Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20702 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 20702 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18533/2022 R.G. proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall ‘ avv. dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CRBGPP74B24D643D) e dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CCCRST64M24D643H), con domicilio digitale ex lege – ricorrenti –
contro
COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall ‘ avv. NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
-controricorrenti e
ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Bari n. 190 del 4/2/2022; udita la relazione della causa svolta all ‘ udienza del 12/6/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr.ssa NOME COGNOME che ha concluso per l ‘ accoglimento del quarto motivo del ricorso
principale e per il rigetto del ricorso incidentale, sia proprio che condizionato; uditi i difensori delle parti e lette le memorie.
FATTI DI CAUSA
Le controversie tra NOME COGNOME e NOME COGNOME da un lato, e NOME COGNOME e NOME COGNOME dall ‘ altro, si articolavano in quattro distinti giudizi, ciascuno con un proprio oggetto e sviluppo processuale.
2. Si rileva che, prima delle controversie qui in esame – con la sentenza n. 803/2012, resa nella causa n. 3152/2002, alla quale avevano preso parte anche NOME COGNOME e NOME COGNOME (gli odierni ricorrenti), intervenuti ex art. 111 c.p.c. nel giudizio in quanto acquirenti pendente lite dell ‘ immobile degli originari attori – il Tribunale di Foggia, parzialmente accogliendo la domanda principale proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME, aveva condannato NOME COGNOME e NOME Rampino a modificare in luce la finestra posta nel loro immobile e, in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale dei convenuti, aveva condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME ad abbassare di 18 centimetri il sopraelevato tetto costituente copertura del loro vano cucina ed il sovrastante torrino, nonché a corrispondere ai predetti convenuti e attori in riconvenzionale la somma di Euro 1.642,50 Euro, a titolo di risarcimento dei danni patiti in conseguenza dei lavori eseguiti dalla controparte.
3. Nella causa n. 1519/2014 R.G., conclusasi con la sentenza del Tribunale di Foggia n. 1191/2018, pubblicata il 26 aprile 2018, NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano opposizione al precetto loro notificato il 10 febbraio 2014 da NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali avevano intimato l ‘ adempimento dell ‘ obbligo di abbassamento del tetto di 18 cm e il pagamento di € 1.642,50 per danni da infiltrazioni, in esecuzione della già citata sentenza n. 803/2012 del Tribunale di Foggia.
Il Tribunale accoglieva parzialmente l ‘ opposizione, ritenendo che l ‘ obbligo risarcitorio non fosse opponibile agli acquirenti dell ‘ immobile, in quanto derivante da illecito aquiliano dei precedenti proprietari; confermava invece l ‘ obbligo di facere , ritenendo che i ricorrenti avessero partecipato al giudizio originario e che l ‘ intervento non fosse stato correttamente eseguito; le spese venivano compensate per la metà.
Nella causa n. 6203/2015 R.G., conclusasi con la sentenza del Tribunale di Foggia n. 878/2019, pubblicata il 28 marzo 2019, i coniugi COGNOME proponevano opposizione all ‘ esecuzione forzata per obblighi di fare intrapresa dalla controparte, sostenendo di aver già adempiuto all ‘ abbassamento del tetto; il Tribunale rigettava l ‘ opposizione, ritenendo che l ‘ intervento non fosse stato eseguito correttamente, come accertato dal consulente tecnico d ‘ ufficio.
Nella causa n. 4363/2015 R.G., conclusasi con la sentenza del Tribunale di Foggia n. 2704/2018, pubblicata il 29 ottobre 2018, i coniugi COGNOME-Montecalvo proponevano opposizione ad un ‘ esecuzione presso terzi, contestando l ‘ intimazione di pagamento del risarcimento danni.
Il Tribunale accoglieva l ‘ opposizione, affermava che il credito risarcitorio non era opponibile agli acquirenti dell ‘ immobile e condannava COGNOME e COGNOME alle spese.
Nella causa n. 8477/2014 R.G., conclusasi con la sentenza del Tribunale di Foggia n. 1684/2018, pubblicata il 15 giugno 2018, NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano opposizione all ‘ esecuzione promossa da NOME COGNOME per la riduzione a luce della veduta.
Il Tribunale dichiarava cessata la materia del contendere, rigettava l ‘ eccezione di compensazione e condannava gli opponenti al pagamento delle spese.
Nel secondo grado di giudizio, innanzi alla Corte d ‘ appello di Bari, i quattro giudizi venivano riuniti con ordinanza del 24 novembre 2020 e decisi con la sentenza n. 190/2022, pubblicata il 4 febbraio 2022.
