Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16831 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16831 Anno 2025
Presidente: COGNOME Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
effettuato la comparazione includendo indennità legate alle particolari modalità di svolgimento delle mansioni e non al trattamento economico complessivo;
a fronte di tali puntuali rilievi, il ricorrente continua a non specificare di quali diverse indennità rivendichi la comparazione, richiamando genericamente le conclusioni del consulente di parte, senza confutare sul punto la motivazione addotta dalla Corte territoriale;
peraltro, si evidenzia che la censura rinvia per relazione alla consulenza tecnica di parte, senza produrla né indicare in quale sede processuale il documento risulti prodotto né riassumerne il contenuto essenziale quanto agli istituti contrattuali che sarebbero stati erroneamente applicati dal consulente di ufficio, in difetto, pertanto, dei requisiti di specificazione e localizzazione di cui all’art. 366 n. 6 cod. proc. civ.;
con il terzo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., ex art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., sul rilievo che la Corte d’appello avrebbe adottato i conteggi della RIA operati dal consulente d’ufficio siccome non contestati dalla dipendente, che, al contrario, aveva tempestivamente contraddetto sul punto anche tramite le osservazioni alla CTU svolte dal proprio consulente di parte;
3.1
anche tale censura si rivela inammissibile, in quanto il ricorrente si limita ad assumere di aver contestato i conteggi e, pur trascrivendo i passaggi della c.t.p. attraverso cui ciò sarebbe avvenuto, non ‘localizza’ l’atto in cui avrebbe svolto tale rilievo, in violazione, pertanto, dei requisiti prescritti dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ.;
peraltro, la censura è anche difficilmente comprensibile -tenuto conto che l’indennità perequativa si muove lungo il differenziale tra quanto dovuto ad un lavoratore equiparabile della sanità e quanto percepito dal lavoratore presso l’Università quando ipotizza che il calcolo doveva eventualmente avvenire non considerando per nessuno dei due la RIA di ‘entrambi i CCNL’ , senza considerare che, così operando, si sarebbe vanificata la perequazione in parte qua ;
ma privo di pregio è anche il contestuale assunto secondo cui il calcolo doveva avvenire ricostruendo ‘per ciascuno’ la RIA di un dipendente della sanità di pari anzianità e mansione;
il calcolo per ‘ciascuno’ è quanto poche righe prima si assume sia stato fatto dal c.t.u., ove si dice che egli ha appunto considerato il trattamento goduto dal ricorrente presso l’Università e il trattamento di anzianità della sanità, sicché, a tutto concedere, quella richiesta sarebbe una nuova e diversa valutazione di merito, da svolgere modificando i dati del computo differenziale, non prospettabile come tale in sede di giudizio di cassazione;
non è poi comprensibile anche l’ ulteriore assunto per cui non sarebbe servita la produzione delle buste paga del lavoratore, visto che si tratta di calcolare un differenziale rispetto a quanto percepito, né è chiaro come si potesse determinare, in mancanza di esse, quel differenziale, se non basandosi sui calcoli dell’Università, visto che altrimenti si sarebbe dovuto dire che mancavano in toto gli elementi per determinare se una differenza esisteva o meno e quindi a fortiori si sarebbe dovuto concludere che non risultava dimostrato che, al di là del diritto astratto a percepire quell’indennità, vi fossero in concreto somme quantificabili come ancora dovute;
4.
con il quarto motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., ex art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., in quanto la Corte d’appello avrebbe erroneamente dato seguito al computo effettuato dal CTU in ordine ad elementi variabili della retribuzione quali « straordinari, indennità di rischio … etc. »;
4.1
la censura è inammissibile in quanto la Corte d’appello ha ritenuto il rilievo generico, a fronte del fatto che il CTU aveva già precisato in primo grado di aver raffrontato a fini perequativi dati omogenei, costituiti esclusivamente dalle voci retributive fisse del trattamento economico fondamentale disciplinato dai rispettivi CCNL di comparto, con esclusione di ulteriori voci retributive rispetto alle voci fisse del trattamento economico fondamentale;
il ricorrente si è, dunque, limitato a riproporre le censure già svolte in primo grado, senza individuare né denunciare con specificità l’ error nel quale la Corte distrettuale sarebbe incorsa;
5.
con il quinto motivo si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ex art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc.
civ., per avere la Corte d’appello respinto il gravame senza pronunciarsi sulla richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, di carattere decisivo;
5.1
anche l’ultima censura non si sottrae alla declaratoria di inammissibilità;
il giudizio sulla necessità e utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la cui decisione è censurabile per cassazione unicamente ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., soggiacendo la relativa impugnazione alla preclusione derivante dalla regola della cd. ‘doppia conforme’ di cui all’art. 348 -ter, comma 5, cod. proc. civ., ratione temporis vigente (Cass. Sez. L, 25/08/2023, n. 25281);
il principio così espresso è pienamente applicabile al caso di specie, in cui il motivo si incentra sulla richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio ai sensi del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., formulato in relazione a decisione di appello che ha confermato le valutazioni già rese dal primo giudice, con conseguente inammissibilità della censura così formulata;
5.2
sotto altro profilo, si osserva che la richiesta di rinnovo della consulenza tecnica deve intendersi implicitamente respinta, in quanto incompatibile con la decisione assunta (fra molte, Cass. Sez. 6-1, 13/01/2020, n. 326, che ha sottolineato come la consulenza tecnica d’ufficio sia mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario e potendo la motivazione dell’eventuale diniego del giudice di ammissione del mezzo essere anche implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e
dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato; in senso conforme, Cass. Sez. L, 04/07/2024 n. 18299); in effetti, la Corte d’appello, respingendo tutti i rilievi critici mossi alla consulenza d’ufficio, ha implicitamente rigettato la richiesta di rinnovazione della stessa, con assorbimento di ogni altra questione. 6. conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; 7. le spese di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in euro 200,00, al rimborso delle spese generali al 15%, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro