Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7424 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 7424 Anno 2025
Presidente: RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 8519/2024 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME Poli NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e domiciliati in Roma, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione;
-ricorrenti –
contro
Comune di Scandicci, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Firenze n. 611/2023 pubblicata il 7 novembre 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 5 aprile 2016, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, ha dichiarato irripetibili le somme corrisposte dal Comune di Scandicci agli attuali ricorrenti, agenti di Polizia Municipale, nel periodo da giugno 2002 a febbraio 2006, a titolo di indennità di disagio per il servizio diurno festivo, serale e notturno, che il Comune aveva posto in recupero a partire da gennaio 2010.
La corte territoriale ha esposto che il Tribunale di Firenze aveva respinto la domanda proposta dai lavoratori avverso le trattenute del Comune sul rilievo della nullità delle clausole della contrattazione integrativa che avevano previsto la indennità di disagio.
La Corte d’appello di Firenze ha ritenuto fondato ed assorbente il primo motivo dell’appello dei lavoratori, con il quale essi deducevano la irripetibilità dell’indebito alla luce del d.l. n. 16 del 2014, conv., con modif., dalla legge n. 68, art. 4, comma 3.
Ha osservato che, nella fattispecie, non ricorreva la più grave ipotesi prevista dal comma 1 del detto art. 4 (la nullità della contrattazione integrativa decentrata per superamento del tetto dei fondi), ma quella di cui al comma 3 dello stesso articolo, ossia la errata ripartizione dei fondi, nel rispetto della dotazione complessiva.
In tale ipotesi, nel concorso delle condizioni fissate dallo stesso comma 3, non vi era nullità delle clausole della contrattazione collettiva decentrata.
In ogni caso, anche ove si fosse verificata la nullità delle clausole, l’indebito non doveva essere recuperato a livello individuale, ma con riassorbimento graduale dell’importo corrisposto indebitamente sulla futura contrattazione decentrata, come previsto dal precedente comma 1 dello stesso art. 4.
Il menzionato art. 4 del d.l. n. 16 del 2014 escludeva, in sostanza, le ripetizioni individuali, sicché la domanda dei lavoratori era fondata.
Restava in discussione la nullità delle clausole.
L’art. 4, comma 3, d.l. n. 16 del 2014, condizionava il ricorrere della nullità ai seguenti presupposti: il riconoscimento giudiziale definitivo della responsabilità erariale; il mancato rispetto del patto di stabilità e delle norme in materia di
spese e di assunzione del personale; la violazione delle disposizioni del d.l. n. 78 del 2010, conv. dalla legge n. 122 del 2010.
Si trattava di circostanze il cui onere di allegazione e di prova cadeva a carico del Comune di Scandicci, per il principio di vicinanza della prova; nessuna deduzione era stata compiuta, però, sul punto, dal Comune di Scandicci.
Da ultimo, la corte territoriale, richiamando un precedente dello stesso ufficio, ha evidenziato che il comma 3 dell’art. 4 d.l. n. 16 del 2014, pur facendo riferimento al comma 3 quinquies dell’art. 40 d.lgs n. 165 del 2001, introdotto soltanto nell’anno 2009, era applicabile anche agli atti di costituzione e di utilizzo dei fondi verificatesi in epoca anteriore; la norma faceva salvi, infatti, gli atti di costituzione e di utilizzo dei fondi «comunque costituiti».
Nella specie, contrariamente a quanto dedotto dal Comune di Scandicci, non vi era stata l’omessa costituzione del fondo, ma la sua costituzione in violazione della contrattazione nazionale, ipotesi per la quale operava la sanatoria.
Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il Comune di Scandicci, articolato in tre ragioni di censura, cui i lavoratori hanno resistito con controricorso.
Questa Corte, con ordinanza n. n. 15016 dell’11 maggio 2022, ha accolto il primo motivo del ricorso per cassazione proposto dal Comune di Scandicci, con il quale era stato denunciato ai sensi dell’art. 360, nn. 3, 4 e 5 c.p.c. – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, comma 3, d.l. n. 16 del 2014, conv., con modif., dalla legge n. 68 del 2014, e dell’art. 2033 c.c. nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Con detto motivo la sentenza era stata censurata per avere ritenuto che dalla norma dell’art. 4, comma 3, d.l. n. 16 del 2014 deriverebbe l’impossibilità del Comune di Scandicci di ripetere individualmente le somme corrisposte indebitamente ai dipendenti, assumendo che si trattava di norma di stretta interpretazione e che il recupero dell’indebito era stato avviato a seguito di rilievi specifici della Ragioneria generale dello Stato.
