Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 490 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 490 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8600/2023 R.G. proposto da:
DCOGNOMENOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, asseritamente rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura allegata al ricorso;
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che lo rappresenta e difende sempre in forza di legge;
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 414/2023 depositato il 10.2.2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.7.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con decreto n. 5085/2021 del 28/30.12.2021 il Consigliere delegato della Corte d’Appello di Salerno sezione lavoro, accogliendo solo parzialmente la domanda di equa riparazione avanzata da COGNOME NOME il 29.11.2021 per l’eccessiva durata di un giudizio civile svoltosi davanti al Tribunale di Salerno, alla Corte d’Appello di Salerno, alla Corte di Cassazione e davanti al Tribunale di Salerno in sede di rinvio, definito con la sentenza n. 326/2021 del 16.2.2021, riconosceva una durata irragionevole di un anno ed ingiungeva al Ministero della Giustizia il pagamento in favore del predetto di un indennizzo di € 400,00, oltre interessi e spese.
Avverso tale decreto proponeva opposizione ex art. 5 ter comma 1 della L. n. 89/2001 COGNOME COGNOME sostenendo che dall’inizio della causa civile il 13.2.2012, alla sua conclusione il 16.2.2021, erano decorsi nove anni e non sette anni, 11 mesi e 17 giorni, e che la durata ragionevole andava determinata unitariamente in sei anni e non in sette anni, di cui un anno ulteriore per il giudizio di rinvio, e chiedendo conseguentemente la rideterminazione dell’indennizzo per equa riparazione.
La Corte d’Appello di Salerno, sezione lavoro, all’esito del procedimento n. 1/2022 RGVG, con decreto del 6.6.2022/10.2.2023, nella resistenza del Ministero della Giustizia, rigettava l’opposizione ed ogni ulteriore domanda avanzata dal COGNOME che condannava al pagamento in favore del Ministero
della Giustizia delle spese processuali, liquidate in € 236,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Avverso tale decreto ha proposto ricorso a questa Corte, notificato al Ministero della Giustizia il 19.4.2023, COGNOME LuigiCOGNOME affidato a cinque motivi, e resiste il Ministero con controricorso notificato il 22.5.2023.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. La causa è stata trattenuta in decisione nell’adunanza camerale del 9.7.2024.
Ritiene la Corte, in via preliminare, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, in quanto all’atto dell’iscrizione a ruolo della causa e dal controllo del fascicolo non risultano prodotti l’originale della procura speciale analogica rilasciata da COGNOME COGNOME all’avv. NOME COGNOME il 19.4.2023, non indicato neppure tra i documenti allegati in calce al ricorso, né una copia di tale procura notificata telematicamente recante l’attestazione da parte del legale della conformità all’originale analogico in suo possesso ai sensi dell’art. 9 commi 1 bis e 1 ter della L. n.53/1994, risultando solo spillata alla copia del ricorso firmato digitalmente, una copia della procura speciale priva di qualsiasi attestazione di conformità (vedi sull’inammissibilità del ricorso notificato digitalmente non accompagnato da copia di procura analogica con attestazione di conformità del legale al quale é stato conferito lo ius postulandi Cass. 14.5.2019 n. 12850, e sulla possibilità di sanatoria, nella specie non avvenuta, ove entro il termine di venti giorni dalla notifica del ricorso venga depositata in cancelleria la procura in originale, o una copia della stessa con attestazione di conformità Cass., sez. un., n. 29175/2020).
Il ricorso è poi inammissibile anche perché non contiene una concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, risolvendosi, anche dove si indica a pagina 4 ‘Fatto storico ed abstract ‘, in un mero confuso assemblaggio di stralci di atti
processuali di parte e provvedimenti giudiziali, carenza alla quale si è dovuto parzialmente supplire, ai fini della descrizione dei fatti in questa sede, utilizzando la sommaria descrizione del decreto impugnato.
Il ricorso, in vero, risulta formulato in violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e, d’altronde, non contiene alcuna parte nella quale, sia pur succintamente, sia stato riassunto concisamente il contenuto sostanziale della controversia, non essendosi neppure indicato quale fosse l’oggetto del giudizio presupposto e quale la posizione processuale in esso del COGNOME.
L’impugnazione, dunque, non può trovare ingresso, in applicazione della citata disposizione e del consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale, nel caso, non si ravvisano ragioni per discostarsi, secondo cui ” è inammissibile il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato ” (Cass. 1.3.2022 n. 6611; Cass., sez. un., 22.5.2014 n. 11308; Cass. n. 2097/2007; Cass. n. 7270/2006; Cass. n. 15808/2008).
Rileva, altresì, il Collegio che tale carenza, come correttamente evidenziato nelle citate e condivise pronunce, non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato e che, oltretutto, il “principio di autonomia del ricorso per cassazione” preclude, comunque, la possibilità di supplire alla accertata carenza, mediante l’esame di altri atti processuali.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno poste a carico di parte ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del Ministero della Giustizia delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 700,00 per compensi ed oltre alle spese prenotate a debito, IVA, CA e rimborso spese generali del 15%.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda