Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15153 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15153 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16007/2023 R.G.
proposto da
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege – ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE (già SOCIETÀ PER RAGIONE_SOCIALE), rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME Paolo COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE), con domicilio digitale ex lege
– controricorrente –
e contro
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Bari n. 213 del 14/2/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell ‘ 8/4/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
-nella procedura esecutiva immobiliare n. 568/2016 r.g. esec. del Tribunale di Foggia, l ‘ esecutato NOME COGNOME chiedeva di dichiarare l ‘ estinzione del processo esecutivo per violazione dell ‘art. 557 c.p.c.;
-il giudice dell ‘ esecuzione, con ordinanza del 22/3/2020, respingeva l ‘ istanza;
-l ‘ opponente proponeva reclamo ex art. 630 c.p.c., rigettato dal Tribunale di Foggia con la sentenza n. 1771 del 3/12/2020;
-sull ‘ impugnazione di COGNOME la Corte d ‘ appello di Bari provvedeva con la sentenza n. 213 del 14/2/2023, respingendo il gravame;
-avverso tale decisione NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, fondato su tre motivi;
-la RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE (già Società per RAGIONE_SOCIALE) resisteva con controricorso;
-non svolgevano difese nel giudizio di legittimità gli intimati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, Allianz S.p.A.;
-ai sensi dell ‘art. 380bis c.p.c., in data 9/10/2023, veniva formulata proposta di definizione accelerata del ricorso del seguente tenore:
«Il ricorso presenta plurimi profili di inammissibilità.
Anzitutto, esso non rispetta i requisiti di contenuto-forma ex art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., contenendo una esposizione dei fatti processuali eccessivamente ridondante ed inutile.
I singoli motivi, poi, sono comunque inammissibili.
Il primo perché -pur a fronte della recente sentenza della Corte cost. n. 45/2023 -è noto che la partecipazione alla decisione del giudice incompatibile non comporta di per sé la nullità della decisione, se non previa proposizione dell ‘ istanza di ricusazione, nella specie non proposta (Cass. n. 10492/2019). In tal senso, peraltro, la Corte d ‘ appello aveva adottato specifica statuizione, che il ricorrente non ha affatto censurato, donde l ‘ inammissibilità.
Il secondo motivo attiene poi a questioni deducibili con l ‘ opposizione formale ex art. 617 c.p.c., come pure osservato dalla Corte d ‘ appello, sicché esse esulano dai confini di questo giudizio, attinente al reclamo ex art. 630 c.p.c.
Il terzo motivo, infine, è del tutto aspecifico, perché da un lato consiste in una mera contrapposizione dialettica col chiaro decisum della Corte d ‘ appello, che in punto spese di lite ha semplicemente applicato il criterio della soccombenza, e dall ‘ altro si fonda su una pretesa fondatezza dell ‘ appello che -anche per effetto del giudicato interno sul merito della questione e della inammissibilità dei motivi che precedono
-è del tutto non prospettabile.»;
-il ricorrente avanzava rituale istanza di decisione e veniva fissata l ‘ odierna adunanza camerale;
-la controricorrente depositava memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.;
-all ‘ esito della camera di consiglio dell ‘ 8/4/2025, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE:
-l ‘ atto introduttivo non rispetta le disposizioni dell ‘art. 366 c.p.c. sui requisiti di contenuto-forma del ricorso per cassazione, i quali non costituiscono mero formalismo, ma sono funzionali al giudizio di legittimità (che non è affatto un terzo grado di merito) e all ‘ esame delle questioni da parte
della Corte Suprema (il cui compito istituzionale è l ‘ analisi delle specifiche critiche ‘ in diritto ‘ rivolte alla sentenza impugnata, non il rifacimento del processo o il compimento ex novo di accertamenti e valutazioni fattuali già svolte nei precedenti gradi);