Con l ‘ appello avverso la sentenza n. 1191/2018, COGNOME e COGNOME avevano proposto appello principale, contestando l ‘ estensione soggettiva dell ‘ obbligo di facere e l ‘ applicabilità dell ‘ art. 111, comma 4, c.p.c. in assenza di trascrizione dell ‘ avversaria domanda riconvenzionale; COGNOME e COGNOME avevano proposto appello incidentale, sostenendo che anche l ‘ obbligo risarcitorio fosse opponibile ai successori.
La Corte di merito accoglieva l ‘ appello incidentale e rigettava quello principale, ritenendo che la sentenza n. 803/2012 fosse interamente opponibile anche ai successori a titolo particolare intervenuti nel giudizio.
Rispetto all ‘ appello avverso la sentenza n. 878/2019, proposto da COGNOME e COGNOME per le medesime doglianze già avanzate con la prima impugnazione, la Corte territoriale rigettava il gravame, confermando che l ‘ obbligo di facere non era stato correttamente adempiuto prima dell ‘ inizio dell ‘ esecuzione forzata.
Rispetto alla sentenza n. 2704/2018, COGNOME e COGNOME avevano proposto appello principale, insistendo sull ‘ opponibilità del credito risarcitorio e NOME COGNOME aveva proposto appello incidentale sulle spese.
La Corte di merito accoglieva l ‘ appello principale e rigettava quello incidentale, ritenendo che anche il credito risarcitorio fosse opponibile ai successori intervenuti nella lite.
Rispetto alla sentenza n. 1684/2018, COGNOME e COGNOME avevano proposto appello lamentando il rigetto dell ‘ eccezione di compensazione e l ‘ erronea liquidazione delle spese; per quest ‘ ultima aveva avanzato impugnazione incidentale anche NOME COGNOME.
La Corte rigettava l ‘ appello principale e accoglieva quello incidentale, ritenendo fondata la doglianza sulla liquidazione delle spese.
Avverso la predetta sentenza n. 190 del 4/2/2022, NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano ricorso per cassazione, basato su quattro motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME resistevano con controricorso, contenente ricorso incidentale, condizionato (con tre motivi) e proprio (con quattro motivi).
L’udienza pubblica già fissata per il 12/3/2025 veniva rinviata ex officio alla data odierna.
Il Pubblico Ministero chiedeva l ‘ accoglimento del ricorso principale in relazione al quarto motivo e il rigetto sia del ricorso incidentale condizionato, sia del ricorso incidentale proprio.
Le parti depositavano memorie ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
È superfluo illustrare i motivi delle impugnazioni, perché sia il ricorso principale, sia quello incidentale sono inammissibili.
Difatti, l ‘ intero ricorso principale viola l ‘ art. 366, comma 1, nn. 3, 4 e 6, c.p.c., perché – ad onta del dovere di chiarezza e sinteticità (oggi ulteriormente rafforzato dall ‘ art. 121 c.p.c.) – l ‘ atto è redatto in modo tale da rendere incomprensibili le diverse vicende processuali (ivi comprese le difese delle parti) e, soprattutto, le decisioni assunte nei diversi giudizi, poi riuniti e decisi con la sentenza qui impugnata, il cui testo è riportato solo in alcuni stralci, estrapolati da più ampi contesti e inframmezzati da considerazioni di parte (che impediscono di distinguere la motivazione dalla critica) e da continui rinvii ad atti dei gradi di merito.
Basta rilevare che della sentenza del Tribunale di Foggia n. 803/2012, da cui sono scaturite tutte le altre, non è riportato l ‘ esatto contenuto ma solo un breve riassunto del dispositivo.
Costituiscono chiaro esempio delle gravi lacune che affliggono il ricorso le omissioni degli elementi indispensabili alla decisione del secondo motivo:
-si sostiene la formazione del giudicato interno rispetto alla sentenza n. 1684 del 15 giugno 2018, ma, oltre a non riportare il contenuto di detta
decisione, i ricorrenti mancano di trascrivere l ‘ appello che, a loro avviso, non avrebbe intercettato l ‘ intero decisum ;
-si eccepisce l ‘ invalidità della procura rilasciata al difensore degli avversari, senza però chiarire in cosa consisterebbe il vizio della stessa e, soprattutto, senza riportarla nel ricorso;
-si deduce la non contestazione ( ex art. 115 c.p.c.), ma difettano nell ‘ atto introduttivo le difese delle parti, indispensabili per comprendere se la questione ha un qualche fondamento;
-si addebita lacunosità all ‘ avversario atto d ‘ appello, per non aver impugnato tutte le rationes decidendi di una pronuncia di primo grado, ma non vengono riportate, neppure soltanto nelle parti rilevanti, né la sentenza, né l ‘ impugnazione asseritamente difettosa;
-si afferma che non è stata esaminata un ‘ eccezione di giudicato, il cui testo non risulta nel ricorso, né parimenti vi è traccia della res iudicata a cui si riferisce.