Questa Corte ha affermato che erroneamente la sentenza impugnata ha applicato il comma 3 dell’art . 4 d.l. n. 16 del 2014 ad atti di costituzione e di
utilizzo dei fondi avvenuti negli anni 2002 – 2006, periodo anteriore alla entrata in vigore del richiamato art. 40, comma 3 quinquies, periodo 5, d.lgs. n. 165 del 2001 (il comma è stato inserito nel testo dell’art . 40 dal d.lgs. n. 150 del 2009, art. 54, comma 1.
Infatti, secondo l ‘ interpretazione accolta nella sentenza impugnata, la previsione di sanatoria ex art. 4, comma 3, d.l. n. 16 del 2014 opererebbe a ritroso, senza un momento temporale iniziale.
Tale interpretazione non è stata ritenuta corretta, in quanto non conforme al principio già espresso da questa Corte con le ordinanze del 4 aprile 2019 n. 9496 e del 12 aprile 2019 n. 10411 e, più diffusamente, con l ‘ ordinanza del 14 dicembre 2021 n. 40004, secondo il quale la retroattività della sanatoria è temporalmente limitata agli atti di costituzione e di utilizzo dei fondi adottati in epoca successiva alla entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2009.
Questa Corte ha, quindi, cassato con rinvio la sentenza impugnata ‘per avere applicato il D.L. nr. 16/2014, articolo 4, comma tre, ad una fattispecie non disciplinata dalla norma ratione temporis’.
I lavoratori hanno riassunto il giudizio davanti alla Corte d’appello di Firenze che, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 611/2023, ha rigettato i loro ricorsi originari.
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME hanno proposto l’odierno ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Il Comune di Scandicci si è difeso con controricorso depositato tardivamente. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In primo luogo, deve evidenziarsi l’inammissibilità del ricorso nel suo complesso.
Infatti, dall’esame degli atti presenti nel DESK, si ricava che il ricorso introduttivo depositato, dopo le prime tre pagine, è composto dalle sole pagine dispari, per cui, pur dovendo essere costituito da 31 pagine, ve ne sono solo 17.
Il testo dell’atto è così, in concreto, nel complesso non intellegibile per il Collegio, circostanza che lo rende inammissibile, come chiarito anche dalla
giurisprudenza di legittimità, per la quale, in tema di ricorso per cassazione, la mancanza di una o più pagine nell’originale depositato comporta l’inammissibilità del motivo che non sia intellegibile, che non è superabile neppure ove la copia notificata e depositata dal resistente risulti completa, atteso che il ricorso, a pena d’improcedibilità, deve essere depositato in originale entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c. e, pertanto, il principio del raggiungimento dello scopo può operare solo grazie ad atti compiuti entro tale termine (Cass., Sez. 6-3, n. 9262 del 7 maggio 2015).
Peraltro, a identico esito di inammissibilità deve giungersi esaminando i singoli motivi, nei limiti entro i quali il loro contenuto è ricavabile dalle pagine del ricorso depositate.
Con il primo motivo, come evincibile dalla sintesi presente alle pagine due e tre del ricorso, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1218, 1337 e 1375 c.c., in combinato disposto con l’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla CEDU, anche alla luce della Corte costituzionale n. 8 del 2023.
Sostengono che avrebbero introdotto una domanda risarcitoria volta a tenerli indenni dall’errore colpevole commesso dal Comune di Scandicci, che aveva leso il loro legittimo affidamento.
Con il secondo motivo, che richiama la stessa normativa sopra citata e che sempre è brevemente descritto nella sintesi presente alle pagine due e tre del ricorso, i ricorrenti censurano la sentenza di appello per avere ritenuto infungibili il Progetto Sicurezza e i progetti finalizzati, diversamente da quanto si evincerebbe dall’accordo intervenuto con le organizzazioni sindacali del 14 maggio 2002.
Le contestazioni, che possono essere trattate congiuntamente, stante la stretta connessione, sono, come anticipato e tenendo conto della loro complessiva non intellegibilità, per come sopra rilevata, inammissibili.
Infatti, i ricorrenti indicano in maniera estremamente generica le circostanze che giustificherebbero l’esistenza di un loro affidamento.
Peraltro, non può certo giustificare una responsabilità del Comune di Scandici il semplice fatto di avere optato per uno strumento giuridico piuttosto che per un altro.