-in particolare, a dispetto della prescrizione del n. 3 della citata norma, il ricorso de quo non contiene «la chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso», ma si dilunga per ben 45 pagine, le prime 21 delle quali nella narrazione -peraltro confusa e frammentaria e di assai ardua lettura, in ragione di parentesi, grassetti, sottolineature, interposizione di commenti e considerazioni all ‘ illustrazione -di vicende dei gradi di merito (molte delle quali del tutto irrilevanti ai fini della decisione);
-difetta poi «la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, con l ‘ indicazione delle norme di diritto su cui si fondano» (art. 366, n. 4, c.p.c.): già dalla rubrica dei motivi si evince che la parte ricorrente ha affermato la violazione di eterogenee disposizioni, indicate in un cumulo pressoché inestricabile, spesso privo di una specifica attinenza al decisum della Corte di merito;
-anche i motivi, singolarmente considerati e nei limiti in cui gli stessi risultano comprensibili, sono inammissibili e/o, quanto alle tesi in diritto che faticosamente possono ricavarsene, manifestamente infondati (e, quindi, comunque inammissibili a norma dell ‘art. 360bis c.p.c.);
-è inammissibile il primo motivo, col quale si deduce la «violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 630 c.p.c.; art. 178 co.5, c.p.c.; art. 51, co.4, c.p.c.; art. 174 c.p.c.; art. 79 disp. att. c.p.c.; art. 52 c.p.c.; artt. 24, 25 e 111, co.2, Costituzione; art. 158 c.p.c.; art. 161 c.p.c.). … Il Giudice di secondo grado ha interpretato la norma art. 630 c.p.c. nonché la norma art. 178, co.5, c.p.c. (richiamata al comma 3 dell ‘art. 630 c.p.c.) in modo non conforme alla portata precettiva delle stesse come rinveniente
dal dettame costituzionale art. 111, co.2, c.p.c., incorrendo così in una palese violazione di norme di diritto. Di poi tale distona interpretazione si riflette in una violazione anche delle norme artt. 51, co.4, c.p.c., 52 c.p.c., 158 c.p.c. e 161 c.p.c., e artt. 24 e 25 Costituzione.»;
-come già rilevato nella proposta ex art. 380bis c.p.c., la sentenza della Corte costituzionale n. 45 del 2023 (che ha dichiarato «l ‘ illegittimità costituzionale dell ‘art. 630, terzo comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui stabilisce che, contro l ‘ ordinanza che dichiara l ‘ estinzione del processo esecutivo ovvero rigetta la relativa eccezione, è ammesso reclamo al collegio con l ‘ osservanza delle forme di cui all ‘art. 178, commi quarto e quinto, cod. proc. civ., senza prevedere che del collegio non possa far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato») non può essere invocata per inficiare la decisione del Tribunale (in composizione collegiale) sul reclamo ex art. 630 c.p.c., perché -come già osservato dalla Corte d ‘ appello, con le cui affermazioni il ricorso non si confronta -non è stata avanzata istanza di ricusazione del giudice incompatibile, adempimento indispensabile per denunciare in sede di gravame la violazione della regola processuale (Cass. Sez. 1, 20/09/2024, n. 25251, Rv. 672413-01; Cass. Sez. 2, 23/08/2023, n. 25083, Rv. 668922-03; Cass. Sez. 2, 24/05/2022, n. 16831, Rv. 664921-01; Cass. Sez. 1, 15/04/2019, n. 10492, Rv. 653468-01);
-è inammissibile -per la sua formulazione (che si riferisce ad eterogenee disposizioni normative senza illustrare le specifiche ragioni per cui il giudice le avrebbe violate) e, comunque, per manifesta infondatezza -il secondo motivo, col quale si deduce «violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 3 R.D. 30 gennaio 1941 n.12; art. 110 D.P.R. 15 dicembre 1959 n.1229; art. 492 c.p.c.; art. 555 c.p.c.; art. 557 c.p.c.; art. 140 c.p.c.; art. 164 ter disp. att. c.p.c.; art. 630 c.p.c.; art. 617 c.p.c.; art. 2697 c.c.). … la Corte di Appello di Bari riferisce che ‘ È immeritevole di
accoglimento ‘ anche il terzo motivo di appello, rivolto a denunciare la violazione ed errata/falsa applicazione di alcune norme dettate in tema di forma del pignoramento, tra cui gli artt. 492, 555 e 557 c.p.c. (omettendo di riferire le altre norme di diritto richiamate dall ‘ appellante, odierno ricorrente, con il suddetto terzo motivo di appello quali l ‘art. 3 R.D. 30 gennaio 1941 n.12 e l ‘art. 110 D.P.R. 15 dicembre 1959 n.1229, e ss.mm.ii., l ‘art. 140 c.p.c., l ‘art. 164 ter disp. att. c.p.c., l ‘art. 630 c.p.c., l ‘art. 617 c.p.c., e l ‘art. 2697 c.c.).»;
