammissibile, giacché la valutazione di non offensività espressa dal giudice d’appello attiene , per giurisprudenza consolidata, ad apprezzamento riservato al giudice del merito e non è censurabile in questa sede di legittimità, se non eventualmente sotto il profilo motivazionale e nei ristretti limiti in cui tanto è ancora possibile dopo la novella del 2012 dell’art. 360 , comma 1, n. 5, c.p.c., vizio tuttavia non dedotto dalla ricorrente.
3.1 -In definitiva, il ricorso è nel complesso inammissibile.
Nulla va disposto sulle spese di lite, gli intimati non avendo svolto difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30
maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno