Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34032 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34032 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
-intimati –
Avverso la sentenza n. 859/2018 della CORTE DI APPELLO DI ROMA, depositata il giorno 12 febbraio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RETRATTO AGRARIO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8450/2019 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrenti –
nonché contro
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME (cui, lite pendente , sono succeduti mortis causa la stessa NOME COGNOME, coniuge superstite, e i figli NOME e NOME COGNOME), nella qualità di comproprietari e coltivatori diretti di un fondo rustico ubicato nel Comune di Cassino, esercitarono innanzi al Tribunale di Cassino azione di riscatto avente ad oggetto l’atto di compravendita (rogato il giorno 24 aprile 2002 per notar COGNOME) relativo al fondo, confinante con quello attoreo, sito nel medesimo Comune, alienato da NOME COGNOME (nudo proprietario) e NOME COGNOME (usufruttuaria) a NOME COGNOME.
Nella controversia spiegò intervento volontario NOME COGNOME la quale, sull’assunto di essere affittuaria e coltivatrice diretta del fondo oggetto di vendita, ne domandò anch’ella il riscatto.
All’esito del giudizio di primo grado svolto nell’attiva resistenza di NOME COGNOME e nella contumacia di NOME COGNOME e di NOME COGNOME -l’adito Tribunale dichiarò il difetto di legittimazione passiva dei venditori NOME COGNOME e NOME COGNOME, rigettò la domanda di NOME COGNOME (siccome ritenuta detentrice del fondo a titolo di comodato) ed accolse invece la domanda degli originari attori.
La decisione in epigrafe indicata ha rigettato i contrapposti appelli dispiegati da NOME COGNOME (in INDIRIZZO) e da NOME COGNOME (in via incidentale).
Ricorre per cassazione NOME COGNOME affidandosi a due motivi, cui resistono, con unitario controricorso, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Non svolgono difese nel giudizio di legittimità le altre parti intimate, in epigrafe dettagliatamente indicate.
Le parti costituite hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
r.g. n. 8450/2019 Cons. est. NOME COGNOME
In via preliminare, non occorre procedere a verificare la regolare notificazione del libello introduttivo a tutte le parti litisconsorti in grado di appello e non costituite nel presente giudizio di legittimità, stante l’i nammissibilità del ricorso per le ragioni in appresso esplicate.
Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone infatti al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato o inammissibile, appare superflua, pur potendone sussistere i presupposti, la fissazione del termine per la rinnovazione della notifica del ricorso ad una parte o per l’integrazione del contraddittorio nei riguardi di un litisconsorte pretermesso, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei tempi di definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (cfr., sulla scia di Cass., Sez. U, 22/03/2010, n. 6826, tra le tante, Cass. 13/10/2011, n. 21141; Cass. 17/06/2013, n. 15106; Cass. 10/05/2018, n. 11287; Cass. 21/05/2018, n. 12515; Cass. 15/05/2020, n. 8980; Cass. 20/04/2023, n. 10718).
Il primo motivo denuncia « violazione e falsa applicazione degli artt. 139, 142, 149, 160 cod. proc. civ. e art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., in quanto la Corte di appello ha errato nel ritenere valida la
notificazione dell’atto di citazione introduttiva del primo grado di giudizio alla ‘figlia convivente’ presso l’Ufficio postale di Sant’Elia Fiumerapido, ove il plico contenente l’atto era stato depositato ».
Il motivo -pur con esposizione di non agevole intellegibilità, dacché connotata da affastellamento di concetti disomogenei -reca, a ben vedere, due differenti censure:
(i) in primis , si contesta alla Corte territoriale di aver « intraveduto » il « rapporto di convivenza » tra NOME COGNOME (persona alla quale venne consegnato il plico presso l’Ufficio postale) e NOME COGNOME, « trascurando di cogliere che, in realtà, NOME COGNOME già all’epoca (2002) risiedeva in Berna (Svizzera) »;
(ii) per altro profilo, si sostiene che il procedimento di notificazione della citazione « non può ritenersi perfezionato, giacché NOME COGNOME è stata individuata (non quale incaricato al ritiro dell’atto con apposita delega scritta) ma quale ‘figlia convivente’», qualità irrilevante qualora la consegna non avvenga (come nel caso) nei luoghi ex art. 139 cod. proc. civ. » e si prospetta discendere da tale nullità (non sanata) della notifica della citazione (contenente la dichiarazione di riscatto) la decadenza dei retraenti dall’azione esperita .
2.1. Sotto ambedue gli aspetti il motivo è inammissibile.
2.1.1. La prima contestazione – dal carattere del tutto assertorio, in quanto tale già ex se inammissibile – si rivela inconferente rispetto alla compiuta argomentazione svolta sul punto dalla gravata sentenza: in questa, infatti, premesso che la consegna del plico a persona di famiglia importa presunzione di residenza effettiva in detto luogo, si è ritenuta non sufficiente, ai fini della dimostrazione di una diversa residenza, la produzione di documentazione anagrafica.
Argomentazione per nulla criticata dalla doglianza in esame.