Quanto al giudizio di infungibilità del Progetto Sicurezza e dei progetti finalizzati, la doglianza dei ricorrenti si fonda sull’esame dell’intesa intervenuta con le organizzazioni sindacali del 14 maggio 2002 che, però, non può essere qui esaminata.
Inoltre, si evidenzia che la sentenza della Corte costituzionale n. 8 del 2023 non ha ammesso la possibilità di dichiarare del tutto irripetibile un credito da indebito pagamento, ma ha solo prescritto che il relativo recupero avvenga conformemente ai principi in tema di buona fede.
In ogni caso, la corte territoriale ha accertato che il Comune di Scandicci aveva concordato il recupero delle somme in questione con le organizzazioni sindacali con modalità agevolate e che i controricorrenti non avevano né allegato né dimostrato di versare in condizioni economico-sociali o in situazioni tali da rilevare nella vicenda.
Si tratta di una valutazione di merito che, in sede di legittimità, non può più essere contestata.
Quanto al controricorso, si rileva che il Comune di Scandicci ha depositato il 21 giugno 2024 istanza di rimessione in termini.
Ha esposto che in data 27 maggio 2024, alle ore 13.01, aveva provveduto a mezzo del proprio difensore – al deposito telematico del controricorso nel presente giudizio, unitamente al relativo mandato alle liti e alla documentazione allegata.
All’esito dell’invio della busta principale – che, in considerazione delle sue dimensioni, era stata automaticamente suddivisa dal sistema in tre distinte buste – aveva ricevuto, per ciascuna di queste:
pec di ‘Accettazione deposito’ (alle ore 13.01 – 13.02 e 13.03);
pec di ‘Consegna deposito’ (alle ore 13.02 – 13.03 e 13.04);
In pari data, ma a distanza di alcune ore, erano giunti:
alle ore 15.20, pec di ‘Esito controllo atti’ relativa alla prima busta, con l’indicazione ‘Codice esito 1. Descrizione esito: —” e, di seguito all’indicazione
di alcuni file xml. come non validi, la dicitura ‘ sono necessarie verifiche da parte della cancelleria ricevente ‘ ;
b) alle ore 15.21.08, pec di ‘ Esito controllo atti ‘ relativa alla seconda busta, ‘ Codice esito 1 -Controlli terminati con successo. Busta in attesa di accettazione ‘ ;
c) alle ore 15.21.12, pec di ‘ Esito controllo atti ‘ relativa alla terza busta, ‘ Codice esito 1 -Controlli terminati con successo. Busta in attesa di accettazione ‘ ;
L’ 11 giugno 2024 gli era stata inviata, per mera conoscenza, l ‘ e-mail con cui la cancelleria aveva dato notizia al Gruppo Referenti Processo Telematico Cassazione della mancata accettazione della busta telematica per un ‘ problema nell ‘ elaborazione ‘.
Con e-mail in pari data, il suo difensore era stato informato dal Gruppo Referenti Processo Telematico Cassazione che il deposito era arrivato sul sistema ‘ in errore ‘ in quanto ‘ è errata la compilazione del file datiatto.xml ‘ , consigliando, al fine di provvedere ad un nuovo deposito, di consultare il servizio assistenza della piattaforma utilizzata.
Parte controricorrente espone, pertanto, che non era stato possibile procedere al deposito del controricorso (unitamente al relativo mandato e alla documentazione ad esso allegata) a causa di un errore indicato come fatale dalla piattaforma utilizzata (Consolle Avvocati).
Il suo difensore aveva avuto conoscenza dell’impossibilità per la Cancelleria di accettare il deposito solo dopo che erano ormai decorsi i termini per procedere al rinnovo del medesimo.
Dal momento che la pec ‘Esito controllo atti’ della seconda e terza busta avevano dato esito positivo, era stato ragionevolmente ritenuto che i controlli da effettuarsi sulla prima busta a cura della Cancelleria si concludessero positivamente, senza pregiudicare il successo del deposito.
Il Comune di Scandicci, pertanto, ha richiamato la giurisprudenza di legittimità per la quale la presenza di un errore, non imputabile al depositante, che provochi l’impossibilità per il sistema di accettare il deposito, legittima questi all’istanza di rimessione in termini ai fini della rinnovazione del deposito ove possa ritenersi
che questi siano decorsi incolpevolmente a causa dell’affidamento riposto nell’esito positivo del deposito stesso. Con la conseguenza che, in caso di esito negativo del procedimento culminante con l’accettazione da parte del cancelliere (c.d. ‘quarta PEC’) , la tempestività del deposito telematico di un atto processuale postula la necessità della sua rinnovazione, previa rimessione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c. (in tal senso, fra molte, Cass., Sez. 3, n. 32296 del 21 novembre 2023).
