Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21551 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21551 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 32476/2019 proposto da:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO e domiciliati in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI PALERMO n. 403/2019, pubblicata il 4 giugno 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha accolto, con sentenza n. 2555/2017, la domanda di condanna a corrispondere il beneficio economico dovuto formulata, nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con ricorso depositato il 23 giugno 2016.
Con tale ricorso gli interessati hanno esposto che, dopo avere presentato la richiesta di adesione al c.d. progetto qualità secondo l’ACR del 2004 e l’AIR del 2010, avevano sempre svolto le prestazioni integrative ivi previste e avevano ricevuto i relativi controlli da parte della stessa RAGIONE_SOCIALE, che aveva loro corrisposto la relativa indennità, per poi sospenderla da ottobre 2013 con riguardo a NOME COGNOME e da gennaio 2014 per ciò che concerne gli altri dipendenti.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello che la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 403/2019, ha accolto.
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti contestano la violazione e falsa applicazione ‘dei contratti o accordi collettivi di lavoro 17 accordo regionale pubblicato nella GURS n. 9 del 27/02/2004, AIR 2010’ nonché dell’art. 1362 c.c. ‘per violazione dei canoni di interpretazione dei CCNL di categoria e a ccordi integrativi regionali’.
Essi sostengono che l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe violato gli accordi regionali che regolano la materia e che la stessa non avrebbe mai contestato la carenza dei requisiti per potere godere dell’indennità ex art. 17 AIR 2004 (Progetto Qualità) o la presenza di motivi gravi atti a giustificare la loro espunzione dalla graduatoria.
In particolare, a regolare la materia sarebbe stato l’art. 17 AIR 2004 e, quanto ai compiti di servizio da svolgere, l’art. 4 AIR 2010 che, a sua volta, avrebbe dovuto rispettare l’NUMERO_DOCUMENTO 29 luglio 2009.
Con il secondo motivo i ricorrenti contestano la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per inosservanza della corrispondenza fra chiesto e pronunciato e inesistenza dei principi di prova forniti da RAGIONE_SOCIALE.
Essi lamentano che la corte territoriale non avrebbe considerato che l’elenco elaborato nel 2004 sarebbe dovuto comunque esistere e che il giudice di appello si sarebbe avvalso di elementi esterni per la sua decisione.
Inoltre, rappresentano che negare un diritto e non riuscire a provare ciò equivarrebbe a riconoscerlo.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto valutare negativamente, come aveva fatto il primo giudice, ricorrendo alla prova induttiva, il mancato deposito dell’elenco elaborato nel 2004 da parte dell’RAGIONE_SOCIALE.
Con il terzo e il quarto motivo i ricorrenti contestano la violazione degli artt. 116, 210, 414 e 416 c.p.c. in quanto la corte territoriale avrebbe dovuto desumere dal rifiuto della P.A. di esibire la menzionata graduatoria il fatto dell’avvenuta presentazione delle loro domande.
Il ricorso è inammissibile.
Infatti, l’atto di impugnazione non contiene alcuna esposizione dei fatti di causa essenziali all’illustrazione dei motivi di ricorso, così violando il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.
RAGIONE_SOCIALE ha chiarito che il disposto dell ‘ art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di
inammissibilità, l ‘ esposizione sommaria dei fatti di causa – non risponde ad un ‘ esigenza di mero formalismo, bensì a consentire alla RAGIONE_SOCIALE di conoscere dall ‘ atto, senza attingerli aliunde , gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell ‘ origine e dell ‘ oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti; per soddisfare tale requisito occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l ‘ indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata (Cass., Sez. 3, n. 1352 del 12 gennaio 2024; si veda anche, in motivazione, Cass., Sez. L, n. 14082 del 21 maggio 2024, non massimata).
Nella specie, per comprendere anche solo in parte la vicenda che ha condotto al processo in corso e lo svolgimento dei vari gradi di giudizio è stato necessario consultare la sentenza di appello e il controricorso, con chiara violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.
Ulteriori profili di inammissibilità emergono dall’esame dei motivi di ricorso che, stante la stretta connessione, possono essere trattati insieme.
In primo luogo, sono inammissibili tutte le contestazioni che lamentano la violazione della contrattazione integrativa regionale.
Infatti, in tema di contratti collettivi di lavoro relativi al pubblico impiego privatizzato, l’art. 63, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, che consente di denunciare direttamente in sede di legittimità la violazione o falsa applicazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali di cui all’art. 40 del detto d.lgs., è norma di stretta interpretazione, sicché non può trovare applicazione ai contratti collettivi regionali ivi non contemplati (Cass., Sez. L, n. 7671 del 18 aprile 2016).
Quanto alle doglianze concernenti l’interpretazione dei menzionati contratti regionali, si rileva che i ricorrenti si sono limitati a prospettare, per quanto evincibile dal ricorso, una (non chiara) interpretazione degli stessi alternativa a quella fatta propria dalla corte territoriale, il che non è ammissibile nella presente sede (Cass., Sez. 1, n. 9461 del 9 aprile 2021).
La sanzione di inammissibilità riguarda anche la contestazione relativa all’art. 112 c.p.c., avendo la Corte d’appello di Milano deciso in ordine alle domande ed eccezioni delle parti alla luce dei motivi di appello.
D’altronde, con riguardo all’elenco elaborato nel 2004, si osserva che il giudice di appello ha specificamente accertato, motivando il suo convincimento alle pagine da 4 a 6 della sentenza di appello, che nessuna prova vi era agli atti della ricezione delle dichiarazioni di disponibilità dei ricorrenti da parte della P.A. e, sul punto, nessuna contestazione specifica vi è.
Inammissibile è, poi, la parte delle censure che investe il ragionamento presuntivo che la corte territoriale avrebbe dovuto compiere.
Infatti, in tema di presunzioni di cui all’art. 2729 c.c., la denunciata mancata applicazione di un ragionamento presuntivo che si sarebbe potuto e dovuto fare, ove il giudice di merito non abbia motivato alcunché al riguardo (e non si verta nella diversa ipotesi in cui la medesima denuncia sia stata oggetto di un motivo di appello contro la sentenza di primo grado, nel qual caso il silenzio del giudice può essere dedotto come omissione di pronuncia su motivo di appello), non è deducibile come vizio di violazione di norma di diritto, bensì solo ai sensi e nei limiti dell’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., ossia come omesso esame di un fatto secondario (dedotto come giustificativo dell ‘ inferenza di un fatto ignoto principale), purché decisivo (Cass., Sez. 3, n. 17720 del 6 luglio 2018).
Nella specie, la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE ha valutato tutti i profili rilevanti e ha ritenuto, con motivazione completa e senza utilizzare dati estranei al giudizio, che non fosse condivisibile il ragionamento presuntivo del primo giudice.
In particolare, non ha pregio l’affermazione dei ricorrenti per cui negare un diritto e non riuscire a provarlo equivarrebbe a riconoscerlo.
Inammissibile è pure la censura dei medesimi ricorrenti nella parte ove prospettano che la corte territoriale avrebbe dovuto desumere dal rifiuto della RAGIONE_SOCIALE. di esibire la graduatoria da loro citata il fatto dell’avvenuta presentazione delle loro domande, trattandosi di due circostanze fra loro palesemente non correlate e venendo in rilievo, comunque, una valutazione delle risultanze istruttorie riservata al giudice del merito.
2) Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna i ricorrenti a rifondere le spese di lite, che liquida in complessivi
€ 5.000,00 per compenso, oltre € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 7