-è sufficiente osservare che la violazione del termine previsto dall ‘art. 557, comma 2, c.p.c. costituisce una ipotesi tipica di estinzione del processo di esecuzione, da far valere a norma dell ‘art. 630 c.p.c. e, in caso di rigetto dell ‘ eccezione, col reclamo previsto dalla citata disposizione, mentre deve dispiegarsi opposizione agli atti esecutivi per dedurre la violazione della forma del pignoramento o la tardività del deposito della nota di trascrizione (Cass. Sez. 3, 11/02/2025, n. 3494; Cass. Sez. 3, 14/03/2024, n. 6873, Cass. Sez. 3, 18/12/2023, n. 35365);
-del pari inammissibile è il terzo motivo, col quale si denuncia «violazione o falsa applicazione di norme di diritto (artt. 24 e 111 Costituzione). … il suddetto Giudice di secondo grado, con riferimento al quarto motivo di appello (riguardante la violazione ed errata/falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 24 e 111 Costituzione, nonché l ‘ erroneo rigetto del reclamo ex art. 630 c.p.c. e l ‘ illegittimità della condanna al pagamento delle spese di lite del giudizio di primo grado ed ai sensi dell ‘art. 96, co.3, c.p.c. disposti con sentenza n.1771/2020 dal Tribunale di Foggia) riferisce che la censura, nel suo complesso, è destituita di fondamento in quanto la condanna al pagamento delle spese di lite del giudizio di reclamo costituisce l ‘ inevitabile corollario della doverosa applicazione da parte del Tribunale di Foggia del principio di causalità codificato dall ‘art. 91 c.p.c.. Ed inoltre che il Collegio di prime cure ha omesso di esaminare la richiesta di risarcimento dei danni avanzata dall ‘ appellante, odierno ricorrente, stante il pregiudiziale
rigetto del reclamo ex art. 630 c.p.c., implicante l ‘ inesistenza dei presupposti per dichiarare l ‘ estinzione del processo esecutivo, ed ha legittimamente condannato la parte soccombente (ovvero l ‘ appellante, odierno ricorrente) al pagamento di una somma equitativamente determinata ai sensi dell ‘art. 96, co.3, c.p.c. in ragione dell ‘ evidente infondatezza e pretestuosità delle argomentazioni contenute nell ‘ atto di reclamo ex art. 630, co.3, c.p.c..»;
-la censura – che si risolve in un non-motivo, dato che prospetta l ‘ erroneità della condanna alle spese in ragione della pretesa fondatezza del reclamo – è manifestamente inammissibile sia perché la Corte d ‘ appello ha fatto applicazione dell ‘art. 91 c.p.c. in conseguenza della soccombenza di COGNOME, sia perché la richiesta risarcitoria non esaminata presuppone l ‘ accoglimento del reclamo (che, invece, è stato respinto), sia perché la declaratoria della sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 non riguarda l ‘ oggetto del contendere tra le parti in causa e non può formare oggetto di impugnazione ( ex multis , Cass. Sez. 3, 02/07/2024, n. 18191, Rv. 671577-01);
-in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile;
-all ‘ inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo;
-inoltre, poiché «la Corte … definisce il giudizio in conformità alla proposta», ai sensi dell ‘art. 380bis , comma 3, c.p.c. trovano applicazione i commi 3 e 4 dell ‘art. 96 c.p.c.: conseguentemente, il ricorrente va condannato a pagare una ulteriore somma, che si stima equa nella misura di Euro 5.100,00 (pari all ‘ importo liquidato a titolo di compensi), a norma del citato art. 96, comma 3, c.p.c., nonché una somma in favore della cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di determinare in Euro 5.000,00 (e, cioè, nell ‘ importo massimo previsto dalla citata disposizione);
-va dato atto, altresì, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 5.100,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge, nonché al pagamento, in favore della medesima controricorrente, della somma di Euro 5.100,00 a norma dell ‘art. 96, comma 3, c.p.c.;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di Euro 5.000,00 a norma dell ‘art. 96, comma 4, c.p.c.;
ai sensi dell ‘art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,