Ha chiesto, quindi, di essere rimesso in termini ai sensi dell’art. 153, comma 2, c.p.c., ai fini del deposito del controricorso nel presente giudizio, e di conseguenza della memoria.
La richiesta non può essere accolta.
Non vi sono dubbi in ordine alla tardività d ell’ adempimento de quo , considerato che è avvenuto il 17 giugno 2024, a fronte di una notifica del ricorso effettuata il 16 aprile 2024 e a un termine di deposito che scadeva il 27 maggio 2024.
In primo luogo, però, il medesimo Comune di Scandicci riferisce che era stato reso edotto , alle ore 15.20 del 27 maggio 2024, dell’esistenza di un problema concernente il deposito, avendo ricevuto pec di ‘Esito controllo atti’ relativa alla prima busta, con l’indicazione ‘Codice esito 1. Descrizione esito: —” e, di seguito all’indicazione di alcuni file xml. come non validi, la dicitura ‘sono necessarie verifiche da parte della cancelleria ricevente ‘.
Parte controricorrente, quindi, avendo saputo alle 15,20 del 27 maggio 2024, che ‘alcuni file xml.’ erano non validi e che erano necessarie ‘verifiche da parte della cancelleria ricevente’, doveva immediatamente attivarsi per il rinnovo del deposito, avendo tempo fino al termine della giornata del 27 maggio 2024.
Inoltre, nel DESK è presente e-mail, inviata dal ‘Gruppo Referenti Processo Telematico Cassazione Corte Suprema di Cassazione’ l’11 giugno 2024 alle ore ’12:48:50′ e il cui oggetto recita ‘R: ERROR CONTRORICORSO INTRODUTTIVO ID 12323228 AVV COGNOME 27 MAGGIO’, depositat a con la denominazione ‘XISCA~1.EML’ assieme alla domanda di rimessione in termini del 21 giugno 2024 (a sua volta indicata come Deposito Complementare), dalla quale risulta che il problema di cui sopra è consistito nella errata compilazione ‘ del file
datiatto.xml. ‘, e che ‘ Nello specifico l ‘ errore è relativo all ‘ assenza di campi obbligatori quali ad esempio:
I dati del procedimento di riferimento (AnagraficaProcedimento);
Provvedimento (dati del provvedimento impugnato);
Materia;
Inizio giudizio primo grado;
Spese giustizia. ‘
Si tratta di un errore che, con evidenza, è totalmente imputabile alla parte.
La richiesta di rimessione in termini deve, allora, essere respinta, perché la tardività del deposito era evitabile, avendo il Comune di Scandicci la possibilità di impedire la decadenza, ove si fosse attivato prontamente, ed è riferibile alla condotta dello stesso.
Ne deriva l’ inammissibilità del controricorso per tardività del suo deposito, cui segue l’inammissibilità della memoria .
Nessun valore può darsi alla memoria del Comune di Scandicci, in quanto non poteva essere presentata, ove non preceduta dal tempestivo deposito del controricorso.
Infatti, nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c., introdotto dall’art. 1 bis del d.l. n. 168 del 2016, conv., con modif., dalla legge n. 196 del 2016 e con riferimento ai giudizi introdotti con ricorso depositato successivame nte all’entrata in vigore della predetta legge di conversione, l’inammissibilità del controricorso tardivo rende inammissibili anche le memorie depositate dalla parte intimata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., atteso che, divenuta la regola la trattazione camerale e quella in udienza pubblica l’eccezione, deve trovare comunque applicazione la preclusione dell’art. 370 c.p.c., di cui la parte inosservante delle regole del rito non può che subire le conseguenze pregiudizievoli, salvo il parziale recupero delle difese orali nel caso in cui sia fissata udienza di discussione, con l’effetto che, venuta a mancare tale udienza, alcuna attività difensiva è più consentita. (Cass., Sez. L, n. 23921 del 29 ottobre 2020; nella stessa direzione, Cass., Sez. 1, n. 2599 del 29 gennaio 2024).
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
4. Nessuna statuizione deve esservi in ordine alle spese di lite, non avendo il Comune di Scandicci intimato svolto valida attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 21