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2.1.2. La seconda censura è inammissibile per inosservanza del requisito della specifica indicazione dei documenti su cui il ricorso si fonda (art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ.).
Nell’atto di adizione di questa Corte manca, invero, la riproduzione (necessaria, peraltro, in forma integrale: Cass. 22/02/2022, n. 5700; Cass. 30/11/2018, n. 31308; Cass. 28/02/2017, n. 5185; Cass. 29/08/2005, n. 17424) della contestata relazione di notifica; né di essa si opera altresì la c.d. localizzazione, ovvero non è offerta alcuna indicazione circa la collocazione di siffatta relazione di notifica nel fascicolo di ufficio e, soprattutto, circa la sua produzione o acquisizione nel giudizio di legittimità (cfr. Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950; Cass. Sez. U., 27/12/2019, n. 34469).
2.1.3. Soltanto per completezza argomentativa, si osserva che la denunciata nullità della notifica non appaia nemmeno in astratto (ovvero prescindendo dall’esame della relazione di notifica, impedito dall’evidenziato vizio di inammissibilità) configurabile .
Invero, la specificazione nell’avviso di ricevimento della locuzione « figlia convivente » documenta l’avvenuto riscontro della identità del soggetto cui in concreto è stato consegnato il plico ed assume una valenza aggiuntiva rispetto alla qualità di delegato del destinatario, evincibile dalla stampigliatura presente sul modulo dell’avviso di ricevimento (stampigliatura della quale la ricorrente non ha dedotto la avvenuta cancellazione nel caso di specie): ed è fermo orientamento del giudice della nomofilachia (cui va qui data convinta continuità) che ai fini della validità della notifica effettuata a mezzo posta, l’incaricato al ritiro del piego depositato nell ‘ ufficio a causa dell ‘ assenza del destinatario non deve avere i requisiti stabiliti dall’art. 7 della legge n. 890 del 1982 per i soggetti abilitati a ricevere il plico nel luogo indicato sul piego postale (così, ex multis, Cass. 05/12/2017, n. 29019; Cass. 29/11/2017, n. 28627; Cass. 12/07/2005, n. 14606).
Cons. est. NOME COGNOME
Il secondo motivo lamenta « violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, in combinato disposto con gli artt. 2697 cod. civ., 115 e 345 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., in quanto COGNOME NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno provato di essere comproprietari di terreni confinanti con il fondo riscattato ».
3.1. Il motivo è inammissibile, per plurime, concorrenti, ragioni.
3.1.1. In primo luogo, perché non attinge criticamente la ratio decidendi della gravata decisione.
In ordine ai motivi di appello incidentale diversi da quello relativo alla notificazione della citazione introduttiva, la Corte d’appello ha giustificato il rigetto sul rilievo che la COGNOME non avesse criticato specificamente gli argomenti posti a base della sentenza del Tribunale: in buona sostanza, ha considerato generico sul punto l’appello.
Orbene, la contestazione in questa sede sviluppata non concerne questo profilo di genericità dell’appello: tanto avrebbe richiesto, infatti, nel ricorso introduttivo del presente giudizio, la chiara e completa illustrazione (invece mancata) delle ragioni della decisione di primo grado, onde verificare se le censure addotte con l’appello (trascritte in ricorso) fossero assistite dal necessario grado di specificità.
Ne segue che la doglianza in discorso non assolve l’onere di specificità del motivo, prescritto dall’art. 366, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., il quale impone al ricorrente, a pena di inammissibilità, di esprimere le ragioni del dissenso rispetto alla decisione gravata, da formulare in termini tali da soddisfare i caratteri di specificità, completezza e riferibilità a quanto pronunciato propri della natura di rimedio a critica vincolata del ricorso per cassazione e da costituire una censura precisa, puntuale e pertinente della ratio decidendi dell’impugnata sentenza ( tra le tante, cfr. Cass., Sez. U, 28/10/2020, n. 23745; Cass. 24/02/2020, n. 4905).
r.g. n. 8450/2019 Cons. est. NOME COGNOME
3.1.2. In secondo luogo, perché degli atti processuali (sentenza di prime cure) e dei documenti prodotti in causa (planimetria e nota di trascrizione) richiamati a suffragio del motivo omette anche qui la c.d. localizzazione (cfr. sopra, sub § 2.1.2.), in violazione dell’art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ..
3.1.3. Da ultimo, per quanto concerne la dedotta inammissibilità della produzione in appello di altre (non meglio specificate) « note di trascrizione » (documenti, peraltro, nemmeno valutati nella sentenza qui impugnata, arrestatasi al rilievo di genericità del gravame), parte ricorrente omette di specificare se, in quali termini e con quali modi l’eccezione di violazione dell’art. 345 cod. proc. civ. sia stata sollevata nel giudizio di appello (Cass. 30/08/2018, n. 21381): e tanto rende la doglianza non ammissibile in sede di legittimità.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Il regolamento delle spese del giudizio di legittimità segue il principio della soccombenza.
A tteso l’esito del ricorso, va poi dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente, NOME COGNOME alla refusione in favore di parte controricorrente, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in
euro 2.800 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione