Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26883 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26883 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 883/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 3059/2020 depositata il 27/11/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/05/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nell’aprile 2009 la società RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 431/2009, provvisoriamente esecutivo, con cui il Tribunale di Forlì, su ricorso della RAGIONE_SOCIALE, ingiungeva all’opponente il pagamento della complessiva somma di euro 202.590,82 oltre ad interessi legali e penale del 5%, ex art. 3, comma 3, L. 192/1998 dalla mora al saldo ed alle spese di competenza della procedura monitoria.
La società opponente contestava la richiesta di pagamento ritenendo che: a) il credito non era esigibile al momento della richiesta in quanto non era ancora scaduto; b) la NOME era inadempiente agli obblighi contrattuali derivanti dal contratto. Chiedeva, quindi, che venisse pronunciata declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento della NOME e che venisse condannata al pagamento del risarcimento del danno.
Nel corso del giudizio veniva espletata prova per testi sui capitoli ammessi e veniva espletata c.t.u. in ordine alla quantificazione del danno, subito dall’opponente, per la mancata produzione di calzature.
Il Tribunale di Forlì, con sentenza n. 157/2013, in parziale accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo , condannava la NOME al pagamento in favore di NOME della somma di euro 1612, e, preso atto del pagamento effettuato in corso di causa dell’intera somma ingiunta, revocava il decreto ingiuntivo.
La Corte d’ Appello di Bologna, con la sentenza n. 3059 del 27 novembre 2020, in accoglimento dell’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE riformava la sentenza impugnata e dichiarava la
risoluzione del contratto di fornitura, stipulato tra le parti, per inadempimento dell’appellata NOME, condannando quest’ultima al risarcimento del danno, in favore della RAGIONE_SOCIALE, liquidato nella misura di 208.708,05 oltre interessi dalla data di pubblicazione della sentenza.
Propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, NOME base di quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso. L’atto depositato e denominato ‘Memorie ex art. 378 e 380 bis 1 c.p.c.’ non può considerarsi tale, difettandone i requisiti di legge.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5.1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia che la sentenza è affetta da vizi di falsa e/o erronea applicazione e/o interpretazione delle disposizioni di legge applicabile alla fattispecie. Censura anche la nullità della sentenza per omessa o apparente motivazione e oltre che per omesso esame di un punto decisivo della controversia discusso tra le parti.
5.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1186, 1175, 1362, 1375, 2729 e 1460 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 del c.p.c..
Lamenta che la Corte d’appello di Bologna ha ritenuto illegittima l’eccezione di inadempimento formulata da NOME NOME base di un’errata applicazione e/o interpretazione delle predette norme.
La corte territoriale, nel valutare l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE e ‘ la presunta condotta contraria al principio di buona fede della società ricorrente, si è limitata a rilevare che la stessa non aveva pagato forniture scadute per euro 33.000 a fronte dell ‘ enorme danno che avrebbe provocato la mancata fornitura di scarpe da parte di NOME .
5.3. Con il terzo motivo la RAGIONE_SOCIALE denuncia in relazione all’art. 360 n. 4 del c.p.c. la nullità della sentenza per violazione
dell’art. 112 c.p.c., per omessa o apparente motivazione. Violazio ne dell’art. 345 c.p.c.
Lamenta che la corte d’appello ha fondato la propria decisione con riferimento alla c.t.u. disposta nel giudizio di primo grado omettendo di pronunciarsi sull’eccezione di nullità della perizia stessa formulata da NOME nel procedimento di prime cure e riproposta nella causa d’appello. La corte doveva dichiarare tardiva ed inammissibile la nuova documentazione prodotta dalla società controricorrente in palese violazione dell’articolo 183, co. 6, c.p.c. con conseguenza nullità della c.t.u..
5.4. Con il quarto motivo la RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un punto decisivo della controversia discusso dalle parti. La corte felsinea ha completamente omesso di considerare che, nel caso di specie, NOME ha formulato l’eccezione di inadempimento in discussione in quanto, oltre al mancato pagamento delle forniture scadute per euro 33.000, il legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE aveva dichiarato a NOME che non intendeva pagare neppure le forniture già eseguite e non ancora scadute. Tale circostanza deve ritenersi pacifica alla luce del principio di cui all’art. 115 c.p.c. non essendo stata minimamente contestata da controparte.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono inammissibili.
Innanzitutto sono stati formulati in modo non conforme alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., 1 comma nn. 4 e 6, c.p.c., stante l’inosservanza dei principi di specificità, anche declinato secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021, Succi e altri c/ Italia, la quale ha ribadito, in sintesi, che il fine legittimo, in linea generale ed astratta, del principio di autosufficienza del ricorso è la semplificazione dell’attività del giudice di legittimità unitamente alla garanzia della certezza del diritto e alla corretta amministrazione della giustizia, (ai p.ti 74 e 75 in motivazione),
investendo questa Corte del compito di non farne una interpretazione troppo formale che limiti il diritto di accesso ad un organo giudiziario (al p.to 81 in motivazione), esso (il principio di autosufficienza) può dirsi soddisfatto solo se la parte riproduce il contenuto del documento o degli atti processuali su cui si fonda il ricorso e se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950): requisito che può essere concretamente soddisfatto ‘anche’ fornendo nel ricorso, in ottemperanza dell’art. 369, comma 2°, n. 4 cod. proc. civ., i riferimenti idonei ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati rispettivamente, i documenti e gli atti processuali su cui il ricorso si fonda’ (Cass. 19/04/2022, n. 12481).
