Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20218 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20218 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 2354-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME domiciliata in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 613/2022 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 11/11/2022 R.G.N. 415/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con una prima sentenza (n. 560/2019) il Tribunale di Pistoia ha accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra
R.G.N. 2354/2023
COGNOME.
Rep.
Ud. 23/04/2024
CC
NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE per il periodo 21.7.2016- 11.8.2016; ha dichiarato inefficace il licenziamento intimato alla lavoratrice; ha ordinato alla società la reintegrazione nel posto di lavoro e ha condannato, la società al pagamento della indennità risarcitoria dovuta, da commisurarsi sull’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento sino a quello della effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito del periodo di estromissione per lo svolgimento di altre attività lavorative.
Sulla base di tale pronuncia la COGNOME ha ottenuto dal Tribunale di Pistoia un decreto (n. 581/2020) con il quale veniva ingiunto alla società il pagamento di euro 96.666,45.
Proposta opposizione al provvedimento monitorio, il menzionato Tribunale l’ha rigettata e la Corte di appello di Firenze, con la sentenza oggi impugnata (n. 613/2022) ha respinto il gravame della società.
I giudici di seconde cure, in relazione ai motivi di impugnazione, hanno rilevato che la prima decisione del Tribunale di Pistoia avrebbe potuto essere considerata un titolo esecutivo immediatamente azionabile qualora le somme dovute fossero state determinabili a mezzo di un mero calcolo aritmetico; nel caso in esame, invece, la COGNOME aveva quantificato il vantato credito in altro giudizio; hanno, poi, sottolineato che era infondata la censura della società di non corretta applicazione, ai fini della quantificazione del credito, del disposto di cui all’art. 18 St. lav. in quanto, nella fattispecie, erano stati applicati i criteri risarcitori di cui al D.lgs. n 23/2015.
Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidato ad un solo motivo cui ha resistito con controricorso NOME COGNOME.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
Con il motivo di ricorso si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 633 e ss. cpc e dell’art. 2697 cc, per non avere correttamente valutato la Corte distrettuale che il giudizio di
opposizione all’originario decreto ingiuntivo aveva ad oggetto proprio la corretta quantificazione del credito e, quindi, il giudice di merito avrebbe dovuto verificare la correttezza dei conteggi alla luce delle ragioni di diritto contenute nella sentenza di accertamento.
Il ricorso è inammissibile.
A prescindere della genericità ed indeterminatezza delle doglianze così articolate (in mancanza di un puntuale riferimento a quale delle tre norme richiamate sia ipotizzabile la denunciata violazione di legge), le doglianze appaiono eccentriche rispetto alla trama argomentativa fondante la gravata statuizione.
Come riferito in narrativa, infatti, la Corte d’appello ha precisato che la RAGIONE_SOCIALE aveva intrapreso un ordinario giudizio di merito proprio per quantificare il proprio credito e, a fronte della determinazione operata in sede monitoria, non vi era stata contestazione specifica da parte della società sotto un profilo contabile, ma unicamente in riferimento alla normativa applicabile: normativa che dall’appellante era stata erroneamente individuata come parametro di calcolo.
Ben evidente risulta dunque la inconferenza delle censure in disamina, che non attingono criticamente all’impianto decisorio dei giudici di seconde cure.
A ciò aggiungasi, quali ulteriori, autonome e specifiche ragioni di inammissibilità: (i) l’omessa riproduzione – nemmeno per stralci o passaggi di interesse – in maniera adeguata e sufficiente degli scritti difensivi della società, in spregio al requisito dell’esposizione del fatto processuale imposto dall’art. 366, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. circa le contestazioni mosse: dal che resta preclusa alla Corte la possibilità di riscontrare la loro natura; (ii) la irricevibile richiesta al giudice di legittimità di riesame degli elementi istruttori acquisiti nei gradi di merito, onde addivenire ad una ricostruzione degli accadimenti fattuali in termini differenti da quelli accertati con la pronuncia gravata.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 aprile 2024