Ad abundantiam , poi, si osserva che la pretesa invalidità della sentenza impugnata per non essere stato costituito il Collegio alla data della delibera (primo motivo) è totalmente inconsistente: non solo non è dato sapere su quale fondamento poggino le non bene intelligibili contestazioni dei ricorrenti, ma risulta chiaramente dagli atti che la sentenza della Corte d ‘ appello qui impugnata è stata deliberata dal Collegio dinanzi al quale erano state precisate le conclusioni, ovviamente ben prima della data indicata nel provvedimento decisorio (peraltro, regolarmente sottoscritto dal presidente e dall ‘ estensore).
Quanto al terzo motivo («Omissione di motivazione su specifici motivi di appello (art. 360, nn. 4 e 5, c.p.c.)»), oltre a cumulare in un inestricabile groviglio eterogenei vizi ex art. 360 c.p.c. – e così, peraltro, inammissibilmente demandando alla Corte di legittimità l ‘ individuazione della critica rivolta al giudice di merito – la censura è formulata con proposizioni di impossibile comprensione: ne costituisce plastica dimostrazione la frase unica (senza punti fermi, né adeguata interpunzione) – che, alle pagine 18
e 19, si snoda per 35 righe con 489 parole. Il motivo, poi, aggredisce la motivazione della sentenza d ‘ appello senza nemmeno riportarla o confrontarsi con essa, determinando così l ‘ assoluta genericità delle censure svolte (che, come già esposto, rinviano ad atti dei gradi di merito, probabilmente nell ‘ erronea convinzione che questa Corte di legittimità sia tenuta a riesaminare e conoscere l ‘ intero materiale contenuto nei fascicoli di merito).
Il ricorso incidentale presenta lacune e difetti analoghi a quelli riscontrati nel ricorso principale.
In patente violazione dell ‘ art. 366 c.p.c., manca totalmente l ‘ esposizione del decisum della Corte d ‘ appello, pur addebitandosi alla sentenza impugnata contraddittorietà tra i capi della pronuncia, minuspetizione, violazione delle regole della soccombenza e della liquidazione delle spese di lite.
Infine, si rileva che non risulta che alla causa di opposizione all ‘ esecuzione presso terzi (espropriazione promossa da COGNOME e COGNOME contro COGNOME e Montecalvo per il recupero del credito risarcitorio) n. 4363/2015 R.G., conclusasi con la sentenza del Tribunale di Foggia n. 2704 del 29 ottobre 2018, abbia mai partecipato il terzo pignorato, litisconsorte necessario ( ex multis , Cass. Sez. 3, 18/05/2021, n. 13533, Rv. 66141201).
Nei loro atti introduttivi né i ricorrenti, né i controricorrenti, precisano mai l ‘ identità del terzo pignorato: in relazione alle impugnazioni della sentenza nella parte relativa all ‘ opposizione all ‘ esecuzione, dunque, si deve ribadire che «In materia di opposizioni esecutive, il ricorso per cassazione carente dell ‘ esatta indicazione dei litisconsorti necessari è inammissibile, ai sensi dell ‘ art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.: non è possibile, nonostante la violazione dell ‘ art. 102 c.p.c., rimettere l ‘ intera causa al giudice di primo grado al fine di procedere a contraddittorio integro a causa dell ‘ assoluta incertezza dell ‘ identità dei litisconsorti stessi, trattandosi di requisito di contenuto-forma che deve essere assolto necessariamente con il ricorso e non
può essere ricavato aliunde . (In applicazione del principio la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal creditore procedente avverso la sentenza di accoglimento dell ‘ opposizione proposta dal debitore esecutato in un ‘ esecuzione mobiliare presso terzi, in ragione della totale omissione di identificazione dei terzi pignorati, litisconsorti necessari).» (tra le altre, Cass. Sez. 3, 14/09/2023, n. 26562, Rv. 668669-01).
L ‘ inammissibilità delle impugnazioni preclude a questa Corte l ‘ esame dei motivi di ricorso e qualsivoglia valutazione sulla correttezza della decisione del giudice d ‘ appello.
La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
Va dato atto, però, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e incidentali ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto, in misura pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale;
compensa le spese del giudizio di legittimità;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti da parte dei ricorrenti principali e incidentali ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto, in misura pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,