Qualunque sia il tipo di errore denunciato (in procedendo o in iudicando), il ricorrente ha l’onere di indicare specificatamente, a pena di inammissibilità, i motivi di impugnazione, esplicandone il contenuto e individuando, in modo puntuale, gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda, oltre ai fatti che potevano condurre, se adeguatamente considerati, ad una diversa decisione. E ciò perché il ricorso deve ‘contenere, in sé, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata’ (v. Cass. civ., Sez. III, Ord., 8/08/2023, n. 24179; Cass. civ., Sez. III, Ord., 13/07/2023, n. 20139; Cass. civ., Sez. V, Ord., 10/07/2023, n. 19524; Cass. civ., Sez. V, Ord., 22/06/2023, n. 17983; Cass. civ., Sez. I, Ord., 25/05/2023, n. 14595; Cass. civ., Sez. III, Ord., 14/02/2023, n. 4571; Cass. civ., Sez. V, 20/07/2022, n. 22680; Cass. civ., Sez. 1, 19/04/2022, n. 12481; Cass. civ., Sez. V, Ord., 13/01/2021, n. 342; Cass. civ., Sez. 1, 10/12/2020, n. 28184; Cass. civ., SS. UU., 27/12/2019, n. 34469).
Le censure, inoltre, sono inammissibili perché il ricorrente, che denunci il vizio di cui all’ art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., deve non solo indicare le norme di legge asseritamente violate ma anche esaminarne il contenuto precettivo e confrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, richiamandole in modo specifico (cfr. ex multis , Cass. SS.UU. 28/10/2020, n. 23745; Cass. civ., Sez. III, Ord., 18/08/2023, n. 24819; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 20/07/2023, n. 21798; Cass. civ., Sez. II, 13/07/2023, n. 20059; Cass. civ., Sez. II, Ord., 19/06/2023, n. 17430; Cass. civ., Sez. III, Ord., 11/05/2023, n. 12954; Cass. civ., Sez. V, 24/03/2023, n. 8472; Cass. civ., Sez. I, Ord., 20/12/2022, n. 37257; Cass. civ., Sez. VI-2, Ord., 11/03/2022, n. 8003).
Va per altro verso osservato che la ricorrente, lungi dal prospettare un’effettiva violazione e falsa applicazione di legge, in realtà prospetta una rivalutazione delle risultanze processuali compiuta dalla Corte territoriale e come tale inammissibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Questo perché spetta al solo giudice di merito individuare le fonti del suo convincimento, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi. Né detto giudice è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (cfr. ex plurimis , v., tra le più recenti, Cass. civ., Sez. lav., Ord., 1/08/2023, n. 23351; Cass. civ., Sez. I, Ord., 26/07/2023, n. 22540; Cass. civ., Sez. V, 3/07/2023, n. 18758; Cass. civ., Sez. I, Ord., 15/06/2023, n. 17154; Cass. civ., Sez. III, Ord., 10/02/2023, n. 4247; Cass. civ., Sez. I, Ord. 4/04/2023, n. 9293; Cass. civ., Sez. III, Ord., 22/02/2023, n. 5490; Cass. civ., Sez. I, Ord., 16/01/2023, n. 1015; Cass. civ. Sez. V, Ord., 5/09/2022, n. 26018 Cass. civ., Sez.
VI-2, Ord., 9/03/2022, n. 7724; Cass. civ., SS. UU., 16/11/2020, n. 25950).
Nel caso, la Corte di appello ha valutato le allegazioni e le prove offerte dalle parti, ricostruendo i fatti costitutivi della domanda risarcitoria proposta da RAGIONE_SOCIALE e, avuto riguardo a quelle acquisite, le ha ritenute idonee a dimostrare l’esistenza del lamentato danno, riconducibile alla condotta di NOME per essere stata gravemente inadempiente alla obbligazione assunta (cfr. pag. 8 sentenza impugnata).
In tale contesto, neppure è configurabile la dedotta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., atteso che, in tema di scrutinio di legittimità del ragionamento probatorio adottato dal giudice di merito, è inammissibile la doglianza NOME valutazione delle prove compiuta dal giudice, rientrando tale attività nel suo potere di valutazione delle prove sancito dall’art. 116 c.p.c. (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord., 7/08/2023, n. 24032; Cass. civ., Sez. I, Ord., 26/07/2023, n. 22483; Cass. civ., Sez. III, Ord., 20/07/2023, n. 21847; Cass. civ., Sez. V, Ord., 15/06/2023, n. 17095; Cass. civ., Sez. III, Ord., 16/05/2023, n. 13331; Cass. civ., Sez. II, 29/03/2023, n. 8834; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 24/02/2023, n. 5799; Cass. civ., Sez. I, Ord., 27/12/2022, n. 37839; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 31/03/2022, n. 10463; Cass. civ., SS.UU. 30/09/2020, n. 20867).
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo favore delle controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza